Femminicidio di Lorena a Furci Siculo, cos'è successo quella notte

Femminicidio di Lorena a Furci Siculo, cos’è successo quella notte

Alessandra Serio

Femminicidio di Lorena a Furci Siculo, cos’è successo quella notte

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venerdì 03 Aprile 2020 - 07:30

I magistrati messinesi puntano all'ergastolo per il femminicida di Furci Siculo. Nel provvedimento cautelare i dettagli di quella tragica notte

“...del tutto incapace di porre un freno ai suoi istinti criminali..” Così il giudice Eugenio Fiorentino definisce Antonio De Pace nel provvedimento che dispone per lui il carcere. Il GIP gli contesta l’accusa di omicidio volontario aggravato dai futili e abbietti motivi e dalla circostanza di aver agito contro la convivente.

Un’aggravante, quest’ultima, “allargata” proprio recentissimamente anche alle persone con le quali si ha una relazione stabile anche se non “formalizzata”. La pena prevista per l’accusa così formalizzata, se reggerà al processo, non può essere che l’ergastolo.

Nel provvedimento cautelare siglato ieri pomeriggio il giudice ripercorre le prime ore nell’appartamento al primo piano di via delle Mimose a Furci Siculo, subito dopo l’arrivo dell’ambulanza chiamata proprio da Antonio e dai Carabinieri, allertati dalla centrale del 118. Lo stesso ragazzo, infatti, ai soccorsi ha detto di aver ucciso la fidanzata.

All’interrogatorio di garanzia Antonio De Pace ha scelto di non rispondere, e si è avvalso della facoltà di non rispondere. Era difeso dagli avvocati Bruno Gagino e Ilaria Intelisano.

I militari l’hanno trovata così, Lorena: senza vita, stesa ai piedi del letto a pancia in giù, massacrata di botte e ferita. A terra c’era la lampada rotta che Antonio ha raccontato di averle scagliato contro il viso, dopo averla ferita con un coltello trovato in bagno, lo stesso usato per ferirsi lievissimamente polsi e collo. Quando i militari sono arrivati, il giovane era in pigiama, bagnato da capo a piedi. Ha raccontato di aver provato ad ammazzarsi tagliandosi le vene poi infilandosi nella vasca piena.

Portato in caserma dai militari, ha ammesso di averla uccisa. “La mia ragazza ha reagito..abbiamo avuto una colluttazione e poi l’ho uccisa….E’ iniziata una lite alle nove di sera circa poi l’ho ammazzata alle quattro. Avevo litigato perché soffrivo d’ansia per il coronavirus”, ha detto Antonio, che ha precisato di aver scoperto qualche giorno prima di essere stato contagiato proprio da Lorena e di aver a sua volta contagiato tutta la famiglia. Ma i risultati del tampone lo smentiscono.

Per questo se mai la violenza bruta ha bisogno di un movente, in questo caso “non risulta ancora del tutto chiarito il movente che ha animato l’azione delittuosa”, scrive il giudice, che invita gli investigatori a proseguire il lavoro per chiarire tutto quanto.

Tra le righe dell’ordinanza del giudice Fiorentino emerge anche una testimonianza importante, quella di una vicina che ha raccontato di avere sentito urla, voci di un litigio, intorno alle 6 del mattino. Ha pensato venissero dalla strada, ha aperto la finestra, si è accorta che arrivavano dalla palazzina e ha richiuso le ante. Ha sentito, poi, anche rumori che le hanno fatto pensare a mobili spostati. Poco dopo le 8 è arrivata l’ambulanza chiamata dal femminicida, quando ormai Lorena era senza vita.

Lorena poteva salvarsi se fosse stato dato l’allarme? Troppe volte, quando intuiamo criticità all’interno di una famiglia “chiudiamo le finestre”.

Ieri pomeriggio è anche stata eseguita l’autopsia sul corpo della ventisettenne di Favara. Ad effettuarla è stata la dottoressa Daniela Sapienza, la stessa che ha esaminato i poveri resti di Lorena quella mattina.

I risultati dello screening saranno sul tavolo del sostituto procuratore Roberto Conte entro due mesi. Intanto però anche l’esame più approfondito, eseguito ieri all’obitorio del Policlinico, conferma che Lorena è morta soffocata.

All’esame medico legale ha assistito anche la dottoressa Patrizia Gualniera, consulente della famiglia della giovane, assistita dall’avvocato Giuseppe Barca.

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