Quando la ricerca scientifica viene fatta a spese proprie…

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venerdì 15 Novembre 2013 - 17:03

Vi proponiamo la lettera della docente Antonella Arena, che interviene, mettendo nome e cognome, nel dibattito che in questo momento tiene banco all’Università di Messina

Sono un professore dell'Ateneo di Messina e quando mi inserisco in un dibattito, firmo con nome e cognome i miei interventi. Amo l'istituzione presso la quale opero. Amo anche la chiarezza, fuori da ogni equivoco e fuori da ogni demagogia, specie quando in gioco vi è la sopravvivenza della nostra Università e dunque vorrei contribuire con il mio punto di vista alla discussione in merito alla raccolta degli esiti della valutazione individuale dei ricercatori promossa dal Rettore Prof. Navarra.

Sono un ricercatore attivo, nel senso che continuo a fare attività di ricerca (cosa che chiunque può verificare adoperando "google scholar search"). Questo nonostante la mia ricerca di carattere sperimentale, che necessita di fondi per il funzionamento e la acquisizione di strumentazione, da anni non riceva alcun tipo di finanziamento. Naturalmente, essendo tenuta non a fare ricerca, bensì ad insegnare, al contempo sono titolare di due corsi che costituiscono il mio carico didattico ed un corso aggiuntivo lo tengo per supplenza non retribuita. Posso dimostrare, dati alla mano, che per quanto possibile provvedo di tasca mia ai bisogni del mio laboratorio di ricerca. I pc con i quali lavoro ad esempio, sono tutti stati comprati a mie spese, così come le stampanti, le risme di carta per le prove scritte d'esame, le cartucce per la stampante, le spese per la pubblicazione degli articoli di ricerca, i piccoli strumenti ed utensili necessari per il mio laboratorio didattico e quanto altro.

Sono a conoscenza di un certo numero di colleghi che si trovano nella mia stessa situazione ed agiscono esattamente come me e dunque mi sentirei di respingere al mittente il cortese invito a "cominciare a lavorare" da parte di chi ritiene di detenere il primato dei sacrifici e dello spirito di servizio.

NON intendo conferire i miei dati VQR al Magnifico Rettore, perché oltre a non condividere i criteri di valutazione e l'operazione politica che essi sottintendono da parte dell'ANVUR (una operazione che io reputo punitiva nei confronti delle Università meridionali), ritengo che, specie in un contesto nel quale mi sembra non sia esattamente percepito il limite tra ciò che è legale e ciò che non lo è, tra ciò che è eticamente condivisibile e ciò che non lo è, la Pubblica Amministrazione non possa permettersi di disattendere le chiarissime indicazioni che provengono dalla Autorità Garante. Sullo specifico della questione mi piacerebbe molto sentire il parere del Pro-Rettore con delega alla trasparenza dei procedimenti amministrativi e alla legalità.

Negando l'accesso ai miei dati personali ritengo, posto che i dati relativi alla attività di tutti i ricercatori sono già nella disponibilità della amministrazione, di non nuocere in alcun modo all'auspicabile processo di avanzamento della qualità della ricerca nel nostro Ateneo. Se è infatti vero, come sostiene il Pro-Rettore Prof. Cuzzocrea, che una certa percentuale di ricercatori è risultata inattiva, i dati ai quali egli si riferisce riguardano il periodo 2004-2010 e dunque non rivestono alcun rilievo ai fini delle valutazioni a venire, sulle quali dovremmo concentrarci per evitare una seconda sonora bocciatura. Concordo sul fatto che un censimento delle attività di ricerca vada avviato da subito, ma non certo quello in relazione al periodo per il quale siamo già stati valutati. Ad una indagine conoscitiva e condotta con cognizione di causa sul triennio 2010-2013 e sugli anni a venire, credo nessuno di noi, a partire dalla sottoscritta, vorrà sottrarsi.

Per quanto riguarda la trasparenza, invito la amministrazione a rendere disponibile e consultabile il quadro complessivo ed il dettaglio della distribuzione dei finanziamenti alla ricerca, inclusi i fondi che avrebbero dovuto costituire il tesoretto della fondazione che si intendeva istituire ed inclusi i copiosi fondi pon e per il rafforzamento strutturale arrivati ed in arrivo, in modo tale da mettere in relazione la produttività di ciascuno con l'entità dei finanziamenti percepiti.
A quel genitore che si interrogava sulla opportunità di iscrivere i propri figli all'Università di Messina, mi sentirei di consigliarla, come farei nei confronti di chiunque, perché mi reputo parte integrante di essa e ad essa, insieme a pochi ma motivatissimi colleghi, cerco di dare il mio contributo al meglio delle mie possibilità. Senza trionfalismi, ma molto nel concreto, rivendico con orgoglio la preparazione dei ragazzi ai quali abbiamo conferito e continuiamo a conferire il titolo di studi.

Antonella Arena

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8 commenti

  1. Carissima Antonella,

    Bisogna riconoscere che il 20% dei ricercatori Unime svolge egregiamente il proprio lavoro.
    Ma non mi dire che non sei a conoscenza di interi dipartimenti di imboscati, della parentopoli, dei concorsi truccati, dei finanziamenti pubblici spesi per attrezzature mai utilizzate, delle pubblicazioni in cui i docenti impongono il proprio nome, delle raccomandazioni, dei ricercatori senza titolo, delle amanti, mogli figlie cugini e cugini dei cugini.
    BASTA. L’universita’ cosi’ com’e’ non va da nessuna parte e lo sai benissimo! Fate qualcosa o anche quelli bravi come te ne ne faranno le spese.

    Saluti,

    G. Saltalamacchia

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  2. SI è vero, vogliono fare un’operazione trasparenza di facciata, qualcosa che vorrebbe avere i caratteri del rigore e dell’ufficialità, ma sappiamo benissimo che non è così, perché “il pesce fete dalla testa”…….

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  3. Ve lo immaginate un pilota militare che si porta la benzina da casa per decollare con il suo aereo?
    Oppure un medico ospedaliero che, prima di andare in reparto, passa dalla farmacia per acquistare, di tasca propria, farmaci, garze e bisturi?
    Ve lo immaginate un Magistrato che, per tenere puliti i locali del Tribunale, si fa accompagnare nel suo ufficio dalla propria Colf con tanto di secchio e di ramazza?
    È pensabile che un funzionario del Catasto, pur di poter stampare una visura richiesta da un qualunque cittadino, compri, con il proprio stipendio, stampante e cartucce?
    Ha senso dare la pagella a due persone, sulla base di quanti fogli hanno stampato, senza specificare se uno ha avuto regalato carta in quantità e l’altro se la è andata a cercare nell’immondizia?
    Se tutto questo sembra impossibile, siamo fuori strada poiché la situazione del fai-da-te è la normalità, è la condizione in cui versa il sistema universitario nazionale con un deterioramento ambientale che aumenta man mano che ci si sposta dalla Toscana verso il Sud d’Italia.
    La condizione descritta dalla Prof.ssa Arena è tutt’altro che marginale e bene lo sanno le migliaia di Studenti che l’Università di Messina laurea, e che competono nel mondo del lavoro senza alcuna sudditanza culturale nei confronti dei loro coetanei italiani ed europei.
    La cosiddetta “fuga dei cervelli”, come evidenziato dall’ ISTAT, è un fenomeno che colpisce quasi esclusivamente il Mezzogiorno d’Italia e con ciò, sorge spontanea la domanda: “Ma questi cervelli sono frutto di una mutazione genetica oppure sono stati formati nelle nostre Università?”
    Qualcosa non quadra: da anni ci viene raccontata la favola delle classifiche di un (inesistente) campionato fra gli Atenei. Tuttavia, se le Università del Sud sono il peggiore ricettacolo di tutte le nefandezze, il Male assoluto, come mai proprio da esse escono quei cervelli che poi trovano affermazione più a Nord?
    L’Università è un sistema complesso ed è ingeneroso, oltre che fuorviante, ridurre questa complessità ad una scaramuccia fra Guelfi e Ghibellini o, peggio, ad un “tutti contro tutti” come sta avvenendo in tutta la Nazione.

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  4. imprenditore messinese 17 Novembre 2013 20:40

    Lavoro per un’ azienda privata e spesso non chiedo rimborso per molte spese. Ed il pc su cui lavoro è il mio ma non per questo me ne vanto o tale circostanza viene da me percepita “eroicamente” . Piuttosto ho sempre il timore che la mia azienda possa non essere sempre florida. Ho il timore che possano diminuire clienti. Per questo quando è necessario propongo alla direzione della mia azienda di sottoporre i miei colleghi scorretti al procedimento disciplinare. Così dovrebbe funzionare l’università, il luogo dove la nostra Comunità ha deciso di trasferire la conoscenza da una generazione all’altra. Ma la conoscenza senza morale non è cultura. Ed oggi la nostra università non da più cultura perché è divenuta un esaminificio clientelare con un corpo docente autoreferenziale. Che si definisce eroico perché acquista il toner ma che non vuole rendere pubblico il risultato della sua produzione scientifica come fa la dottoressa Arena. Così non mi convincerà ad iscrivere i miei figli alla sua università. Domani attiverò un’assicurazione che da tempo mi propongono che mi consentirà tra qualche anno di possedere le risorse per iscrivere i miei figli non a Messina. Un giorno potrei ripensarci se questa università messinese cambierà.

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  5. In buona parte queste considerazioni sono condivisibili, ma spesso (non sempre) chi riceve finanziamenti è perchè se li è andati a cercare con fatica, partecipando a complessi progetti europei o cercando partner industriali anche stranieri. Partecipare ad un progetto Europeo è estremamente impegnativo ed anche noioso per la enorme burocrazia e complessità della modulistica.Inoltre per vincere bisogna anche dimostrare di aver lavorato molto bene in passato. Il tutto sottrae anche tempo alla vera ricerca. Ma poi a chi partecipa ad un bando e vince e riesce a finaziare le proprie ricerche non gli si può dire quando publica su riviste importanti: “”beh evviva tanto hai avuto un sacco di soldi, così sarei bravo anch’io!”

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  6. Sono d’accordo con Lei, ma tenga presente, per favore, che la sua frase finale non corrisponde alla mia idea, ad un concetto che non ho mai né espresso, né scritto, né pensato.

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  7. Nessuno, né la prof.ssa Arena né io, abbiamo usato il concetto di “eroicità”. La sua è stata una forzatura del tutto personale. Così come il paragonare una Università ad una Azienda: gli Studenti non sono “clienti”.
    Io mi sono solo sforzato di descrivere come in Italia – non solo a Messina- viene trattata l’Università pubblica. Se poi si vuole disconoscere che il sistema dell’alta formazione italiana è da decenni sottofinanziato e strangolato da norme, leggi, leggine e regolamenti tesi a porre la parola “fine”, allora dovremmo fare uno sforzo per informarci meglio.
    Se lei vuole iscrivere i suoi figli in altra Università, è libero di farlo tuttavia penso che potrebbe restare deluso non trovando, ahimè, quell’Eldorado che certe classifiche maliziosamente promettono. Al Nord d’Italia i Giovani sono alla disperata ricerca di un lavoro subito dopo le scuole superiori e le Università vanno svuotandosi sicché anche da qui, parte la ricerca di “carne fresca” dal Sud. Il fenomeno della emigrazione intellettuale non l’ho inventato certo io. E’ certificato dall’analisi dei flussi migratori dell’ultimo
    rapporto ISTAT che evidenzia come, prima, al Sud sono state sottratte “braccia”, adesso vengono sottratti cervelli fra i quali, probabilmente, conteremo anche i suoi figli.
    Peccato!

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  8. Lei no e mi fa molto piacere. Leggendo però la lettera, non si può dire lo stesso per la Prof. Arena.

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