Eseguite le autopsie sui 14 corpi, testimonianze dei sopravvissuti decisive per inchiodare gli scafisti

Eseguite le autopsie sui 14 corpi, testimonianze dei sopravvissuti decisive per inchiodare gli scafisti

Veronica Crocitti

Eseguite le autopsie sui 14 corpi, testimonianze dei sopravvissuti decisive per inchiodare gli scafisti

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giovedì 30 Luglio 2015 - 22:10

Proprio in queste ore, i sopravvissuti stanno raccontando il loro viaggio atroce, qualcuno ha parlato di mancanza di acqua, qualcun altro di come la speranza di un futuro migliore, a un certo punto, si sia trasformata in concretezza di morte.

Sono terminate le autopsie sulle quattordici salme dei migranti che, ieri mattina, sono sbarcate al Porto di Messina, insieme ad altri 453 sopravvissuti. Un lavoro non poco difficoltoso quello affidato ai medici legali, considerando che i corpi erano in avanzato stato di decomposizione, con i tratti somatici poco chiari, le membra trasfigurate. L’attesa è tanta, poiché soltanto i risultati degli esami autoptici potranno chiarire in che modo quei quattordici uomini sono morti, se per asfissia, assorbimento di gas di scarico, mancanza di acqua.

Erano in più di 500 tra uomini, donne e bambini quando sono partiti dalla Libia, tutti ammassati come sardine su un barcone piccolissimo. Moltissime le famiglie intere, soprattutto di siriani e palestinesi, e poi tantissimi giovani uomini magrebini. Quando il pattugliatore irlandese Niamh li ha soccorsi in mare, quattordici di loro erano già morti da diversi giorni. Alcuni dei loro corpi erano ammonticchiati uno sopra l’altro nella stiva del barcone, altri sul pontile, in mezzo ai vivi. Ieri mattina, dopo l’esame esterno effettuato direttamente sul pattugliatore attraccato al Molo Marconi, le salme sono state adagiate nelle bare e trasportate nelle strutture del Policlino, del Papardo, del Centro Neurolesi e del Cutroni Zodda di Barcellona.

Gli agenti della Squadra Mobile di Messina, coordinati dal dirigente Anzalone, stanno adesso lavorando a fondo per chiarire chi, materialmente, guidava il barcone su cui si trovavano i migranti salvati lo scorso lunedì, nel mezzo del Canale di Sicilia. Si cerca di capire chi erano gli scafisti a cui era stato affidato il compito di trasportare uomini, donne e bambini dalle coste della Libia a quelle della Sicilia. Proprio in queste ore, i sopravvissuti stanno raccontando il loro viaggio atroce, qualcuno ha parlato di mancanza di acqua, qualcun altro di come la speranza di un futuro migliore, a un certo punto, si sia trasformata in concretezza di morte.

Continua anche il lavoro dell’ufficio immigrazione che ha confrontato i dati anagrafici raccolti ieri mattina con foto ed impronte digitali rilevate dalla Polizia Scientifica. Sono stati già identificati 120 cittadini stranieri, molti dei quali erano già stati espulsi in passato dal territorio nazionale. Per tutti loro sono state avviate le procedure di respingimento e moltissimi hanno fornito false generalità per nascondersi tra quelli che hanno diritto allo status di rifugiato.

Fremono di attività anche i centri di prima accoglienza del Palanebiolo dell’Annunziata e dell’ex Caserma di Bisconte, a Camaro. E’ lì che, subito dopo lo sbarco di ieri mattina, sono stati portati tutti i migranti. Anche qui il lavoro è stato tanto poiché, in previsione di questo nuovo arrivo, gli stessi centri erano stati svuotati e i precedenti ospiti erano stati trasferiti in pullman diretti in Lombardia, Toscana, Abruzzo, Marche, Umbria, Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta. (Veronica Crocitti)

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