25 giugno 2002: quando Accorinti salì sul pilone per gridare no al Ponte

Era il 25 giugno del 2002. Quella sera Renato Accorinti cambiò il modo di dire no al ponte: si armò di volontà, coraggio e sacco a pelo e si arrampicò sul pilone di Torre Faro, per trascorrere la prima notte di protesta. Arrivato in cima vi mise lo striscione “No al ponte”. Quel puntino colorato a 220 metri sul mare riuscì a portare l’attenzione dell’opinione pubblica sull’argomento ed a mettere il primo capitolo su una nuova e diversa organizzazione del fronte no ponte.
“E’ stata una bellissima meditazione notturna davanti allo spettacolo più bello del mondo- dirà la mattina dopo ai giornalisti-con me c’erano idealmente i compagni di lotta che in questo momento sono pochi, ma che quando ci organizzeremo meglio saranno centinaia e centinaia”. Aveva ragione questo sognatore innamorato dello Stretto salito sul traliccio dell’Enel con un solo obiettivo: “A nome di 18 associazioni aderenti al comitato contro il ponte vogliamo raccogliere migliaia di firme su tutto il territorio nazionale e poi portarle all’Unesco perché lo Stretto diventi patrimonio dell’umanità”.
Dieci anni dopo quella “meditazione” sotto le stelle il movimento no ponte non solo è cresciuto ma si è arricchito di mille sfumature e di contributi provenienti da posizioni diverse. Ma allora, quel 25 giugno 2002, a crederci erano ancora in pochissimi. Quando Renato Accorinti scese dal pilone il Messina social forum organizzò nell’area abbandonata di Faro il 1° “Campeggio no ponte”, iniziativa associata ad una serie di altri eventi che finirono con l’accendere definitivamente i riflettori su un fronte che divenne sempre più consapevole dei propri obiettivi.
Non fu infatti solo un campeggio, ma una vera e propria fucina di iniziative che andarono dalla traversata simbolica dello Stretto (in barche, gommoni e persino in bici ad acqua…) al volantinaggio, dai dibattiti sulle grandi opere alla presenza di esperti e docenti di calibro nazionale, alla raccolta firme, dalle feste alle mostre, dagli spettacoli ai concerti, fino al cantastorie, dall’elaborazione di proposte a tutela del territorio fino all’evento conclusivo: il corteo del 7 luglio 2002.
Aveva ragione Accorinti quel mattino del 26 giugno, dopo una notte sotto le stelle, quel movimento di sparuti sognatori controcorrente avrebbe con il passare degli anni aumentato il numero di sostenitori, sia pure per ragioni diverse, perché in fondo l’attuale fronte dei no pontisti è molto variegato, ma compatto.
Sul numero dei partecipanti a quel corteo le opinioni furono diverse in base agli “occhiali” di chi guardava, ma fu importante per la città iniziare a capire che c’era chi su quella battaglia aveva deciso di metterci la faccia senza timori o reverenze.
Son trascorsi 10 anni da quella notte sul pilone e al di là del crescere dei no ci sono altre considerazioni da fare, dopo fiumi di polemiche.
Finora su quelle acque c’è stato solo un “ponte di parole”. Finora quell’opera gigantesca tra Scilla e Cariddi è solo un ponte di polemiche, perché di reale non c’è neanche un mattone e un progetto definitivamente approvato. E’ una struttura che esiste solo nei dibattiti e negli scontri e questo dovrebbe far riflettere. Gli ultimi mattoni di parole li ha messi il ministro Passera dichiarando, a titolo personale, che prima del ponte ci sono opere ben più urgenti e necessarie. Ha ragione il ministro, ed è quanto si diceva anche 10 anni fa, ovvero la nostra terra ha bisogno di opere ben più urgenti e necessarie. Ma nonostante siano passati 10 anni di quelle opere più urgenti e necessarie del ponte non se ne è vista una e nulla è cambiato di una virgola. Probabilmente è più comodo “distrarre” l’attenzione su opere faraoniche con la consapevolezza che così non si noteranno le voragini sotto i nostri piedi.
Ha ragione il ministro Passera, nella Sicilia di oggi, come in quella del 2002, ci sono opere più utili da fare. Solo che parlando di ponte il resto è passato in secondo piano. Ad esempio, per restare in tema di collegamenti, Trenitalia ha cancellato treni notte e treni a lunga percorrenza che per i siciliani, gli emigranti, i pendolari, i viaggiatori dell’isola, sono di gran lunga più vitali e urgenti e necessari del ponte. Con la differenza che per fare il mitico ponte potrebbero passare altri 2 secoli, mentre i treni ci servono ora, subito, sempre e ogni giorno.
Per 10 anni ci avete parlato di una mega opera e contemporaneamente ci toglievate la terra sotto i piedi. Non ci viene garantito il diritto a raggiungere Torino, Milano, Venezia in treno, ma c’è qualcuno che ci sventola ancora sotto il naso il miraggio del ponte….Tagliano i collegamenti con le isole minori via mare, diminuiscono i traghetti, prendere l’aereo costa cifre improponibili, le ferrovie regionali sono da terzo mondo, il secondo binario un miraggio, sulle autostrade stendiamo un velo pietoso.
Forse questo è davvero un compleanno da festeggiare, perché la notte del 25 giugno 2002 un sognatore vestito di bianco ci ha aperto gli occhi su una grande fregatura, quella che ci ha spinto per anni a guardare la luna quando il dito del potere indicava che ci stavano togliendo il diritto alla mobilità.
Rosaria Brancato