Il centrosinistra e l’arte di complicarsi la vita

La tradizione è rispettata. Agli appuntamenti che contano, il centrosinistra, benché in partenza coi favori del pronostico, le trova tutte pur di complicarsi la vita. Il centrodestra, viceversa, pur dato per spacciato si stringe a coorte e fila come un treno. E a Messina, a poco meno di un mese dalle amministrative, non c’è eccezione che confermi la regola. Forte dell’alleanza con l’Udc, frutto di un matrimonio consumato dopo un “fidanzamento” in consiglio comunale lungo quasi tre anni, il Pd sembrava, fino a un mese fa, una macchina da guerra. Il trasloco di un terzo del consiglio comunale in aree di influenza del centrosinistra in ogni sua declinazione e il patto stretto con il partito dello scudocrociato, che a Messina storicamente ha determinato i successi dei candidati ai quali si è appoggiato, non sembravano lasciare scampo ad un centrodestra in frantumi. E invece no. L’operazione primarie, nel Pd, ha lasciato sul campo morti e feriti. Il vincitore Felice Calabrò è stato immediatamente “impallinato” dai suoi contendenti. Prima Ciccio Quero, appartenente all’ala minoritaria (a Messina) del partito che fa capo al sindaco di Firenze Matteo Renzi, subito dopo Giuseppe Grioli, ex segretario cittadino del partito che dalle consultazioni di base ne è uscito scottato e fortemente disilluso. Proprio Grioli ha deciso di giocare da battitore libero, dando vita, insieme all’altro candidato Emilio Fragale, ad una lista autonoma che supporta Calabrò ma nel frattempo non perde occasione per pungolarlo: la Farfalla. “L’impegno nostro nel sostegno alla candidatura di Calabro’ sara’ proporzionale alla capacita’ del candidato sindaco di unirsi e librarsi in autonomia, presenza di spirito, onesta’ intellettuale, lettura del momento, aspettativa del tessuto di centro-sinistra (non racchiuso nelle segreterie di deputati) e risposta alle istanze di cittadine e cittadini che rivendicano discontinuità e speranza (senza abbandonarsi alle derive populiste, demagogiche, livorose, radical chic)”, ha scritto Fragale. Una dichiarazione che più che endorsement significa grossi guai per Calabrò. Poi c’è la questione di chi dentro il partito scalpita: i “renziani”, la linea verde, chi ritiene di avere proposte e volontà per uscire dalla palude, si vede ai margini e decide di correre da solo. I presidenti uscenti di quarto e quinto quartiere, Quero ed Alessandro Russo, per esempio, che, rotti gli indugi, hanno presentato candidature autonome per la riconferma alla presidenza delle circoscrizioni. Poi ci sono i malpancismi dei deputati regionali Giuseppe Picciolo e Marcello Greco, quelli del “Si, ma…”, gli umori cangianti del presidente della regione Rosario Crocetta che già alla vigilia delle primarie aveva tradito un certo nervosismo riguardo le scelte della coalizione. E poi c’è l’alleato del patto di ferro, l’Udc. Che tradizionalmente “non si bagna e non s’asciuga”, attende placido gli eventi e agirà di conseguenza. A bocce ferme.

Dall’altro schieramento, invece, sembra filare tutto liscio. L’operazione ricambio del partito portata avanti dal giovane deputato regionale Nino Germanà, con l’allontanamento della componente che fa capo all’ex sindaco Giuseppe Buzzanca, sta portando i frutti sperati. E la scelta di Enzo Garofalo come candidato sindaco ha rafforzato ancora di più la compagine: fuori dai giochi cittadini quanto basta per potersi fregiare dell’aggettivo “nuovo”, con buone esperienze amministrative alle spalle da presidente prima dell’Iacp e poi dell’Autorità portuale, con una legislatura da deputato alle spalle, Garofalo è figura che unisce. E infatti, ad uno ad uno si sono ritirati i candidati sindaco Pippo Isgrò, Giovanni Villari e Sergio Indelicato, mettendo le liste che capeggiano (rispettivamente una probabile civica, Fratelli D’Italia e Autonomisti per Messina) a disposizione della causa di Garofalo sindaco. A questo si aggiunge il sostegno de La Destra e, più recentemente, del Pda di Massimo Simeone. Tutto perfetto quindi? No. C’è l’incognita Nuova Alleanza. Quanto valegono in termini di voti l’ex sindaco Buzzanca, l’ex senatore Mimmo Nania ed il deputato regionale Santi Formica? Tre generali senza truppe, dicono i detrattori, notando come i tre siano stati abbandonati da tutti i fedelissimi che fino a tre mesi fa spargevano rose al loro passaggio. “Attenti, Buzzanca ha sette vite e Nania ne ha almeno nove”, avvertono viceversa i conoscitori delle dinamiche politiche messinesi. Di certo c’è che il conto della serva, e cioè dei consiglieri e dei pacchetti di voti che portano in dote, fino ad oggi è nettamente a favore del centrosinistra, non fosse altro per i traslochi che ogni giorno si sono susseguiti fin dalle regionali.