L’ex commissario della Fiera Fabio D’Amore: “E adesso parlo io..”

Ne ha per tutti l’ex commissario della Fiera Fabio D’Amore, dalla deputazione messinese all’ex assessore regionale Venturi, da chi ha gestito negli anni precedenti l’Ente, a chi ha tentato di truffarlo fino a poco tempo fa, da Comune e Provincia, fino a quella parte di dipendenti che hanno preferito far la guerra piuttosto che remare tutti dalla stessa parte. L’unico che assolve è Raffaele Lombardo.

E’ l’ultima volta che dirò qualcosa sulla Fiera- dichiara in conferenza stampa D’Amore- e oggi lo faccio da cittadino. Per il resto parleranno i documenti che ho portato in tutte le sedi competenti”.

Quel che fa più male è quella delibera, firmata da Lombardo il 21 giugno, e che prevedeva su proposta dell’assessore Venturi, lo scioglimento dell’Ente Fiera. Lui era stato tenuto all’oscuro, non tanto delle intenzioni, che erano note da tempo, quanto del fatto che le intenzioni erano diventate realtà nello stesso momento in cui gli si prometteva il rilancio della Fiera, al punto che Venturi e Lombardo gli avevano dato appuntamento a luglio per pianificare le strategie di rilancio. Peccato che mentre dicevano una cosa ne firmavano un’altra.

“La Regione avrebbe dovuto affiancare alla delibera un finanziamento di 550 mila euro per far traghettare i dipendenti alla Resais e stanziare le somme per pagare i debiti- spiega l’ex commissario- Ma non c’erano soldi e hanno tenuto tutto nascosto.Sulla mancata approvazione dell’emendamento da 550 mila euro ci sono gravi responsabilità dei deputati messinesi. Sapete in 4 anni chi è stato l’unico deputato messinese che ha fatto qualcosa di concreto per la Fiera? Ve lo dico, Cateno De Luca. Mentre la delegazione palermitana è stata più strong…la nostra è stata “molliccia”, e i risultati si vedono, nessuno ha mosso un dito né per l’emendamento né per i dipendenti. Buzzanca e i suoi hanno dichiarato guerra a Lombardo, poi anche gli esponenti del suo stesso partito hanno iniziato gli scontri e alla fine per colpire lui le conseguenze le ha pagate la Fiera”.

In realtà l’ex governatore non è stato costretto sotto tortura a firmare il 21 giugno la delibera di scioglimento né a tenere tutto nascosto nei mesi successivi, ma è anche vero che sono stati i mesi del caos, quelli delle dimissioni e della campagna elettorale. Secondo D’Amore l’unica colpa di Lombardo è quella di non aver saputo scegliere da chi circondarsi. Ma l’ex commissario ne ha anche per i dipendenti “all’inizio erano tutti d’accordo sulla liquidazione, poi, strada facendo quando sono cambiati i rapporti con Lombardo sono scoppiati gli scontri tra fazioni interne. Non dimentichiamo che sono stati messi lì dai politici, ora non possono svegliarsi e fare gli antipolitici”.

E sulle gestioni passate D’Amore ha tanto da dire, iniziando dalle strane vertenze di lavoro perse fino ad arrivare all’affare delle palme.

“Io sono quello che ha rifiutato di spendere 22 mila euro per sostituire le palme distrutte dal punteruolo rosso quando ho scoperto che potevo comprarle a 1.800 euro. Mi sono opposto al pignoramento di un creditore al quale era stato dato un incarico da 50mila euro per informatizzare l’Ente e che aveva presentato una relazione di 4 pagine….. Peraltro faceva anche un altro lavoro e a causa dell’irregolarità della vicenda abbiamo perso fondi per 200 mila euro”.

L’esponente del PdS racconta poi di una persona che ha lavorato 15 giorni e che per un errore l’Ente ha dovuto assumere sborsando anche 500 mila euro, o la storia di un’altra causa persa salvo poi scoprire che il legale della parte avversa condivideva lo studio con l’avvocato della Fiera di quel periodo.

“Mi chiedo, dov’erano i politici? Nessuno in Fiera si è accorto che l’Ente ha pagato 750 mila euro per allestimenti a un’impresa quando il loro acquisto è costato 150 mila? Nessuno ha controllato come la Fiera abbia partecipato all’esposizione di Milano con i 200 mila euro stanziati dalla Regione che però non sono mai stati versati ai milanesi? Dov’erano i sindacati? E i revisori dei conti? Forse stavano tutti zitti perché uno spostamento di mansioni o di titolo poi avrebbe dato il via libera ad una vertenza e quindi ad un’assunzione?”

Non si capisce perché D’Amore non abbia denunciato tutto prima, non abbia capovolto il tavolo e detto basta e abbia invece aspettato solo adesso, dopo le dimissioni e dopo la pubblicazione della delibera. E’ lui stesso a chiarire questo punto, ha fatto tutto per non far sparire il titolo internazionale che in Sicilia appartiene solo alla Fiera di Messina e diventa garanzia di finanziamenti europei.

“Non volevo licenziare, non ho voluto fare quello che mi è stato chiesto, chiudere tutto e mandare padri di famiglia a casa. Ci son riuscito finchè ho potuto, poi di fronte alla crisi hanno perso tutti la bussola”.

Ma lui, da ex commissario, al rilancio dell’Ente ci crede ancora. A Crocetta ha rimesso il mandato, ma è pronto a dare tutte le delucidazioni che potrebbero salvare il salvabile, ad esempio revocando la delibera, attingendo ai capitoli di bilancio per gli enti fieristici, collocando il personale nella Resais, trovando un’area. In fondo, ricorda D’Amore, i debiti sono di 2 milioni e mezzo, e per Messina, di questi tempi, non è una cifra da far gridare all’impossibile.

Sulla sua candidatura a sindaco non dice nulla, i tempi sono prematuri, la disponibilità c’è, ma c’è anche tanto da riflettere “poi mi sembra che il commissario stia lavorando bene, non vedrei male un Croce-bis”.

Intanto ieri Crocetta ha incontrato i dipendenti, e ha garantito un celere interessamento. Gli uffici legali della Regione stanno studiando le carte e sembra che la delibera del 21 giugno faccia acqua da tutte le parti. Tra dieci giorni dovrebbe esserci un nuovo incontro per iniziare ad individuare percorsi alternativi e definitivi.

Rosaria Brancato