Il ruolo della stampa: la "voce" delle donne violate, nella battaglia contro i femminicidi

Il ruolo della stampa: la “voce” delle donne violate, nella battaglia contro i femminicidi

Rosaria Brancato

Il ruolo della stampa: la “voce” delle donne violate, nella battaglia contro i femminicidi

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domenica 27 Novembre 2016 - 07:09

L'importanza del linguaggio nella battaglia contro la violenza sulle donne. Il Cirs in occasione della Giornata mondiale contro i femminicidi ha focalizzato l'attenzione sui media ed ha promosso la mostra Violata.

Le parole sono pietre. Le parole possono diventare armi per ferire o per imparare a difendersi. Quando le parole diventano cultura, sostengono il cambiamento, informano e formano allora diventano preziose.

E’ sull’importanza del linguaggio e sulla responsabilità di chi opera nel mondo della comunicazione che ha voluto accendere i riflettori il Cirs con una doppia iniziativa al Teatro Vittorio Emanuele in occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne.

Nella giornata di venerdì, voluta in tutto il mondo per dire basta ai femminicidi, numerose sono state le iniziative a Messina, dai flash mob alle mostre, ai dibattiti nelle scuole, alle campagne di prevenzione e informazione portate avanti dalle forze dell’ordine. Più se ne parla più si combatte. All’istituto Ernesto Basile, di concerto con il Club Soroptimist di Messina e quello di Spadafora si è tenuta un’iniziativa che ha visto protagonisti gli stessi studenti. Voluta per promuovere la cultura del rispetto dell’alterità e della differenza di genere e per sostenere un percorso di educazione alla propria affettività, caratterizzato dal rispetto della dignità di ogni persona. L’evento è stato introdotto da una intensa performance per far riflettere sul senso di isolamento di chi è vittima di violenza e al contempo sulla forza e sulla determinazione necessarie per riprendersi la propria libertà. Durante i lavori la professoressa Serena Repici esperta di comunicazione si è soffermata sull’importanza delle parole e del linguaggio per costruire una cultura della non violenza.

Ed è quello che ha voluto intendere il presidente Mattarella quando nel suo discorso ha sottolineato come sia un problema culturale e come la prevenzione e l’informazione siano fondamentali per cambiare.

Proprio partendo dalle dichiarazioni di Mattarella, la presidente del Cirs Maria Celeste Celi ha introdotto un dibattito che potrebbe apparire inusuale, ma che invece mira a rimarcare le responsabilità della stampa e della comunicazione nella battaglia contro la violenza sulle donne. Il tema della tavola rotonda che si è svolta alla Sala Sinopoli era “Comunicare il femminicidio. L’etica del giornalismo. Evitare emulazione e spettacolarizzazione”. Nell’era dei plastici di Bruno Vespa con la scena del crimine, nelle stagioni della tv del dolore, il ruolo dei giornalisti diventa ancora più cruciale perché fa la differenza tra la legge dell’audience e la cronaca, tra a fiction e l’informazione, tra la spettacolarizzazione e il cambiamento culturale.

Un giornalista, nel raccontare un femminicidio punta alla denuncia sociale, alla cronaca ed all’approfondimento. La verità nel suo orrore è già di per sé fatto ed in quanto tale deve essere raccontato. Da qui l’importanza del linguaggio perché è quello che più direttamente arriva ai lettori, ma soprattutto alle nuove generazioni, a quelle che, sin dalle scuole elementari apprendono e si nutrono non solo dai libri e dalle lezioni, o dalla famiglia, ma dal variegato mondo dei media e della rete.

E’ proprio a questa necessità di etica che si è appellata la professoressa Giusy Furnari in un intervento nel corso del dibattito. La tavola rotonda, moderata dalla giornalista di Rai 3 Antonella Gurreri, ha visto rispondere ed interloquire con il pubblico Gisella Cicciò, consigliera regionale dell’Ordine dei giornalisti, Elisabetta Reale, giornalista della Gazzetta del sud, Salvo Toscano di Livesicilia, Alessandro Cardente, che per primo in Italia ha organizzato il corteo #iostoconledonne, iniziativa promossa da soli uomini a Taormina, l’avvocato Cinzia Fresina, responsabile Aiaf (associazione italiana avvocati famiglia e minori). Il pensiero, prima di aprire i lavori, non poteva non andare alla professoressa Antonella Cocchiara che ha dedicato tutta la sua vita ed il suo impegno proprio a questi temi, all'importanza delle parole e del linguaggio nella lunga e infinita battaglia per i diritti delle donne.

Le parole sono pietre, sono importanti e possono aiutare una donna a liberarsi da una gabbia e denunciare, aiutare intere generazioni a cambiare il modo di agire e di vedere l’altro. La forza di un articolo può essere determinante anche per le scelte future di altri, altre. Ma sbagliare linguaggio, o peggio, strumentalizzarlo, può creare danni irreversibili. Il peso della responsabilità dei media oggi anche per a formazione oltre che per l’informazione è tanto. La morte non è uno show. Ma ogni singola penna è una voce che può dare voce a decine e decine di donne, di ieri, di oggi e di domani. Maria Celeste Celi ha voluto rafforzare il concetto di “comunicazione” anche attraverso la mostra di Domenick Giliberto, regia di Giovanna Manetto, dal titolo Violata. In bianco e nero, allestita al Vittorio Emanuele, si potrà ammirare fino al 4 dicembre. Le foto saranno poi donate al Cirs che le utilizzerà per progetti nelle scuole. Ogni scorcio di Violata ha la forza di mille parole e di mille “pietre”, la forza della donna che si alza in piedi e denuncia, che guarda dritto negli occhi, che esce da un abisso di dolore ereditato da secoli. In mezzo alla stanza le scarpe rosse, quel simbolo di Posto occupato destinato a chi non potrà mai più indossarle.

“Non una di meno” è lo slogan scelto in Italia per la Giornata mondiale contro la violenza. Perché ognuna di noi impari a pensare che sì, “potrei essere io”, e che solo se insieme lottiamo, se non ci giriamo dall’altra parte, se impariamo a usare la forza dell’esempio allora potremo costruire giorni diversi. L’assessore ai servizi sociali Nina Santisi ha ricordato il ruolo indispensabile dell’educazione alle relazioni ed all’affettività che deve essere portato avanti nelle scuole. Oggi più che mai, oggi che diamo in mano ai bimbi il telefono e il pc prima ancora delle bambole, oggi che il cyber bullismo si nutre delle fragilità degli adolescenti, oggi che il tempo corre più veloce degli orologi. L’avvocato Frisina ha concluso il dibattito ponendo una domanda a noi giornalisti presenti alla tavola rotonda: qual è la vera causa di ogni femminicidio? Io ci ho pensato a lungo. Penso che la vera causa sia la libertà. Ci sono uomini che non perdonano la libertà di una donna di essere quella che vuole essere, la libertà di prendere in mano il suo destino, la libertà di essere felice e responsabile della sua vita. Penso che dietro ogni femminicidio ci sia la determinazione feroce nel negare la libertà di essere.

E contro chi nega la libertà, fino ad uccidere, le voci devono levarsi sempre più forti, ogni giorno, senza stancarci. Dobbiamo farlo per le nostre figlie, le nostre sorelle, le nostre mamme, le nostre vicine, per quelle donne che non conosceremo mai ma che magari, anche solo leggendo la storia di una di noi che ce l’ha fatta, denunciando e vincendo o che non ce l’ha fatta, troveranno la loro strada verso la libertà.

Rosaria Brancato

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