Il segretario parla di drammi, ma il Pd pensa ai Congressi

Peccato che alla relazione del neo segretario provinciale del Pd Basilio Ridolfo non sia seguito un dibattito e che il segretario regionale Lupo abbia proposto di rinviare le discussioni al dopo-primarie. La relazione infatti offriva spunti importanti per parlare della realtà territoriale, ma è anche vero che i presenti erano più interessati alle guerriglie interne su percentuali, delegati, futuri assetti, lotte tra correnti, per potere affrontare un dibattito su cose concrete. Le prime risposte, quelle che i presenti si attendevano Ridolfo le ha date subito, parlando di coinvolgimento di tutti sia nell’esecutivo che nella Direzione, di riduzione ulteriore dei circoli, di inclusione, pluralismo, di una sfida da vincere insieme con le armi della lealtà e della sintesi. Poi ha fatto una disamina della situazione economica e sociale di Messina e provincia avanzando alcune proposte concrete. Il dibattito però non c’è stato, ma del resto, se anche ci fosse stato, è probabile che sarebbe servito ad un regolamento di conti piuttosto che ad affrontare i problemi della gente.

“Vi dico subito che queste modalità di svolgimento del confronto interno che danno la sensazione di un partito impegnato su “tatticismi” e non sui problemi reali del territorio, non trovano la mia condivisione- ha detto ad apertura della relazione- A partire da questa Assemblea la proposizione del PD avrà una connotazione ben precisa, atteso che chi vi parla favorirà un percorso di autentico rinnovamento attraverso molteplici occasioni di confronto. Sul terreno della concretezza della proposta politica dovremo tutti insieme, ed io per primo, mirare alla “discontinuità” rispetto a quei comportamenti che costituiscono un ostacolo in rapporto all’obiettivo di una presenza incisiva del partito”.

Detto questo Ridolfo ha snocciolato i dati relativi alla crisi in Sicilia: 65 mila posti di lavoro persi in un anno; 50 mila nuovi poveri in più rispetto al 2012; 25 mila emigranti che lasciano l’Isola, di cui circa 5 mila laureati; 30 mila persone in attesa di ammortizzatori sociali; reddito medio pro-capite sceso a 16 mila euro; PIL crollato del 4,3; imprese ridotte quasi sul lastrico; mercato immobiliare paralizzato comparto agroalimentare contrassegnato da oltre la metà delle imprese agricole a rischio di fallimento; settore del turismo in perenne discesa con oltre 3 mila lavoratori stagionali licenziati e senza diritto alla disoccupazione; enti locali sull’orlo del dissesto finanziario. La provincia di Messina è in linea con i dati regionali e si caratterizza più per una “propensione al consumo” che per “un interesse alla produzione”. Il modello economico si caratterizza per un forte grado di terziarizzazione. Nel 2012, il terziario ha rappresentato il 62% circa delle imprese, contro il 16% circa delle costruzioni, il 13% circa dell’agricoltura ed il 9% circa dell’industria. Ne viene fuori un quadro imprenditoriale segnato dalla scomparsa delle tradizionali attività economiche e spostato sui settori del terziario e dei servizi.

La conseguenza è l’impoverimento del tessuto socio-economico che, contrassegnato dalla riduzione dei redditi e quindi dei risparmi e dei consumi delle famiglie, ha finito per favorire lo sviluppo di un mercato del lavoro sempre più orientato verso forme contrattuali precarie. Ridolfo ha poi ricordato il “fenomeno del riversamento delle popolazioni dalla montagna alla costa” che ha indebolito il tessuto urbano di numerosi paesi di origine medievale.

Allo spopolamento dei territori collinari e montani ha corrisposto lo sviluppo di un disordine insediativo nella fascia costiera con un precario equilibrio idrogeologico del territorio.

Messina, poi, presenta una significativa frammentazione economico-sociale ed una emorragia demografica concentrata nelle fasce di età più giovani che ha prodotto un’alterazione della composizione sociale con il progressivo invecchiamento della popolazione e la perdita di soggetti con livelli medio-alti di istruzione. Inoltre anche a Messina si registra il fenomeno della “generazione sprecata”, quella maggioranza silenziosa di disoccupati, tra i 30 ed i 45 anni, che si trova senza un lavoro, senza un reddito decente ed è magari costretta a tornare a casa dai genitori.

“E’ questa la categoria di persone che dopo aver perso il lavoro entra nei gironi della precarietà e della povertà finendo per rappresentare un gruppo sociale di cittadini in preda a profondi sentimenti di inadeguatezza, condannati a dover contendere un posto sottopagato e non qualificato con chi ha dieci o quindici anni di meno”.

E’ su questi temi che, secondo il segretario il Pd deve sviluppare un’azione politica che metta al centro le questioni del lavoro, della legalità, dimostrando una decisa capacità di mobilitarsi su obiettivi non fumosi ma chiari e comprensibili nella consapevolezza che la crisi che stiamo vivendo è figlia di un modello di valori che va cambiato. Sviluppo sostenibile, green economy possono essere le direttive da seguire per rilanciare molti settori, dal risparmio energetico alle fonti rinnovabili, dalla chimica all’edilizia, dai trasporti agli elettrodomestici, dal turismo all’agricoltura, al riciclo dei rifiuti. Il Pd deve tornare a parlare di cose concrete e argomenti attuali e proporre, insieme alle categorie produttive e “vitali” una pianificazione strategica condivisa del territorio che punti a temi quali la sicurezza e la valorizzazione delle risorse, il turismo, la mobilità, l’economia.

Nell’ultima parte della relazione Ridolfo si è soffermato sul programma della segreteria e sugli aspetti più strettamente “di partito”. Un Pd che dovrà essere aperto, pluralista, concreto, inclusivo in netta discontinuità con il passato. Ma mentre parlava l’attenzione dei presenti era tutta volta alle beghe interne, agli esiti delle consultazioni sulle mozioni, alle prossime mosse per strappare un delegato in più, così alla fine non c’è stato alcun dibattito. Chi aveva qualcosa da dire potrà farlo attraverso i comunicati stampa.

Rosaria Brancato