La strategia dei dinosauri che blocca il futuro. Ma #iostoconlafiera, credo nell’araba fenice

“C’è un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante, un tempo per demolire e un tempo per costruire, un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli , un tempo per stracciare e un tempo per cucire”. La Bibbia ci ricorda che “c’è un tempo per ogni faccenda sotto il cielo”. Ma non parla di un tempo per girarsi i pollici o di un tempo per sprecare tempo, a maggior ragione se si è un amministratore il cui unico fine è seminare, curare, far fiorire una città inaridita.

Non ho visto la Fiera degli anni d’oro, quelli della Rassegna Cinematografica e dell’Irrera a mare, ma li ho vissuti attraverso i racconti dei miei genitori. Ho visto la Fiera degli anni d’argento, appuntamento immancabile per me adolescente quando cercavamo in tutti i modi di entrare gratis (attraverso gli scogli) e poi la sera restavamo con il naso all’insù a guardare i fuochi d’artificio. Ho visto la Fiera degli anni di bronzo, fino agli anni di cenere, quando l’incapacità della Politica ha trasformato il nostro sguardo sullo Stretto in un occhio cieco. Ho visto il Gobbo di Notre- Dame sotto un tetto di stelle e il Teatro in Fiera ridotto ad un ammasso di polvere, ho visto la vetrina internazionale e il suk d’agosto, ho visto le convention con i big della Politica e le Campionarie inaugurate dai ministri ed i viali deserti e i padiglioni abbandonati.

Abbiamo avuto un tempo per costruire ed uno per demolire, siamo bravissimi a fare il percorso inverso a quello della civiltà. Siamo recordman nel distruggere quel che di bello abbiamo costruito. Bravi a piangere sulle macerie. Però oltre al tempo del piangere c’è quello del rimboccarsi le maniche. Ed è quello che l’Autorità portuale, insieme al Comitato portuale, ha fatto negli ultimi anni. Si è rimboccata le maniche per trasformare il deserto in un’oasi. Da giornalista avrò scritto almeno 100 articoli in 20 anni sul muro della Fiera che è un’offesa all’intelligenza ed alla bellezza, altri 50 sui contenziosi che ne hanno bloccato lo sviluppo, ed altrettanti sulla morte della Campionaria, sui licenziamenti del personale.

Il bando internazionale è uno strumento per trasformare quella cenere in un tesoro. Di quel bando ne parliamo da anni, non è un fungo spuntato all’improvviso. Solo un’amministrazione proveniente da un altro pianeta può fare quello che ha fatto la giunta Accorinti a poche ore dalla pubblicazione del bando: bloccare il futuro. La domanda che inquieta è: non sono bastati 2 anni all’amministrazione Accorinti per farsi un’idea della problematica? Quando ha preso parte a decine di riunioni era presente con il corpo ma non con lo spirito? Tutto questo tempo non è bastato per conoscere i dettagli del bando, per dire la sua, per opporsi? Perché aspettare il fischio finale per accorgersi che il Comune non ha titolarità delle aree e chiederla? Dopo aver preso parte attiva in tutto il percorso ha deciso di vestire i panni di Alice nel Paese delle meraviglie?

Il presidente De Simone ha dichiarato che a dicembre l’assessore De Cola ha annunciato che dopo 6 mesi di riunioni avrebbe dato la risposta entro una settimana. Sono trascorsi 3 mesi ed all’ultimo momento la giunta ha chiesto l’unica cosa che ha avuto in grande quantità: ovvero il tempo. Lo stesso De Cola ha detto che alcuni spunti presentati dall’amministrazione sono stati accolti, altri no, pertanto ha bisogno di ulteriore tempo. L’amministrazione non vuole dare un contributo, vuole soltanto che venga ratificata qualsiasi proposta. Val la pena ricordare che il Comune non è il titolare delle aree e non ha neanche le risorse, a differenza dell’Autorità portuale che è l’unico ente in grado di avere fondi, struttura efficiente e capacità organizzativa. Per non parlare del fatto che il destino di tutti i Comuni italiani è segnato, sarà un miracolo riuscire a sopravvivere. E’ un po’ come voler comandare in casa di altri e con i soldi degli altri. Il presidente De Simone, si possa essere d’accordo con lui o meno, in questi anni ha pensato da messinese, ha guardato l’Authority e la Fiera come un messinese, facendo quello che la Politica degli anni scorsi non ha fatto. Se siamo stati invasi dalle cicale (per non dire dalle cavallette) lui è stato la formica.

Lo stop dell’amministrazione Accorinti al bando internazionale, gettando al vento anni di lavoro è incomprensibile oltre che antistorico.

Iniziamo dal metodo usato. L’amministrazione ha un concetto strano della partecipazione. Di solito preferisce la partecipazione postuma, cioè a decisioni prese dalla giunta con gli altri (i “partecipanti”) chiamate a ratificarle. Confonde la partecipazione con la comparsata. Quando invece viene chiamata a partecipare vuole il ruolo del protagonista e pretende che il suo punto di vista sia recepito per filo e per segno. Sullo stop al bando Accorinti ha detto: “si deve riconoscere il ruolo del Comune come garante del percorso democratico”.

Mi scuserà il sindaco se lo faccio notare, ma il Comune non ha il monopolio della democrazia. Il concetto di “esclusiva” della democrazia non esiste, è un ossimoro. Mi sento più che garantita sul percorso democratico fin qui seguito, semmai mi preoccupa la piega che sta prendendo la vicenda. Un bando internazionale non è l’anticamera dell’invasione degli Unni-Capitalisti e i privati non necessariamente rappresentano il demonio, soprattutto in un’era nella quale il pubblico non può garantire neanche l’impegno economico per coprire una buca per strada. Forse una visione meno localistica e provinciale potrebbe darci quella spinta che finora ci ha tenuti raso terra. Messina ha bisogno di cambiare pagina e lo deve fare con coraggio, anche quello di abbandonare visioni dello sviluppo ancorate agli anni ’70, demonizzazioni a macchia di leopardo. Da decenni diciamo che vogliamo una Fiera viva, palpitante, senza muri, una vetrina internazionale, un lungomare mozzafiato, con spazi per la cultura, viali per respirare mare e cielo, padiglioni, musei, bar, locali, librerie, sale convegni. Il turismo non lo fai con la spiaggia e il sole. E il Comune non può pensare di fare tutto questo senza avere un euro in cassa. Non riusciamo a partorire il bilancio di previsione 2015 e vogliamo progettare una pista per astronavi? Né si può pensare che si possa trasformare una zucca in carrozza in pochi anni. Lo Stadio l’abbiamo realizzato in 18, stessa cosa per il Palacultura, il Museo, gli svincoli, l’approdo a sud.

Messina ha fame di occupazione e di sviluppo. Non abbiamo più tempo per perdere tempo. La politica del no sempre e comunque, la politica dell’”a prescindere”, ci farà restare piccolissimi. A meno che l’amministrazione non abbia deciso per un’azione uniforme al resto. Così come per il bilancio ha congelato il tempo nel passato lo stesso vuole fare con la Fiera, sperando che, lasciando passeggiare i dinosauri sui viali di quel che resta della Cittadella, saremo tutti più felici.

Io invece vorrei raccontare ai miei nipoti un giorno un’altra storia, quella dell’araba fenice che riesce a risorgere dalle sue ceneri.

Rosaria Brancato