Dopo i guasti arrivano le polemiche su un servizio “che fa acqua da tutte le parti….”

Il lento ritorno alla regolare erogazione non copre le falle di un servizio che, ironia della sorte “fa acqua da tutte le parti”. Da un lato a protestare ufficialmente sono stati due deputati del Pdl, Enzo Garofalo e Nino Germanà, per le condizioni vetuste della rete, dall’altro sono gli utenti a scrivere alle redazioni ed alla Procura, stanchi non solo del disservizio, ma di un vero e proprio “muro” tra l’Amam e i cittadini.

“Da domenica 17 febbraio ho provato ripetutamente a contattare l’Amam al numero 090-3687722 segnalazione guasti o emergenze, senza avere alcun riscontro- scrive il signor Fabio Famulari in una nota inviata all’Amam, alla Procura e al commissario Croce- Visto che ho contattato anche redazioni giornalistiche, Polizia municipale e carabinieri chiedendo informazioni sull’erogazione idrica denunciando il fatto che fino ad oggi, 19 febbraio, in contrada Macchia Zafferia non c’è acqua, denuncio il mancato servizio di informazione e segnalazione emergenze che qualunque cittadino ha il diritto di avere e l’avvio delle dovute azioni degli organi giudiziari competenti”.

Il signor Famulari è solo uno delle decine di persone che hanno tempestato di telefonate le redazioni giornalistiche dal pomeriggio di sabato 16 febbraio, alla disperata ricerca di quelle informazioni sull’erogazione idrica che non riuscivano ad avere dall’azienda. A prescindere dal fatto che una simile situazione di emergenza non è degna di una società moderna, è altrettanto paradossale che in caso di disservizi gli utenti debbano rivolgersi alla stampa o ai vigili urbani piuttosto che all’istituzione di riferimento. L’informazione dell’Amam è pressoché inesistente da almeno due anni, da quando è scomparso l’ufficio stampa che per dieci anni ha curato non solo il sito, ma i rapporti con media ed utenti arrivando persino, nell’era dell’ex presidente Vincenzo Clemente ad avere una trasmissione settimanale in linea diretta con i messinesi che potevano lamentarsi e protestare per disservizi o quant’altro. Un ente che gestisce un servizio così prezioso deve essere in grado di dare non solo risposte immediate ma anche informazioni tempestive e dettagliate. Questo per quel che riguarda il capitolo rapporto Amam-città, c’è poi un’altra nota dolente che è quella sottolineata ieri dal consigliere di quartiere Alessandro Cacciotto e poi dai due deputati Garofalo e Germanà. Mentre l’Amam si appresta, a braccetto col Comune a raddoppiare le tariffe, l’interrogativo che l’intera città si pone è relativo alle condizioni della rete.

“Subiamo sempre più spesso interruzioni del servizio di approvvigionamento idrico-scrivono i due pdiellini- la veritàè che le condotte idriche sono usurate. L’acquedotto è stato costruito 30 anni fa ed in 30 anni sono stati effettuati solo interventi di manutenzione ordinaria, che evidentemente non sono stati sufficienti visti i guasti che si ripetono periodicamente. Non è accettabile, nel 2013, immaginare di rimanere in balia delle avversità atmosferiche e della fragilità del territorio”.

Garofalo e Germanà presenteranno un progetto per la revisione della rete idrica al passo con il progresso. Intanto, alla vigilia della stangata Amam l’ex esperto del Comune Salvatore Vernaci, di Cittadinanza attiva ribadisce che “nessun aumento di tariffe sul consumo dell’acqua, dovuto ad un presunto canone di 15 milioni di euro per 10 anni, per la concessione delle reti e delle condotte, può essere imposto ai cittadini. Il Comune con la trasformazione dell’Azienda municipalizzata in AMAM ha trasferito alla Società la proprietà delle reti, degli impianti e delle dotazioni patrimoniali”. L’Amam quindi interamente partecipata dal Comune, spiega l’esperto, non è solo proprietaria delle infrastrutture idriche, ma anche titolare della “gestione del servizio idrico, distribuzione di acqua e dei servizi di fognatura e depurazione delle acque”. Se il Comune volesse far pagare un ulteriore canone concessorio all’azienda dovrebbe modificare lo Statuto e scorporare la titolarità delle reti, dalla titolarità della gestione del servizio. Cittadinanzattiva in ogni caso qualora davvero Palazzo Zanca dovesse decidere di proseguire su questo percorso è pronta ad impugnare il provvedimento.

“Se il Comune ha necessità di 15 milioni di euro l’anno, per dieci anni, per il piano di riequilibrio- conclude Vernaci- li può recuperare benissimo, dando l’esempio: 1) con una attenta politica di complessiva riduzione della spesa pubblica comunale; 2) con l’abolizione, per dieci anni, delle indennità di carica degli amministratori comunali e dei componenti dei cda delle partecipate”.

Rosaria Brancato