Il primo giorno del sindaco Renato Accorinti

E’ arrivato anche oggi in bicicletta. Le famose auto blu con relativi autisti non sono dovuti andare a prenderlo, il Sindaco di Messina non ha intenzione di lasciare a casa le sue due ruote.

La prima giornata da primo cittadino, dopo l’insediamento e il giuramento di ieri sera, è iniziata intorno alle 11 a Palazzo Zanca. Già un’ora prima si respirava aria di attesa tra i corridoi per questo nuovo primo giorno. Renato Accorinti è arrivato, ha salutato tutti quelli che lo aspettavano con abbracci e pacche sulla spalla, ha ascoltato tutti, è giunto davanti il “suo” Palazzo e ha trovato tutti i cancelli spalancati.

Da tempo non si vedeva questa libertà a Palazzo Zanca. Impossibile non pensare subito ai mesi scorsi quando proprio quei cancelli venivano chiusi nei giorni delle caldissime proteste. Oggi al Comune si respirava aria di novità, lo si leggeva sui volti dei dipendenti, della gente. Qualcuno è ancora scettico, guarda con stupore questo sindaco che anche oggi si è presentato in maglia arancione "No Ponte", jeans, sandali e zainetto. Anche per il sindaco Renato è ancora strano arrivare e trovare questa accoglienza proprio lì dove fino a poco tempo fa le porte rimanevano chiuse anche per lui. Per questo, come prima cosa, ha voluto eliminare la porta di vetro che ha da sempre considerato una barriera tra il Palazzo e i cittadini.

Riesce a salire le scale a fatica perché ad ogni gradino è una stretta di mano, un abbraccio, una foto, ancora un lungo applauso dai dipendenti comunali che lo attendevano per dargli il benvenuto ufficiale. Renato, perché così vuole continuare ad essere chiamato, altrimenti “ti tolgo l’amicizia eh!”, si ferma per salutare i lavoratori del Comune che hanno voglia di parlare con lui. “Vi incontrerò tutti, organizzeremo di gruppi e a turno verrete a trovarmi così insieme discuteremo che futuro vogliamo dare a questo Comune” dice il sindaco.

Si avvicina la signora Anna Panarello, lavora nell’ufficio Ragioneria, gli chiede solo di essere ascoltata. “Lavoro qui da 35 anni e mai nulla è cambiato. Abbiamo voglia di lavorare e di metterci in discussione se è necessario, ma chiediamo di poter dire la nostra. Finora nessuno ci ha dato questa possibilità. Spero che questa sia la volta buona”. Il "prof santone", così come lo hanno definito alcune testate nazionali, ha chiesto ancora una volta aiuto a tutti e continuerà a farlo tutti i giorni. “Ho già scoperto che c’è tanta bella gente che ha voglia di collaborare, ci sono una marea di cose che possiamo fare subito e a costo zero. Vedo negli occhi di queste persone voglia di esserci, di far parte del cambiamento che abbiamo messo in moto, sento l’energia, faremo sentire a tutti che il Comune di Messina è cosa ben diversa da quello che si è detto in questi anni”.

La gente continua a circondarlo, lui però ad un certo punto dice “ora però bisogna mettersi a lavorare”. E raggiunge quella stanza che non riesce ancora a sentire sua. “Ieri ho chiesto da dove potevo fare una telefonata e mi hanno risposto che questa è la mia stanza, ma ancora non riesco a rendermene conto”. Inizia il via vai dei dirigenti che il nuovo sindaco sta incontrando in queste ore per capire da dove iniziare.

Insieme a lui l’ormai immancabile prof. Guido Signorino, il vicesindaco che oggi ha iniziato a fare il punto della situazione su quelli che sono i temi caldi da affrontare subito: contenziosi e Messinambiente. La cosa che colpisce è senza dubbio l’atmosfera di fiducia che si respira e che è stampata sui volti di tutti. Anche perché basta ascoltare Renato, il sindaco Renato, per pochi minuti per convincersi che bisogna concedere a questo gruppo l’occasione per dimostrare di poter cambiare davvero la città. Mentre il vicesindaco Signorino inizia a leggere le prime carte, il nuovo sindaco improvvisa una conferenza stampa che è soprattutto una chiacchierata con i giornalisti. Parla di pace, di valori, di rispetto, racconta di quando il Dalai Lama si inchinò davanti a lui che veniva dall’Occidente parlando di pace, cita aneddoti della filosofia orientale, prende in prestito le parole di Martin Luther King quando parla dell’importanza di svolgere qualsiasi lavoro con gioia e dedizione, cita San Francesco d’Assisi e un minuto dopo i monaci tibetani che lo fecero stare tre giorni in silenzio in meditazione, racconta cos’è la stanza del silenzio che ha creato, superando tante remore, nella sua scuola, ricorda di quando, tornato dall’India, andava a lezione con i pantaloni colorati e tutti lo prendevano per pazzo. “Poi però riuscivo a entrare nei loro cuori ed erano i genitori che venivano ad abbracciarmi per quello che insegnavo ai loro figli”. Quando parla dei suoi ragazzi si ferma, respira, trattiene l’emozione.

Non riesce a pensare a come dovrà dare ordini adesso da primo cittadino. “Ieri sera era tardi, io ero ancora qui e ho visto tre vigilasse fuori dalla mia porta. Dovevano stare lì per me, ho pensato che sono tre madri di famiglia e che a casa sicuramente i bambini le aspettavano e così ho detto loro di andar via”. Renato Accorinti è tutto questo e il percorso che ha in mente per la città parte da un cambiamento interiore che tutti dovranno fare. “Penso che dobbiamo cambiare tutti vita, il primo io che sono il più scarso di tutti”. Poi racconta delle telefonate del presidente Crocetta, del ministro D’Alia che si è congratulato con lui e ha manifestato grande contentezza per questo risultato e la sua disponibilità alla collaborazione per il bene della città. “Non ho sentito ancora Felice Calabrò ma guardate, vi faccio vedere il mio "Ipad", ecco il numero, ho già provato a chiamarlo ma non siamo ancora riusciti a parlarci”. L’Ipad naturalmente non c’è, Renato Accorinti esce dalla tasca una montagna di pezzi di carta, ma per lui bastano e avanzano. Quello che cercherà di coltivare, come sempre ha fatto in tutta la sua vita, saranno il rispetto, i valori della pace, la condivisione delle idee, l’amore per il bene comune. E a chi ancora dice che dietro di lui ci sono i poteri forti risponde “saremo forti con i poteri, altro che poteri forti”.