«Sono trascorsi 18 anni, ma quando comincia a piovere la paura si fa sentire. 18 anni sono tanti, ma quando nello stesso giorno si perdono tragicamente i genitori e una sorella, il tempo diventa un orologio rotto con le lancette ferme alla stessa ora. La Suprema Corte di Cassazione ha individuato i colpevoli del disastro. Purtroppo da quel giorno la parola fine non c’è stata mai. Le alluvioni sono sempre più frequenti, basta ricordare Giampilieri, Saponara, San Fratello, la Sardegna, Genova, e le famiglie continuano ad essere spezzate. Un affetto sincero però non morirà mai. Il ricordo dei miei genitori e di mia sorella vivrà per sempre nel cuore e in quello di mia sorella Giovanna. La vita è ingiusta. Il dolore è sordo, il dolore è muto. Sordo perché ascolta solo se stesse, muto perché non ci sono parole che possano parlare».
Con queste parole Giovanni Carità oggi ricorda e racconta il dramma che 18 anni fa spezzò la sua famiglia. Era il 27 settembre del 1998 e quel pomeriggio la pioggia iniziò a cadere forte sulla città. Un nubifragio colpì la zona dell’Annunziata. Una famiglia come tante stava facendo ritorno a casa, in auto c’erano Nino Carità, la moglie Maria e la figlia Angela. Di loro ad un certo punto si perse ogni traccia. Gli altri due figli, Giovanni e Jenny, iniziarono a cercarli. Angela fu ritrovata in quella stessa macchina a metà del viale Annunziata, i corpi di Maria e Nino furono trascinati fino a mare e furono ritrovati in acqua. In quella tragedia morì anche Simone Fernando, un ragazzo cingalese che fu inghiottito dalla furia del fango per non essere mai più ritrovato.
Oggi ricordare la famiglia Carità dev’essere anche un monito. Perché dopo di loro sono morti ancora troppi innocenti sotto la furia di piogge, alluvioni, frane e torrenti. Oggi come 18 anni fa.
Francesca Stornante