“La solitudine dei numeri minimi” e quella sala semivuota del Pd post-genovesiano

Il problema, oggettivamente, c’è. L’immagine dell’assemblea del Pd alla Sala Visconti è la fotografia di un partito che deve fare i conti con un oggettivo “svuotamento numerico”. La sala semivuota, con una cinquantina di presenti a quello che era l’appuntamento principe del Pd, la prima assemblea provinciale dopo l’avvio della gestione commissariale, è lo specchio di una realtà così sintetizzata dalla capogruppo Pd al Comune Antonella Russo: “Parafrasando il libro, possiamo parlare della solitudine dei numeri minimi”. Lei si riferiva al gruppo consiliare, ridotto a 3 consiglieri, e peraltro all’assemblea c’erano solo la Russo e Claudio Cardile. Ma il terzo consigliere, Pietro Iannello, non era l’unico assente. A mancare erano anche i deputati regionali Filippo Panarello e Giuseppe Laccoto, nonché numerosi rappresentanti della provincia, consiglieri, assessori comunali. L’occasione sarebbe stata ghiotta, perché se da più parti si critica una gestione commissariale, quella di Carbone in tandem con Aiello che troppo spesso dimentica di confrontarsi con la base, è pur vero che l’appuntamento del 4 maggio sarebbe stata la prima volta ufficiale per dirsi chiaramente quel che va e quel non va. Cosa che hanno fatto i “soliti volti storici”, quelli che da anni non si sono mai persi un’assemblea e non hanno mai fatto mancare il loro contributo. Il primo a prendere in mano il microfono è stato infatti Francesco Barbalace, e non sono mancati gli interventi di Giovanni Frazzica, Angelo Libetti, Angela Bottari, Teodoro La Monica.

La mancanza di partecipazione, soprattutto della futura classe dirigente o di quella che dovrebbe prendere il posto dei genovesiani passati a Forza Italia, è una spia d’allarme. Né si può lasciare tutto in mano ai commissari, che se pure avranno il compito di essere capilista alle prossime Politiche (sacrificando così le risorse locali), non possono pensare di raccogliere voti solo grazie all’uomo simbolo Renzi.

La trasmigrazione dell’area Genovesiana dal Pd a Forza Italia ha letteralmente svuotato il partito, il problema è adesso da dove far cominciare la costruzione del nuovo. E la sala Visconti del 4 maggio preoccupa. Ha detto bene Grioli (uno dei pochi giovani intervenuto all’assemblea): “attenti, perché c’è chi è già pronto ad occupare gli spazi lasciati da chi è andato via”, con chiaro riferimento a Beppe Picciolo, che per riempire la Sala Visconti avrebbe impiegato un nanosecondo.

Questo Pd non ha i numeri e non solo in Consiglio comunale, dove è dovuto andare a traino di Sicilia Futura per la mozione di sfiducia, non li ha per ripartire dal territorio. Non basta la buona volontà di quanti nei decenni passati hanno contribuito ad alimentare il dibattito.

Serve nuova classe dirigente o si perde il treno.

Eppure quella Sala Visconti appena pochi giorni dopo per il convegno sul Ponte sullo Stretto era pienissima (vedi foto di Giovanni Isolino),

pertanto non si può dire che i messinesi non abbiano voglia di partecipare o non siano interessati alle tematiche che riguardano il loro territorio. Tutt’altro. La sala Visconti affollata per parlare di un tema ritornato d’attualità, ovvero quel Ponte che tanto ha diviso, per un convegno promosso non da un partito ma da un’associazione, la dice lunga su dove vanno gli umori e i sogni dei messinesi. Del resto sempre la Sala Visconti, in occasione della presenza del plenipotenziario di Renzi in Sicilia, il sottosegretario Davide Faraone, che presentava il suo libro, ha fatto registrare gli stessi numeri dell’Assemblea Pd. E stiamo parlando del numero 1 di Renzi in Sicilia. Se non si riesce a portare la base del nuovo Pd in occasione dell’arrivo a Messina dei nuovi leader del partito vuol dire che qualcosa non va e non lascia sperare nelle prossime competizioni elettorali.

Non è il caso di paragonare i numeri dell’assemblea Pd né con quelli del passato (sarebbe troppo facile), ma lo si può fare con l’assemblea dell’Udc all’hotel Europa, o persino con quella del movimento Rivolta l’Italia sempre all’hotel Europa. Troppo scontato paragonare poi le presenze della presentazione del libro di Cuffaro. Anche la presenza di un altro Pd, Gero Grassi, a Villa Cianciafara per parlare della morte di Aldo Moro ha registrato il pienone.

L’area moderata a Messina si sta riorganizzando e nello stesso tempo anche il M5S sta facendo lo stesso sul fronte opposto, per non parlare di Sicilia Futura.

Chi è fermo è il Pd post-Genovesiano.

La politica non si fa solo con i numeri, è vero, si fa con le idee, i progetti, i valori, i principi. Ma quelle idee devono attecchire nel territorio e tra la gente.

Se il Pd vuole ricostruire deve farlo con la nuova classe dirigente, ma quella Sala semivuota è un campanello d’allarme. C’erano i renziani della prima ora, i ribelli del Pd genovesiano e i ribelli del Pd renziano, c’erano alcuni Giovani Dem. A mancare era la partecipazione di chi “fa” un partito, di chi lo trascina, di chi diventa leader. Qualcuno i voti al Pd dello Stretto li dovrà portare prima o poi e non basterà solo la faccia di Renzi su manifesti, nè i comunicati stampa di Carbone. L’elettorato di sinistra che per protesta ha votato Accorinti, adesso andrà verso il M5S o Sicilia Futura. E questa non sarà colpa di Genovese.

La responsabilità di costruire un Pd forte, radicato e credibile senza Genovese e i genovesiani, adesso è tutta di chi oggi rappresenta il partito. Se falliscono la responsabilità sarà loro e di nessun altro.

Se perdono la scommessa non potranno accusare nessuno.

Rosaria Brancato