Ex Province, la riforma-barzelletta fermata dal governo. E gli Enti restano in mano ai vicerè

Ex Province, la riforma-barzelletta fermata dal governo. E gli Enti restano in mano ai vicerè

Rosaria Brancato

Ex Province, la riforma-barzelletta fermata dal governo. E gli Enti restano in mano ai vicerè

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mercoledì 23 Settembre 2015 - 22:03

La riforma delle province è sempre più una farsa. Dopo l'impugnativa da parte del governo il testo tornerà in Aula e trascorreranno altri mesi prima che una norma epocale annunciata nel 2013 diventi realtà.

La barzelletta della riforma delle ex Province sta assumendo contorni sempre più vergognosi.

Annunciata al mondo intero da Crocetta nel salotto domenicale dell’Arena nell’ormai lontano marzo del 2013 come la riforma epocale “saremo i primi in Italia”, seguita dalla cancellazione della democrazia partecipata con “l’eliminazione dei consigli e delle giunte provinciali” sostituiti dai vicerè scelti dagli alleati del governatore, modificata decine di volte, è stata infine approvata dopo 2 anni e mezzo in fretta e furia a causa del terrore della vicenda intercettazioni sul caso Borsellino. La riforma infatti, è bene ricordarlo, è stata votata perché l’Ars e la maggioranza di Crocetta, dovevano dimostrare di aver governato quest’isola, di essere grandi amici, di essere efficienti ed attenti alle esigenze del territorio. Pur di levarsela di torno avrebbero votato qualsiasi cosa. E infatti le due leggi votate ad agosto solo per dimostrare ai siciliani che c’è una classe politica alacre, compatta e dinamica, ovvero riforma dei Liberi Consorzi e Città Metropolitane e la riforma dell’acqua pubblica sono state entrambe impugnate dal governo.

Le impugnative, peraltro, sono la conseguenza diretta della “dipartita” del controllo del Commissario dello Stato, uscita di scena che era stata applaudita dai nostri politici pensando che equivaleva al potere legiferare quello che volevano. Di fatto però se una Regione, sia pure a statuto speciale, vara norme che vanno contro la Costituzione o ledono un diritto costituzionalmente protetto, deve aspettarselo uno stop. Così è andata per la riforma più annunciata della storia. Due anni e mezzo per partorire un topolino anche zoppo, mentre Delrio la sua riforma, quella vera, l’ha fatta in pochi mesi. Perché l’Ars ha partorito in 2 anni e mezzo un topolino zoppo? La riposta è: perché la maggioranza di Crocetta ha varato una norma contra-personam, una riforma per dispetto.

Il punto più fragile della riforma riguarda il sindaco della Città Metropolitana, che nelle altre città metropolitane dello stivale è automaticamente il sindaco del comune capoluogo. In Sicilia, per fare un dispetto a Leoluca Orlando e pure ad Enzo Bianco si è deciso che: 1) non c’è automatismo tra sindaco del comune capoluogo e sindaco della città metropolitana 2)non si può candidare il sindaco che abbia davanti a sé solo 18 mesi di fine mandato.

Pur essendo assai bizzarra e limitativa del diritto all’elettorato passivo questa riforma è stata votata, perché i riflettori erano tutti puntati sulla Sicilia travolta dal caso Lucia Borsellino e dalle intercettazioni Tutino. Occorreva distrarre i siciliani e l’opinione pubblica. A protestare sono stati pochissimi, e quando, dopo la bocciatura dell’emendamento Udc che avrebbe sanato il vizio, il presidente Ardizzone ha annunciato: “c’è un vulnus vedrete che sarà impugnata”, lo hanno preso per menagramo. Picciolo non l’ha votata per gli stessi motivi. Mancuso protesta adesso, ma sta in un altro Palazzo.

Il governo ha tirato dritto, fissando le elezioni di II livello (altra aberrazione della norma) al 29 novembre. Mentre nei comuni dell’isola è scattata la caccia alla cordata ed alle alleanze sottobanco per i candidati a sindaco della Città Metropolitana ed a Presidente del Libero Consorzio, il governo Renzi si preparava ad impugnare la norma, chiamando a Roma l’assessore Pistorio, che per la verità è solo l’ultimo dei 3 assessori che ha messo mani alla riforma ed ha avuto appena un mese di tempo per lavorarci.

A Messina abbiamo assistito ad uno strano scenario: mentre in provincia si sono formate le prime alleanze, il sindaco Accorinti non ha dato cenni su una sua eventuale ipotesi di candidatura. Le elezioni di II livello, invece che affidare ai cittadini il compito di scegliersi la figura apicale di questi enti intermedi, la lasciano in mano alle riunioni ristrette, agli accordi politici, alle stanze dei bottoni.

Il meccanismo si era già messo in moto e sia nel versante jonico che tirrenico è stato un susseguirsi di riunioni e di incontri per avviare trattative ed alleanze che guardano alle successive competizioni, Regionali e Politiche. Nella zona dei Nebrodi i sindaci, riuniti da Bernardette Grasso, hanno fatto fronte comune per non fare la fine di Cenerentola.

Con l’impugnativa si torna ai nastri di partenza. L’Aula dovrà riesaminare gli articoli impugnati, ma c’è la Finanziaria che incombe tra le urgenze. Morale della favola: le elezioni del 29 sono state cancellate,la riforma resta ancora annunciata.Nella migliore delle ipotesi i giochi slittano di 3 mesi, più certo che se ne riparlerà nel 2016. Nel frattempo i commissari nominati da Crocetta resteranno in carica per un altro anno. Siamo di fronte ad una nuova creatura giuridica inventata dal governatore: i vicerè del 2000. Ha eliminato gli sprechi ma anche la democrazia rappresentativa. Perché almeno gli spreconi li sceglievano gli elettori, i vicerè li sceglie lui con l’aiuto di Pd e Udc.

Nel frattempo prepariamoci a discutere per altri mesi sul nulla, su quella che doveva vedere la Sicilia come la prima Regione a fare la riforma e adesso sarà l’ultima.

Rosaria Brancato

2 commenti

  1. SOLTANTO UN GOVERNO DEL SIGNOR BISCHERO POTEVA PROPORRE E FAR APPROVARE UNA LEGGE DOVE MANCANO I PRESUPPOSTI FONDAMENTALI DI MEZZI UFFICI E ORGANIZZAZIONE CHE PROVVEDEVA PRIMA DELLA CANCELLAZIONI DI QUESTO ENTE INUTILE, SI SAPEVA DA DECENNI, E POI PROVVEDERE CON ASSOLUTA CERTEZZA DI PERSONALE EFFETTIVO DOVE RICOLLOCARLO E CON QULI MANSIONI. DEL RESTO IL GOVERNO ITALIANO DEL BISCHERO NON E’ ALTRO CHE UN GOVERNO DI BUFFONI. E’ SOLTANTO UN GOVERNO DI TAXI

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  2. SOLTANTO UN GOVERNO DEL SIGNOR BISCHERO POTEVA PROPORRE E FAR APPROVARE UNA LEGGE DOVE MANCANO I PRESUPPOSTI FONDAMENTALI DI MEZZI UFFICI E ORGANIZZAZIONE CHE PROVVEDEVA PRIMA DELLA CANCELLAZIONI DI QUESTO ENTE INUTILE, SI SAPEVA DA DECENNI, E POI PROVVEDERE CON ASSOLUTA CERTEZZA DI PERSONALE EFFETTIVO DOVE RICOLLOCARLO E CON QULI MANSIONI. DEL RESTO IL GOVERNO ITALIANO DEL BISCHERO NON E’ ALTRO CHE UN GOVERNO DI BUFFONI. E’ SOLTANTO UN GOVERNO DI TAXI

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