2 giugno 1946: la Repubblica è donna

2 giugno 1946: la Repubblica è donna

Gabriele Quattrocchi

2 giugno 1946: la Repubblica è donna

Tag:

venerdì 02 Giugno 2017 - 05:22

Una data simbolo della svolta democratica. Ci si arrivò subendo oppressioni, violenze, la guerra civile, i bombardamenti. Quel giorno, tutte le donne del Paese ebbero la possibilità di votare.

È il 2 giugno 1946. Le italiane e gli italiani hanno un appuntamento con la Storia. Sono impegnati in una votazione doppia. Devono scegliere con referendum tra Monarchia e Repubblica, ed eleggere i membri dell’Assemblea Costituente. Il Paese ne esce spaccato in due, anche geograficamente, ma il risultato finale sarà in breve tempo ampiamente accettato. A 71 anni da quella data, la festa della Repubblica è la festa della democrazia italiana. Il 2 giugno segna l’inizio di una nuova epoca, lo strappo con l’oscurantismo fascista che per vent’anni aveva negato libertà e diritti soggettivi.

Il 1946 è anche l’anno del debutto elettorale delle donne italiane che avviene il 10 marzo, giorno delle elezioni amministrative, per effetto del decreto legislativo luogotenenziale n. 23 del 1945, emanato dal governo Bonomi mentre l’Italia settentrionale è ancora occupata dalle truppe naziste. Il decreto sancisce il diritto di voto per le donne maggiorenni mentre un provvedimento successivo ne consacra l’eleggibilità.

Le elezioni del marzo del ’46, però, non interessano tutto il territorio nazionale. In molti comuni si vota in autunno a causa dello stato in cui versa il Paese nell’immediato dopoguerra. Per questo motivo, è bene ricordare che il primo banco di prova del suffragio universale in Italia, nella sua interezza, è il voto del 2 giugno.

L’estensione del diritto di voto alle donne non è una concessione ma una conquista. Le donne lottano per partecipare alla vita politica e la guerra innegabilmente accelera un processo già avviato negli anni ’10 del Novecento. La partecipazione della donna alla guerra, prima nelle attività produttive attraverso la sostituzione degli uomini impegnati al fronte, poi con l’adesione alla resistenza, contribuisce a ricucire le speranze delle suffragette italiane, infrante nel 1919 quando un disegno di legge sull’estensione del suffragio, approvato alla Camera, naufraga a causa dello scioglimento delle Camere.

La caduta del fascismo permette un balzo in avanti. Sotto la nube del Ventennio, infatti, non solo s’interrompe il cammino di estensione dei diritti politici alle donne, ma anche gli uomini perdono le libertà politiche. Alle donne si consente di marciare in uniforme e dare figli alla patria, assumendo il titolo di madri prolifiche.

Smarcandosi da questa immagine, il 2 giugno 1946 milioni di donne in tutta Italia si alzano di buon mattino e in fila attendono l’apertura dei seggi elettorali per esprimere il proprio voto. È un evento capace di generare una trasformazione epocale, che spalanca la porta a provvedimenti di garanzia della parità di genere sul piano formale.

Il 2 giugno non è solo il giorno della Festa della Repubblica, è una data simbolo di libertà, di conquiste civili e politiche. Ci si arrivò subendo oppressioni, violenze, la guerra civile, i bombardamenti che distrussero le città italiane. Messina ne sa qualcosa. Probabilmente, è difficile comprendere appieno il significato di quell’avvenimento per chi vive un tempo in cui i testimoni sono sempre meno.

I miei nonni hanno ricordi sfocati dei mesi precedenti al voto del ’46. Quando raccontano le loro storie del «periodo di guerra», è facile perdersi nelle minuzie della loro quotidianità tra gli sfollati a Briga, nelle rocambolesche cronache del rientro in città dopo l’arrivo degli inglesi da sud, nei racconti dei bombardamenti e, infine, nelle difficoltà del dopo.

«Non avevamo l’età», dicono quando si parla del voto sul Referendum. In effetti, Umberto ed Elena erano due ragazzini all’epoca e, come tutti i ragazzini, ragionevolmente poco interessati alla politica. Certo che con due nomi così, sarebbe difficile dire che in casa non ci fossero simpatie monarchiche. D’altra parte, i messinesi e le messinesi, in quel 2 giugno, votarono a favore della Monarchia, che raggiunse percentuali di consenso considerevoli.

Mio nonno, però, non dimentica il clima di paura che si respirava allora. «C’era tanta incertezza sul futuro», e tra la fame e le difficoltà economiche, «il re dava sicurezza, un senso di solidità, e anche tra gli antifascisti ho conosciuto molti che hanno votato per la Corona».

Mia nonna, invece, rievoca un solo episodio che rammenta chiaramente. Lo stesso che mi ha spinto a dare alla festa della Repubblica e a quest’articolo un volto femminile. «Le sposate andavano a votare con i mariti e mia madre andava sempre a votare». Con il marito, s’intende, ma il punto è che voleva andarci.

Le italiane e gli italiani, quel giorno, oltre a scegliere la repubblica, danno il 35% di preferenze alla democrazia cristiana, il 20% al partito socialista, il 18% al partito comunista. Delle 226 candidate all’Assemblea Costituente, 21 su 556 seggi sono conquistati da donne: 9 per il PCI, 9 per la DC, 2 per il PSI e una della lista dell’Uomo Qualunque. Sono donne che vengono in gran parte dal Nord e dal Centro Italia. Hanno studiato e sono in maggioranza sposate con figli.

Maria Federici, Lina Merlin, Teresa Noce e Nilde Iotti entrano anche a far parte della Commissione di 75 membri incaricata di elaborare e stendere il testo della nuova Costituzione repubblicana. All’intervento della socialista Lina Merlin si deve la specifica sulla parità di genere inserita all’articolo 3, comma 1, della Costituzione. “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

Il 2 giugno è una festa laica, di conquista, di lotta, di sacrificio. Manifestazioni di contorno aiutano a conferirle solennità e un senso estetico ma non possono sostituire quel profondo sentimento popolare di appartenenza ai valori nati da quel voto, sanciti da quella Costituzione repubblicana a cui contribuirono padri e madri costituenti.

4 commenti

  1. NON PENSO CHE QUESTA REPUBBLICA DELLE BANANE PIENA DI INDEGNITA’ E TRADIMENTO VERSO I PROPRI CITTADINI O FIGLI, SE LA VOGLIAMO CHIAMARE COSI’, DEBBA AVERE RICONOSCENZA A CERTE DONNE. BOLDRINI E’ UN ESEMPIO DA ELOGIARE? NON CREDO QUANDO DICHIARA CHE GLI ITALIANI DEVONO SOFFRIRE E PROVARE CIO’ CHE PROVANO GLI AFRICANI. E’ PROPRIO QUESTO CHE PROVIAMO RAGGI HA DATO LE CASE AGLI ZINGARI SLAVI E NON AI PROPRI ELETTORI ROMANI ITALIANI CHE LE HANNO DATO FIDUCIA. LIVIA TURCO E’ ESEMPIO? TINA ANSELMI MERITA ELOGIO? NON CREDO SIAMO SERI. L’ITALIA RIDOTTA CON PADRI DI FAMIGLIA SONO ESCLUSI DAL LAVORO PER LA POLITICA DI DARE TUTTO ALLE DONNE VEDASI ROGNONI QUANDO ERO MINISTRO. NON E’ TUTTO ORO OGGI. GLI ITALIANI PIANGONO E PREGIUDICATI STRANIERI RIDONO

    0
    6
  2. NON PENSO CHE QUESTA REPUBBLICA DELLE BANANE PIENA DI INDEGNITA’ E TRADIMENTO VERSO I PROPRI CITTADINI O FIGLI, SE LA VOGLIAMO CHIAMARE COSI’, DEBBA AVERE RICONOSCENZA A CERTE DONNE. BOLDRINI E’ UN ESEMPIO DA ELOGIARE? NON CREDO QUANDO DICHIARA CHE GLI ITALIANI DEVONO SOFFRIRE E PROVARE CIO’ CHE PROVANO GLI AFRICANI. E’ PROPRIO QUESTO CHE PROVIAMO RAGGI HA DATO LE CASE AGLI ZINGARI SLAVI E NON AI PROPRI ELETTORI ROMANI ITALIANI CHE LE HANNO DATO FIDUCIA. LIVIA TURCO E’ ESEMPIO? TINA ANSELMI MERITA ELOGIO? NON CREDO SIAMO SERI. L’ITALIA RIDOTTA CON PADRI DI FAMIGLIA SONO ESCLUSI DAL LAVORO PER LA POLITICA DI DARE TUTTO ALLE DONNE VEDASI ROGNONI QUANDO ERO MINISTRO. NON E’ TUTTO ORO OGGI. GLI ITALIANI PIANGONO E PREGIUDICATI STRANIERI RIDONO

    0
    3
  3. QUESTO E’ REPUBBLICA QUANDO GLI ITALIANI PAGANO TUTTO ED OLTRE VENGONO MASSACRATI RUBATI ADDIRITTURA VENGONO BUTTATI FUORI DALLE CASE, SE SONO RICOVERATI COME GLI ANZIANI, E MINACCIANO I PROTETTI DELLA BOLDRINI? FINOCCHIARO CHE HA FATTO? POI E’S TATA TROVATA LA PAROLA DI DIRE RAZZISTI VEDETE QUANTI RIVOLTE IN COMUNI ANCHE ROSSI CONTRO LE CD PREFETTE SONO STATE INSULTATE. L’ITALIA ORMAI E’ DIVENTATA TERRA DI CONQUISTA E PATRIA DI PREGIUDICATI RUMENI SCRIVONO NEI MURI QUI E’ FACILE RUBARE, BERGAMO E PROVINCIA, SLOVACCHI CHE VENGONO IN ITALIA VOLTA AL MESE RUBANO RIDONO E TORNANO RICCHI E POVERI GLI ITALIANI DERUBATI. MATTARELLA COL SUO MODO DI PARLARE DA TELE IMBONITORE CHE OGNI GIORNI CI PARLA DI ACCOGLIENZA VEDETE COME HA RIDOTTO L’ITALIA

    0
    2
  4. QUESTO E’ REPUBBLICA QUANDO GLI ITALIANI PAGANO TUTTO ED OLTRE VENGONO MASSACRATI RUBATI ADDIRITTURA VENGONO BUTTATI FUORI DALLE CASE, SE SONO RICOVERATI COME GLI ANZIANI, E MINACCIANO I PROTETTI DELLA BOLDRINI? FINOCCHIARO CHE HA FATTO? POI E’S TATA TROVATA LA PAROLA DI DIRE RAZZISTI VEDETE QUANTI RIVOLTE IN COMUNI ANCHE ROSSI CONTRO LE CD PREFETTE SONO STATE INSULTATE. L’ITALIA ORMAI E’ DIVENTATA TERRA DI CONQUISTA E PATRIA DI PREGIUDICATI RUMENI SCRIVONO NEI MURI QUI E’ FACILE RUBARE, BERGAMO E PROVINCIA, SLOVACCHI CHE VENGONO IN ITALIA VOLTA AL MESE RUBANO RIDONO E TORNANO RICCHI E POVERI GLI ITALIANI DERUBATI. MATTARELLA COL SUO MODO DI PARLARE DA TELE IMBONITORE CHE OGNI GIORNI CI PARLA DI ACCOGLIENZA VEDETE COME HA RIDOTTO L’ITALIA

    0
    3

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta
Tempostretto - Quotidiano online delle Città Metropolitane di Messina e Reggio Calabria

Via Francesco Crispi 4 98121 - Messina

Marco Olivieri direttore responsabile

Privacy Policy

Termini e Condizioni

info@tempostretto.it

Telefono 090.9412305

Fax 090.2509937 P.IVA 02916600832

n° reg. tribunale 04/2007 del 05/06/2007