Crisi finanziaria di Palazzo Zanca, la staffetta Signorino-Eller certifica il fallimento

Crisi finanziaria di Palazzo Zanca, la staffetta Signorino-Eller certifica il fallimento

Danila La Torre

Crisi finanziaria di Palazzo Zanca, la staffetta Signorino-Eller certifica il fallimento

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giovedì 23 Giugno 2016 - 22:53

In questo articolo cercheremo di capire cosa è stato fatto per affrontare e risolvere la drammatica crisi economico-finanziaria di Palazzo Zanca, che proprio nell’estate del 2013 sembrava aver raggiunto un punto di non ritorno, come dichiarava anche l’allora candidato sindaco Accorinti

La giunta Accorinti compie tre anni e supera la metà del mandato affidato dagli elettori messinesi in quel caldo 24 giugno del 2013.

In questo articolo, che rientra nello speciale di Tempostretto dedicato all’anniversario dell’elezione dell’attuale sindaco, cercheremo di capire cosa è stato fatto per affrontare e risolvere la drammatica crisi economico-finanziaria di Palazzo Zanca, che proprio nell’estate del 2013 sembrava aver raggiunto un punto di non ritorno, come dichiarava anche l’allora candidato sindaco Accorinti.

La nostra analisi non può che partire dalla fine, perché recentemente, a Palazzo Zanca, si è verificato un evento che ha di fatto messo in discussione i passi compiuti nei primi tre anni di governo della città.

IL PASSAGGIO DI TESTIMONE TRA ELLER E SIGNORINO

Il passaggio di testimone tra Guido Signorino e Luca Eller sul bilancio non segna solo la nascita della giunta 2.0, come afferma il sindaco Renato Accorinti, ma certifica il fallimento di quanto fatto nei primi tre anni di mandato nel settore più importante e difficile su cui sindaco ed assessori erano chiamati a cimentarsi dopo la vittoria elettorale. Togliere a Signorino la delega alle politiche finanziarie, lasciando nelle sue mani solo lo sviluppo economico, ed affidare le chiavi della cassaforte di Palazzo Zanca al forestiero venuto dalla Toscana per formare dirigenti e personale comunale ha un valore simbolico, politico ma soprattutto amministrativo, perché rappresenta l’implicita ammissione che per salvare i conti del Comune, e pure la faccia dopo tre anni di annunci, quanto fatto non era sufficiente ed era necessario cambiare passo. Anche a costo di sacrificare non solo l’assessore simbolo di questa amministrazione – che sino ad un anno fa godeva in giunta di fiducia e stima incondizionate ed era considerato un “intoccabile” – ma anche il proprio credo politico.

Sostituendo Signorino con Eller la giunta ha infatti cambiato pelle e rinnegato la propria identità “rivoluzionaria”, e non perché l’assessore toscano è uomo vicinissimo al Pd – di cui sino a qualche mese fa aveva anche la tessera – ma perché gli è stata data carta bianca sulla gestione delle casse comunali e sui bilanci, pur sapendo che l’ex esperto/badante adotterà provvedimenti dolorosi e lontani dagli ideali che hanno ispirato la campagna elettorale del 2013, spingendo Accorinti sino alla vittoria. L’unica condizione imposta a Eller è, infatti, quella di interrompere la catena di lungaggini e ritardi registrati con il previsionale del 2015 che hanno letteralmente paralizzato la vita amministrativa dell’ente e rischiato di affossare politicamente la giunta Accorinti.

Sin dalla sua prima conferenza stampa, l’assessore di Sesto fiorentino, che ripete di aver assunto un ruolo tecnico-istituzionale e non politico, ha annunciato senza troppi giri di parole che il bilancio di previsione 2016 sarà «lacrime e sangue». Ci saranno ingenti tagli ai servizi sociali e alle risorse destinate a quegli ultimi che il sindaco ha sempre detto di voler rappresentare. Nell’ era Eller, il pareggio di bilancio verrà anteposto ai bisogni delle persone, perché solo così si potrà davvero raddrizzare la barca Comune, evitando che affondi.

Del resto, una politica finanziaria volta a comprimere il più possibile le spese è l’unica misura possibile per raggiungere quel risanamento economico -finanziario che sindaco ed assessori hanno voluto legare al piano di riequilibrio, cambiando idea sul dissesto appena arrivati alla guida della città.

QUEL DISSESTO NON DICHIARATO E LA CRISI SENZA FINE DI PALAZZO ZANCA

Dalle dichiarazioni favorevoli al dissesto, «che è nei fatti» diceva Accorinti ai nostri microfoni in campagna elettorale, alla difesa ad oltranza del piano di riequilibrio come strumento indispensabile per sanare i conti scongiurando l’arrivo di commissari esterni il passo è stato breve per il sindaco. In mezzo alle due posizioni così estreme, quella promessa fatta al termine dell’incontro voluto dal commissario straordinario Luigi Croce con tutti i candidati alla poltrona di primo cittadino in virtù della quale l’allora aspirante sindaco si era impegnato a rendere noti i nomi dei responsabili del disastro economico.

Iniziata la campagna elettorale sostenendo che il dissesto era inevitabile, una volta entrato a Palazzo Zanca Accorinti aveva già cambiato idea.

Ma cos’ è cambiato concretamente in questi tre anni rispetto al 2013?

Il Comune di Messina non ha ancora un piano decennale di riequilibrio “esecutivo” e la giunta Accorinti si appresta ad effettuare la terza rimodulazione della terza versione della manovra finanziaria. La prima versione del piano di riequilibrio targato Signorino viene portata in aula nel gennaio del 2014 e bocciata dal Consiglio comunale, ma con grande giubilo da parte di sindaco ed assessori perché grazie al quel diniego è stato possibile agganciarsi al comma 573 della legge di stabilità 2014 e riproporre la manovra. La seconda versione del piano è approdata in aula ed è stata approvata il 2 settembre 2014, ma è stata modificata e riportata in Consiglio comunale il 28 febbraio del 2015. Risale a quella data l’ultima versione della manovra finanziaria, pronta ad un nuovo ed ormai prossimo “maquillage”, sia per sanare le criticità riscontrate lo scorso ottobre dalla commissione ministeriale che la sta esaminando da oltre un anno sia per la nuova possibilità di apportare migliorie offerta dall’ultima legge di stabilità.

In sostanza, dopo tre anni, complice il Governo che non vuole far fallire i comuni e continua a lanciare ancore di salvataggio dilatando continuamente i tempi, Palazzo Zanca ha ancora un piede dentro il dissesto ed uno fuori. Il Comune di Messina ha aderito alla procedura di riequilibrio nel dicembre 2012, durante la fase commissariale guidata dall’ex procuratore capo Croce, e a tre anni e mezzo di distanza non ha un piano di riequilibrio definitivo ed esecutivo. Restano, quindi, “congelate” le risorse del Fondo di rotazione nazionale destinate alle nostra città.

In questi tre anni si è dovuto far fronte a continue ed ormai croniche crisi di liquidità, causate anche dai ritardi con cui il Comune di Messina ha adottato i bilanci. Emblematico il caso del previsionale 2015, approvato con 8 mesi di ritardo rispetto ai termini fissati dalla legge. Per mesi, i servizi essenziali sono stati a rischio, gli stipendi dei dipendenti comunali e delle partecipate pagati in ritardo, i creditori fermi alla finestra in attesa che venissero saldate le fatture emesse, la città in agonia per una economia più stagnante del solito.

Ma il preventivo è solo l’ultimo dei documenti economico-finanziari arrivati con estremo ritardo in Consiglio Comunale durante questi tre anni. Da quando si è insediata la giunta Accorinti, infatti, i bilanci ma più in generale tutti gli atti di natura finanziaria sono arrivati in aula consiliare in extremis, quando il gong stava irrimediabilmente per suonare, anche per via delle continue modifiche resesi di volta in volta necessarie per sanare errori materiali o formali delle delibere esitate da sindaco ed assessori.

Oggi, che dal giorno del ballottaggio, dalla festa e dalla rivoluzione annunciata sono passati tre anni, il Comune si avvia verso una delicata fase di austerity. E sembra un paradosso che dopo 36 mesi, quando si sarebbero dovuti raccogliere i primi frutti di una sana gestione contabile ed amministrativa, dietro l’angolo ci siano per i cittadini la conferma delle tariffe massime dei tributi e sforbiciate ai capitoli di bilancio destinate a colpire i più bisognosi.

Come se da quel 24 giugno 2013 non fossero trascorsi tre anni ma tre giorni e tutto fosse uguale ad allora.

Danila La Torre

6 commenti

  1. Chi è quel figo a petto nudo e con il pugno chiuso? Ahahahah fanno veramente ridere…. secondo me farebbe bene a battersi la testa al muro!!

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  2. Chi è quel figo a petto nudo e con il pugno chiuso? Ahahahah fanno veramente ridere…. secondo me farebbe bene a battersi la testa al muro!!

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  3. DOMANDA AL SIGNORE CHE PENSA CHE SIAMO RIMASTI NEGLI ANNI ’70 DECENNIO DELLA DISTRUZIONE DELL’ATTUALE ITALIETTA O AL TEMPO DELLE RIVOLTE STUDENTESCHE ANNI TRAGICI E PREMESSA AGLI ANNI DI PIOMOBO. DOMANDA AL SIGNORE CHE IMITA CASTRO, CORTESEMTEN LE CHIEDO: CHE SOLUZIONI HA PROPOSTO, QUALI ATTI HA SVOLTO PER NON AFFOSSARE QUESTA STORICA ANTICA E GLORIOSA CITTA’ ORA DECADUTA E MORENTE?

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  4. DOMANDA AL SIGNORE CHE PENSA CHE SIAMO RIMASTI NEGLI ANNI ’70 DECENNIO DELLA DISTRUZIONE DELL’ATTUALE ITALIETTA O AL TEMPO DELLE RIVOLTE STUDENTESCHE ANNI TRAGICI E PREMESSA AGLI ANNI DI PIOMOBO. DOMANDA AL SIGNORE CHE IMITA CASTRO, CORTESEMTEN LE CHIEDO: CHE SOLUZIONI HA PROPOSTO, QUALI ATTI HA SVOLTO PER NON AFFOSSARE QUESTA STORICA ANTICA E GLORIOSA CITTA’ ORA DECADUTA E MORENTE?

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  5. Quello con il pugno chiuso alla comunista oltre ad essere ridicolo già solo a guardarlo la dice lunga su ideologie ipocrite ed idiote ma anche fantasiose , non fraintendetemi vale anche per quelli del saluto romano

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  6. Quello con il pugno chiuso alla comunista oltre ad essere ridicolo già solo a guardarlo la dice lunga su ideologie ipocrite ed idiote ma anche fantasiose , non fraintendetemi vale anche per quelli del saluto romano

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