Dedicato ai volontari invisibili che stanno colorando il nostro arcobaleno

Messina, sabato 23 marzo 2013- Appena varcata la soglia il cuore ha iniziato a battere più forte, come se avesse deciso di scappare via dal petto. Sono entrati in gruppo, per darsi forza e coraggio l’un l’altro, con lo sguardo curioso in su a guardare il Colapesce, senza smettere di togliere gli occhi di dosso da Augusto Arrotta, che li accompagnava e che per loro è molto più di un “responsabile”, è un maestro di vita, un padre amorevole e un compagno di viaggio. Hanno “bevuto” tutto con gli occhi spalancati dei ragazzi, le immagini, gli odori che sarebbero rimasti impressi nei loro ricordi per sempre. Erano in 10 e per lunghi attimi si sono sentiti gli unici spettatori del sogno. Si sono seduti timidamente, hanno atteso che le luci si spegnessero con il cuore che non smetteva di battere. Poi è calato il silenzio ed il Rigoletto è entrato nella loro vita. Per sempre. Di fronte a loro orchestrali silenziosi hanno dedicato le prime note che salivano alte a quei dieci spettatori confusi tra la folla del Teatro Vittorio Emanuele, gli ospiti della Comunità Villa Antonia. Le loro strade, quelle degli orchestrali che per protesta contro una politica muta e sorda suonano davanti al Teatro e quella di questi ragazzi invisibili che Messina non vede perché ha fretta di dimenticare i propri figli persi per strada si sono incrociate per caso. E’ stato il destino a fare incontrare Fabio Costantino, papà che vuol far crescere i propri figli con le fiabe del Vittorio e gli orchestrali, che vorrebbero che la musica diventasse medicina per sorridere e amare. Al primo incontro hanno litigato, poi hanno camminato insieme ed il 23 marzo alla biglietteria del Vittorio c’erano 11 biglietti omaggio per il Rigoletto destinati agli ospiti di Villa Antonia. Non lo so come è andata davvero, perché non conosco nessuno di loro e mi vergogno di non aver mai conosciuto le storie di una Messina che brilla e che nessuno vede. Il Teatro, la musica, non devono essere privilegio, ma appartengono a tutti, come le acque azzurre del nostro Stretto e la Fata Morgana che ci lascia stupiti. La cultura non deve essere un muro che separa ma una porta. Uno degli orchestrali, Giampiero Cannata mi ha raccontato un loro progetto, che è quello dei concerti giovanili. Oltre alle fiabe per i bambini ci sono esperienze bellissime in tutta Italia per aprire le porte alla Musica a tutti gli adolescenti. Poi ci sono quei progetti, come “l’orchestra giovanile venezuelana” di Josè Antonio Abreu, nata nel 1975 a Caracas e che ha salvato dalla morte e dalla criminalità migliaia di bambini di strada. Oggi in Venezuela ci sono 285 orchestre giovanili e la sua storia è raccontata nel libro “La musica salva la vita”. Quando non senti più i suoni e non vedi più i colori qualcosa deve accadere per salvarti e può solo farlo qualcosa che parla direttamente alla tua anima. Mi ha emozionato immaginare il sabato dei giovani ospiti di Villa Antonia, parte di un circuito di reinserimento che usa l’inclusione invece dell’esclusione, le terapie invece della reclusione, accarezza e insegna invece di punire. Tutto questo senza i volontari non esisterebbe. Non esisterebbe Villa Antonia, né la Comunità di Mili per le ragazze madri, né Santa Maria della Strada, né l’Help center della Stazione senza i volontari, i medici, gli psichiatri, i sacerdoti, i cuochi, senza chi ha donato anche soltanto un euro. Mi emoziona sapere che nella Messina attonita per il dolore del lavoro che non c’è, nella Messina alla fame ci sono piccole storie stupende come questa. Non è una storia accaduta a Caracas o a Viterbo, è successa qui, sotto i nostri occhi ed a compiere la magia sono stati i nostri vicini. Sono certa che il Rigoletto non è stata solo una parentesi per quei ragazzi, mi piace pensare che ha aperto una breccia, è diventata un’ala alla quale appigliarsi. Chi ha visto solo il peggio può imparare ad amare i colori e può farlo solo grazie a queste persone che stanno dedicando la vita agli invisibili.. A persone come padre Francesco Pati che li cerca nelle carceri, nelle strade e li porta con sé. E la magia avviene:. “Allora, attraverso psicoterapia, gruppi emotivi e gruppi di auto-aiuto, ho capito cose essenziali che mi hanno permesso di cambiare. Ero chiusa al mondo, ora riesco a non pensare sempre male della gente. Ora arrivo a progettare, a pensare, a volermi un po’ più bene a pretendere un futuro migliore, una vita normale, mi sento molto figlia, prima no, perché loro per me sono come quella mamma che mi è sempre mancata. Ho preso il diploma. Sono entrata qui con la terza media, ma ho desiderato migliorare con tutte le mie forze, studiavo fino alle tre di notte, grazie ai volontari che hanno investito tanto su di me. E così sono riuscita a diplomarmi. Adesso mi sono iscritta all’università, desidero laurearmi, e poi concludere questi anni di sacrifici, coronando tutto con un posto di lavoro, una casa mia, accompagnare i miei figli a scuola, piccole cose che mi mancano, che non ho e che desidero”. Ci sono stati messinesi che a questa ragazza-madre sconosciuta che vive a un passo da noi hanno donato mani e corde per scalare la sua montagna personale. A lei e ad una giovanissima extracomunitaria che ad 11 anni, al suo primo giorno di scuola, poichè non sapeva scrivere la maestra ha fatto dipingere un arcobaleno e quando si è allontanata lei ha rubato dal cassetto tutti i colori e le penne. Ci sono centinaia di storie come queste, di bambini che rubano i colori di una vita che ha rubato loro tutto e verso i quali siamo in debito. Abbiamo bisogno di scoprire questa Messina che non vediamo mai. Arriva un momento in cui dobbiamo imparare a dipingere l’arcobaleno che si è spento e possiamo farlo solo con i nostri colori, quelli che abbiamo nel nostro cassetto. Come mi ha scritto il signor Costantino: “dobbiamo scorgere "luci" li dove nessuno getta lo sguardo. Il nostro lavoro, da prospettive diverse, ogni giorno ci permette di vivere storie che non ci appartengono ma di cui abbiamo bisogno. Che dire cara Rosaria, questa e' Messina che pochi conoscono,che nessuno racconta. Il 23 marzo abbiamo costruito un ricordo per questi ragazzi , abbiamo loro raccontato un'altra realtà fatta d'integrazione ed occasioni. I ricordi sono come ponti che uniscono sponde lontanissime che iniziano nel passato e si perdono nell' infinito”.

Questa storia voglio dedicarla alle centinaia di volontari messinesi invisibili che ogni giorno rendono questa città migliore e ci indicano l’unica strada che abbiamo per ricostruirla. Grazie.

Rosaria Brancato