Il triangolo Atm-Comune-Regione simbolo del fallimento della politica messinese

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sabato 06 Agosto 2011 - 09:07

Dopo anni di nulla l’unica soluzione proposta è la chiusura. Durissima la Cgil: «E’ una strategia, ricorreremo allo sciopero e all’Autorità giudiziaria»

Un fallimento su tutta la linea. C’è un comune denominatore che lega tutte le vicende storiche dell’Atm, senza distinzioni di colore politico né di “livello” istituzionale di riferimento: l’inconsistenza della classe politica messinese. Inconsistente quando ha dovuto scegliere a chi affidare la gestione dell’azienda, inconsistente e clientelare nella gestione del personale della stessa, con la complice se non direttamente colpevole assistenza dei sindacati, inconsistente quando avrebbe dovuto battere i pugni alla Regione, per vedersi riconosciuti diritti oggi difficili da vantare, nel momento in cui è lo stesso Comune il primo ente a non adempiere ai propri doveri, non riconoscendo all’Atm quanto va riconosciuto per legge. E non regge la “scusa” sulla dubbia esistenza di certi crediti: è come se un figlio chiedesse i soldi al papà per qualcosa comprato in precedenza e il papà non avesse idea del perché. La responsabilità è del figlio o, soprattutto, del papà? In una famiglia “normale” sarebbe del genitore, che ha il dovere di vigilare sul figlio. Ma di normale, nella storia dell’Atm, non c’è nulla. Così oggi la politica allarga le braccia e non ha altre soluzioni che una: la messa in liquidazione, la chiusura. Che però qualcuno traduce in un più mero, ennesimo rinvio del problema.

«Dopo aver constatato che la chiusura è l’unica soluzione che l’amministrazione comunale riesce a partorire per l’Atm – è l’ultimo intervento di Pino Foti, segretario della Fit Cgil, dopo il poco fruttuoso vertice di Palermo – sarebbe adesso da stupidi non incalzare il governo regionale, dopo la disponibilità dichiarata ieri, e sfidarlo concretamente sui fatti. Nonostante fosse ovvio che a decidere sull’azienda e sui suoi contributi fosse anche l’assessorato regionale, l’amministrazione comunale con una inutile polemica ha preferito sino a ieri restringere la vertenza negli angusti ambiti cittadini, dimostrando in verità solo la propria incapacità di gestire uno dei servizi fondamentali per la cittadinanza. Certo, l’assessorato regionale dal canto suo non è esente da colpe ed avrebbe potuto porre fine da tempo a questo gioco, non limitandosi soltanto a trattenere le somme erogate indebitamente all’azienda, per i chilometri non effettuati, ma attuando quanto le norme che regolano la sua attività di controllo in merito prevedono. Ma così è stato e l’azienda pubblica messinese, malgrado fosse rimasta l’unica realtà siciliana, insieme all’Asm di Taormina, a rimanere illegittimamente azienda speciale, senza nemmeno i bilanci approvati, ha potuto nonostante tutto continuare a godere dei trasferimenti regionali, in barba ai richiami della Corte dei Conti ed alle norme che regolano obbligatoriamente la materia».

«Adesso – continua Foti – alibi e deroghe sono finiti ed il Governo Regionale che da cinque anni riceve dal Comune di Messina solo promesse, si dichiara disponibile a fare la propria parte, solo a condizione di fatti e piani concreti, esercitando a pieno il proprio ruolo. Se l’amministrazione comunale si tirerà indietro, o continuerà come fatto irrazionalmente ieri dall’assessore Capone ad ostinarsi sul progetto di liquidazione, ribadendo solo a parole che dopo nascerà non si sa cosa, l’assessorato regionale avrà più di un alibi per sottrarsi dagli impegni che ieri ha dovuto comunque assumere, per occuparsi delle altre aziende dell’isola, quelle già trasformate in S.p.A., a cui non pare vero che l’Atm si estrometta da sola dalla partita e lasci campo libero alle altre città nella spartizione delle risorse. Ciò che interessa all’istituzione regionale è solo come e quando il Comune di Messina garantirà un efficiente servizio di trasporto pubblico, ed è quindi chiaro che il piano di liquidazione tanto caro a Buzzanca, descrivendo solo il percorso della dismissione risulta insufficiente, in evidente contrasto con quanto richiesto e, soprattutto, vanifica di fatto il tavolo con la regione fissato per il prossimo 15 settembre. Sabotare il confronto con la regione siciliana e liquidare l’Atm, senza aver nemmeno prima costruito una nuova società, oltre a lasciare in mezzo alla strada centinaia di lavoratori, significa in concreto addossare ai messinesi, subito dopo le prossime elezioni comunali, tutto e per intero l’onere degli oltre 50 milioni dei debiti aziendali e dimostra, in maniera lampante, che il disegno della giunta Buzzanca non è mai stato quello di tutelare un servizio pubblico di trasporto, bensì quello di eliminare la partecipata affinché altri soggetti, singoli e privati, possano finalmente spartirsi le sue attività».

«Gli elementi di questa inaccettabile strategia ci sono tutti – conclude l’esponente della Cgil – a partire dai bilanci aziendali in disordine, nonostante gli anni e malgrado sia il controllore che nomini il controllato, che servono oggi a suggerire al consiglio comunale che tutto sommato scegliere la liquidazione lo sottrarrebbe dalle responsabilità di approvarli, anche se ciò alla fine costerà più caro alla città. Se però dovesse risultare che il difetto riguardo i bilanci dell’Atm è da addebitare alla certificazione dei crediti dell’azienda che la stessa proprietà comunale non ha fornito, anche giocando sull’assenza di un regolare contratto di servizio, sarebbe difficile spiegare agli organi di controllo che la liquidazione della partecipata, e quindi il conseguente costo caricato sui cittadini, non sono affatto misure necessarie e che le uniche responsabilità sono da addebitare al Comune di Messina. Si sta giocando una brutta partita sulla pelle dei lavoratori e sulle tasche, ed i bisogni, dei messinesi, perciò chiediamo a Buzzanca di dissipare immediatamente ogni dubbio ritirando immediatamente la delibera di liquidazione della partecipata, di mettere a disposizione gli atti che indicano quali sono i motivi ostativi dell’approvazione dei bilanci dell’Atm, e di presentare alle parti sociali un nuovo progetto da presentare alla regione che contenga sulla scorta di quanto richiesto la trasformazione dell’Atm oppure la nascita di una nuova società pubblica. In caso contrario, sebbene lo sciopero in costanza dell’esiguo servizio offerto all’utenza rischi di apparire sterile, intraprenderemo qualsiasi azione di protesta utile, non escludendo il ricorso all’autorità giudiziaria per accertare responsabilità a danno dei lavoratori e della collettività».

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