Sicilia a 5stelle: la questione meridionale 2.0 e la fame di pane e di sogni

Sicilia a 5stelle: la questione meridionale 2.0 e la fame di pane e di sogni

Rosaria Brancato

Sicilia a 5stelle: la questione meridionale 2.0 e la fame di pane e di sogni

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domenica 11 Marzo 2018 - 06:44

Quando la storia s'incontra con la geografia viene fuori la mappa politica del 4 marzo ed un Paese diviso oggi come ai tempi dell'Unità: al Nord la Lega, al Sud il M5S. Al Nord i soldi, al Sud la fame.

Tra le tante riflessioni post voto condivido alcune dichiarazioni fatte nel corso di un’intervista dal giornalista e scrittore Pino Aprile che riporta l’attenzione sulla questione meridionale come ferita mai sanata: “Il Mezzogiorno vota Cinque Stelle? Voterebbe anche belzebù pur di non votare quelli che già ci sono. Il confine geografico del successo Cinque Stelle è esattamente quello dell’ex regno delle Due Sicilie. Non è mica un caso. Quando nel 1860 i piemontesi sono arrivati al Sud, hanno applicato un piano di colonizzazione. Da quel momento le nostre terre sono state private di porti, strade, infrastrutture. È un disegno politico che ha un secolo e mezzo di storia, il voto di domenica lo rende solo più visibile. Ma noi nel Mezzogiorno lo conosciamo da tempo. E adesso ci siamo rotti i coglioni”.

La sintesi geografica del 4 marzo, con il Nord che ha votato Lega e il Sud M5S è anche una sintesi storica e riguarda una questione meridionale mai affrontata ed anzi, diventata merce di scambio per una classe dirigente che è diventata complice e carnefice del suo stesso popolo.

Non a caso i partiti che hanno ottenuto più consensi subito dopo i 5stelle sono quelli della destra che ha rispolverato le tematiche dell’autonomismo.

La sconfitta di Renzi in Sicilia ha una data “antica”: il Referendum del 4 dicembre 2016. In Sicilia il NO ha raggiunto il 71,58%. Nei giorni precedenti il Referendum Renzi definì il fronte del No, che comprendeva centro-destra e M5S “un’accozzaglia”. Più di un anno dopo quella che per Renzi era un’accozzaglia è diventato l’esercito che lo ha affondato.

Quel 71,58% era l’urlo della fame, era la questione meridionale che 70 anni di governi non hanno risolto.

E’ fame di tutto, fame di sviluppo, di lavoro, di infrastrutture, servizi, assistenza, sanità, diritti, dignità. Persino fame di sogni.

Perché nelle tavole delle famiglie siciliane anche i sogni mancano.

La questione meridionale è ancora tutta lì, in una forbice che si è persino allargata. Siamo le braccia che 50 anni fa andavano a lavorare nelle fabbriche del nord e si stupivano che sapessimo usare la doccia. Adesso facciamo i lavapiatti o i pizzaioli in tutta Europa. Siamo i cervelli che andavano a insegnare nelle scuole del nord e i genitori degli alunni si ribellavano. Siamo le famiglie che spendono tutti i risparmi per far studiare i figli al nord. I nostri soldi arricchiscono il nord. I nostri cari si curano al Nord e la Regione paga per quelle cure. I soldi del Ponte che i governi di sinistra hanno cancellato sono stati dirottati al nord. I soldi per le ferrovie, per le infrastrutture, vanno lì. Quando il ministro Delrio ha varato la riforma dei porti su misura per la sua Liguria, Crocetta e la nostra classe politica gli ha consegnato un’Autorità Portuale che è oro puro, un bel pacco regalo col fiocco sopra.

Per 70 anni lo Statuto speciale siciliano è stato un’invenzione. Raffaele Lombardo ci creò persino un partito, l’MPA, e Cuffaro e Crocetta ci fecero campagna elettorale.

Gli articoli 36, 37 e 38 dello Statuto sono rimasti lettera morta. L’art.36 : al fabbisogno della Regione si provvede con i redditi patrimoniali della Regione e a mezzo dei tributi deliberati dalla Regione”. Art.37: alle imprese industriali e commerciali che hanno sede centrale fuori dalla Regione ma che in Sicilia hanno stabilimenti e impianti viene determinata la quota di imposta che compete alla Regione. L’art. 38 fissa un contributo di solidarietà nazionale per le opere pubbliche. L’art. 22 attribuisce alla Regione il diritto di partecipare con un suo rappresentante nominato dal governo regionale alla formazione delle tariffe ferroviarie e alla istituzione e regolamentazione dei servizi nazionali di comunicazione e trasporti.

70 anni dopo le accise sono le stesse, nessuno ha imposto alle aziende delle nord di pagare le tasse, la continuità territoriale è rimasta una parola vuota.

Questa è storia. E quando la storia si incontra con la geografia viene fuori la mappa politica del 4 marzo.

Nel 2014 Crocetta firmò l’accordo scellerato con il governo Renzi, con il plauso dell’Ars. Rinunciammo alle somme derivanti dalle sentenze della Corte Costituzionale a favore della Sicilia su ricorsi presentati e vinti dalla Regione in materia fiscale.

Ad esempio: la Consulta ha dato ragione alla Sicilia su un ricorso presentato nel 2012 da Lombardo contro il decreto “Cresci Italia” che lasciava al governo centrale le entrate legate all’aumento delle accise su energia e carburanti. Nel 2016 la Consulta ha accolto il ricorso: lo Stato ha prelevato illegittimamente 235 milioni di euro l'anno dal 2012 al 2016 (spalmata tra gli Enti a Statuto Speciale). Nel frattempo però Crocetta aveva siglato l’accordo e abbiamo rinunciato a circa 4 miliardi di euro per i 4 anni complessivi. In cambio di che? Di nulla. E con il prelievo forzoso le nostre ex province sono state messe in ginocchio. La parola “forzoso” la dice lunga su come i soldi dell’ Aci destinati a Messina, per strade, assistenza ai disabili, scuole, finiscono a Roma.

Per fortuna Musumeci ha invertito la rotta sia sull’accordo del 2014 che sull’AP e si spera continui sul fronte accise e Statuto Speciale.

Frattanto dallo Statuto sono trascorsi 72 anni. La nostra classe dirigente è rimasta vassalla in cambio di briciole. Per non parlare dei Fondi europei che altrove diventano fonte di ricchezza ma in Sicilia finiscono nelle cattedrali nel deserto.

Sempre Aprile “ C’è un Mezzogiorno all’opposizione. E questo perché negli ultimi anni ha subito un saccheggio sfrenato. In dieci anni lo Stato ha sottratto al Meridione 850 miliardi di euro. Sono circa 130-140 ponti sullo Stretto. Ogni anno i governi centrali assegnano al Sud , rispetto al Nord, 6 miliardi e mezzo in meno per gli investimenti. È in corso un saccheggio epocale, anche di risorse umane. Ogni anno vanno via almeno 50mila giovani meridionali. Questa è la rappresentazione del Paese fin dal giorno successivo alla dichiarazione dell’unità. Basta vedere quello che scriveva Francesco Saverio Nitti presidente del Consiglio: il saccheggio delle risorse meridionali è avvenuto dal 17 marzo 1861. Da allora non è cambiato nulla. Sono cambiati solo i trucchi con cui i governi ci nascondono questi furti”.

La questione meridionale 2.0 è la stessa dei nostri nonni, l’abbiamo ereditata insieme alla fama e alla rabbia. E’ da qui che si deve ricominciare. Se il popolo ha fame e tu gli dai i voucher non stupirti se nella prima domenica di marzo cambia la geografia politica del Sud.

Rosaria Brancato

3 commenti

  1. io credo che le responsabilità storiche indubbiamente ci siano. Che decenni di assistenzialismo ha prodotto più danni che benessere…ma non si può imputare sempre e tutto agli altri. Chi vive ogni giorno deve impegnarsi . Anche nel non buttere la carta a terra. A parte responsabilità politiche , ci sono responsabilità soggettive di chi vive un contesto. Di chi “abita ” una società.
    E poi i soliti luoghi comuni…chi si trasferisce lo fa per migliorare , non per fare il cameriere o il lavapiatti..evidentemente se trova solo quello…non ha skills , competenze sufficienti per inserirsi lavorativamente.
    E questo è responsabilità propria non della politica o degli altri.
    Sempre a piangersi addosso…..

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  2. è ora che chi ha vinto governi e non cerchi stampelle in chi ha affamato la sicilia

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  3. Diagnosi giusta. Abbiamo scoperto l’acqua calda. Ma la cura? Non c’è e non ci potrà mai essere fin tanto che al sud continueremo a ragionare e comportarci da sudditi. Siamo per nostra natura troppo furbi e generalmete intolleranti a qualsiasi regola e troppo individualisti per vivere con un concetto di comunità. Per un meridionale la comunità è se stesso e tutto dev’essere asservito ai nostri bisogni. Per questo fuori dal nostro ecosistema riusciamo ad emergere ma a casa nostra ci facciamo macellare …e lo fanno da secoli.

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