Ma che fine ha fatto il Pdl a Messina? Da giugno se ne sono perse le tracce

Fino a pochi mesi fa erano dappertutto. Imperversavano sulla stampa, ai convegni, nei Palazzi. Ovunque ti giravi, giornalisticamente parlando, c’era un esponente del Pdl, con codazzo al seguito. Assessori, consiglieri, deputati, presidenti, componenti di cda, ex qualcosa, i rappresentanti del centro-destra erano ovunque, dai manifesti agli articoli, dai dibattiti alle interrogazioni, da Messina a Roma, passando per Palermo. C’era Nanni Ricevuto con le conferenza stampa, anche quelle indette da altri, nelle quali lui, da show-man navigato prendeva tutta la scena. Onnipresente, passeranno alla storia le sue litigate con i rivali di sempre Pippo Rao, Roberto Cerreti e Pippo Lombardo. A Maregrosso, o per strada eri certo d’incontrare l’assessore Pippo Isgrò che presiedeva alla pulizia dei tombini e alla copertura delle buche (ebbene sì, anche nell’era Buzzanca i tombini e le buche erano sistemati, non è un’ operazione inventata di recente). Uscivi e t’imbattevi in Orazio Miloro, Michele Bisignano, o in Pippo Capurro alle prese con il mercato Zaera o le vicende del risanamento, Buzzanca assediato dalle diverse categorie di lavoratori o intento a litigare con Clara Crocè, Dario Caroniti che spaziava dai servizi sociali al campo rom. Ogni tanto incontravi Francesco Stagno d’Alcontres e Nino Beninati, azzurri nel Dna e poi col tempo allontanatisi dal partito. All’elenco sono da aggiungere gli ex assessori Roberto Sparso e Pippo Corvaja. Ancora alle Politiche di febbraio, il Pdl, primo partito in città, organizzava conferenze stampa con grafici e percentuali che attestavano i successi. Poi, dopo le amministrative di giugno, è calato il sipario. E’ stato come se Messina sia stata colpita da una sorta di amnesia collettiva che ha fatto dimenticare l’esistenza in vita del centro-destra ed i suoi protagonisti in carne ed ossa sono fisicamente scomparsi dalla scena politica. Giova ricordare che Messina è una città di centro-destra sin dai tempi di Romolo e Remo, al punto che nel referendum del ’46 siamo risultati monarchici fino al midollo. Invece dalle amministrative in poi nel dibattito politico si parla solo di accorintiani, civatiani, renziani, genovesiani, e il termine berlusconiano è diventato talmente raro nelle cronache politiche cittadine da sembrare sanscrito. Sommando i voti ottenuti da Accorinti a quelli di Calabrò è come se all’improvviso i messinesi, dopo essersi coricati per mezzo secolo con simpatie di centro-destra si siano svegliati di centro-sinistra. Come se fosse passata un’era geologica da febbraio o dalle adunate oceaniche all’arrivo di Re Silvio nello Stretto. L’amnesia collettiva ha fatto dimenticare che il Pdl alle amministrative ha schierato un candidato, il parlamentare Enzo Garofalo, che si è fermato al primo turno. Siamo talmente presi dalla crisi del Pd e dal chiederci dove mai andrà Genovese alle prossime elezioni che abbiamo quasi dimenticato il Pdl, come se nel frattempo fosse evaporato. Già, ma dove sono finiti? Per esperienza di mamma so che quando nell’altra stanza c’è troppo silenzio vuol dire che sta per scoppiare un putiferio. Ad una giunta di sinistra ci si sarebbe aspettati una forte opposizione dal centro-destra. Invece, tranne voci isolate, dal Pdl solo silenzio. Gli strali finora sono venuti da esponenti del centro-sinistra o dei movimenti, come Saro Visicaro. Dal Pdl neanche una conferenza stampa last minute. Mentre le diverse anime del Pd tengono conferenze stampa a spron battuto al punto da far pensare che sono diventati un esercito, nel Pdl, inteso nella sua espressione partitica, non vola una mosca. Le critiche più chiare e lucide, accompagnate da proposte alternative e da una conoscenza decennale della macchina amministrativa sono venute solo da Gianfranco Scoglio, in tv, sulla stampa o su Fb. Prese di posizioni ufficiali del Pdl mai. In Aula gli eletti azzurri sono pochi e ad agitare le acque ci pensano Trischitta e Piero Adamo, che paradossalmente per anni è stato la spina nel fianco dei vertici di un Pdl che considerava Vento dello Stretto come i ragazzini da zittire. Per il resto si registrano gli interventi di Garofalo sulle varie problematiche e le incursioni di Nino Germanà che è così spesso a Messina da avere messo radici. Ma il Pdl come forza partitica, come contenitore di idee da mettere a disposizione del suo elettorato a Messina non c’è più. Dopo essere stato per anni una forza di governo e quindi presente in tutti i Palazzi, le palazzine, le casupole e i sottoscala, il centro-destra, con la batosta elettorale non riesce ancora ad indossare i panni dell’opposizione. Stare fuori da tutto è evidentemente un’esperienza talmente nuova da dovere ancora essere assimilata. Nel caso messinese la crisi del Pdl nazionale si è intrecciata con quella locale creando una miscela soporifera. Come si dice nelle coppie quando c’è aria di corna, è come se tutti si fossero presi “una pausa di riflessione”. Stanno a guardare cosa farà Berlusconi. Presi dalle sbornie del ventennio i pdiellini hanno guardato con sarcasmo Fini quando indicava l’invisibile crepa di un partito nato incollando Forza Italia e An, salvo constatare oggi che aveva ragione e quelle crepe sono diventate voragini. Stando ai rumors tra gli esponenti messinesi ci sono più colombe che falchi, ma in realtà ormai sono in tanti a guardare al centro. Nessuno si azzarda a muoversi perché c’è la concreta possibilità di finire tutti insieme appassionatamente, (come un tempo non troppo lontano, per chi ha memoria storica), D’Alia, Genovese, Garofalo, Buzzanca, quindi vecchia Dc , Forza Italia-An.

Gli appuntamenti che serviranno da bussola sono il 9 novembre a Roma, con gli incontri degli ex An e di quanti vogliono costruire “qualcosa di destra” e l’8 dicembre, quando in antitesi alle primarie del Pd, ci sarà il Congresso di Forza Italia. Un po’ come con l’ora solare, si riporta indietro la lancetta nel tempo.

La dialettica e il confronto sono il sale della democrazia, un’opposizione è necessaria e aiuta a crescere. Escludendo che il centro-destra si sia dissolto col caldo estivo, o sia transitato in blocco tra gli accorintiani, probabilmente prevale la tesi del silenzio della stanza accanto. Seduti sul divano saranno forse alle prese con i grandi interrogativi dell’umanità, “chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo”. La politica è come il gioco dell’oca, può capitare di stare fermi un turno o due, o di dovere ritornare alla casella di partenza. Ma i dadi, prima o poi devi rilanciarli. Altrimenti sei fuori.

Rosaria Brancato