Alexander Gadjiev, riflessi di un talento cristallino

Alexander Gadjiev, riflessi di un talento cristallino

giovanni francio

Alexander Gadjiev, riflessi di un talento cristallino

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martedì 17 Ottobre 2017 - 07:03

Un brillante e virtuoso giovane pianista inaugura la stagione musicale firmata Accademia Filarmonica-Associazione Bellini

Anche quest’anno le associazioni musicali riunite Accademia Filarmonica e Vincenzo Bellini hanno scelto di inaugurare la stagione musicale con un pianista solista, il giovane talento Alexander Gadjiev, goriziano ma di padre russo, che ha offerto alla gremita platea del Teatro Vittorio Emanuele un programma variegato, abbracciando epoche musicali distanti, dal barocco al novecento.

La prima parte del concerto, dedicata alla musica romantica, è iniziata con l’esecuzione di Kreisleriana op. 16, di Robert Schumann. Il compositore tedesco compose quello che è da considerare senz’altro uno dei suoi più importanti brani pianistici, ispirandosi all’omonimo racconto di E.T.A. Hoffmann, che ha per protagonista il maestro di cappella Kreisler, musicista geniale ma troppo sensibile, impazzito per amore, che ha bisogno dell’alcol o altre sostanze eccitanti per comporre. Il musicista romantico per eccellenza si identifica idealmente nel personaggio letterario in questa sorta di suite, composta da otto fantasie, nella quale ritroviamo gli aspetti ora appassionati impetuosi, talora tragici, ora dolci, sognanti e malinconici, che improntano tutta l’opera di Schumann. L’interpretazione di Gadjiev è stata molto personale, tesa ad accentuare i contrasti fra i momenti lirici, eseguiti in tempo particolarmente lento, e quelli drammatici, eseguiti in maniera impetuosa, forse troppo frettolosamente, a discapito talora della pulizia del suono. Tuttavia una interpretazione che denota una forte personalità dell’artista ed una sentita immedesimazione nella partitura. La prima parte della serata si è conclusa con l’interpretazione della riduzione per pianoforte del finale dell’opera di Richard Wagner Tristan und Isolde, la “Morte di Isotta”. Si tratta di una delle innumerevoli trascrizioni di Franz Liszt, tratte da opere, lied, sinfonie ecc., particolarmente riuscita e molto eseguita, sempre di forte impatto emotivo, con uno dei temi più belli ed indimenticabili mai composti in musica. La musica barocca di Bach ha aperto la seconda parte del concerto, con la suite francese n. 3 in si minore BWV 814. Gli anni compresi fra il 1717 e il 1723, trascorsi da Johann Sebastian Bach alla corte del giovane principe Leopold a Kothen, in Sassonia, furono i più prolifici della lunga parabola artistica del grande musicista per quanto riguarda la produzione strumentale. In quegli anni vedono la luce, solo per fare degli esempi, i concerti brandeburghesi e il Clavicembalo ben temperato. Coeve a questi capolavori sono le sei Suites francesi, composte per cembalo, la cui denominazione deriva dal titolo francese delle varie danze. Nella suite n. 3, una delle tre in tonalità minore, le danze sono nell’ordine Allemande, Courante, Sarabande, Anglaise, Menuet e Gigue. Si tratta di brani gradevolissimi, formalmente perfetti ed equilibrati, che, nonostante il titolo, risentono più dell’influenza della scuola clavicembalista italiana, che Bach conosceva molto bene. Interpretazione impeccabile e cristallina della suite, eseguita con precisione e ottima scelta dei tempi. Il concerto si è concluso con l’esecuzione della sesta sonata op. 82 di Sergej Prokofiev. Il grande Sviatoslav Richter, da giovane, ma già affermato pianista, ascoltò la sonata eseguita dallo stesso Prokofiev in un circolo, e ne fu subito colpito, tanto da eseguirla pubblicamente in prima assoluta alla radio di Mosca, nel 1840. Di tale sonata affermò: “Non aveva ancora finito di suonare che io avevo già deciso che avrei eseguito questa sua sonata. Non avevo mai udito nulla di simile prima di allora. Il compositore, con barbara audacia, aveva abbattuto gli ideali del romanticismo e aveva portato gli impulsi distruttori della musica del ventesimo secolo nella sua musica”. Ed infatti, l’uso percussivo del pianoforte, con frequenti accordi martellanti suonati fortissimo, il ritmo convulso e quasi ossessivo, che nel secondo straordinario movimento “Allegretto” diviene un trascinante ritmo di marcia, le continue dissonanze, alternate a momenti di intenso lirismo, in particolare nel terzo tempo “Tempo di valzer lentissimo”, costituiscono una vera rivoluzione rispetto al pianismo romantico e post romantico, che ci catapulta quasi con violenza nel lacerante esistenzialismo del novecento.

Splendida l’interpretazione di Gadjiev, che, nell’esecuzione della difficilissima sonata, è sembrato abbia dato il meglio di sé, con una brillante esecuzione fatta di passaggi di virtuosismo sfrenato, di accordi violenti, di continui incroci delle mani. È una sonata che oltre che essere ascoltata va anche “vista”, per comprendere appieno la rivoluzione pianistica del compositore russo. Molto applaudito, il giovane pianista ha concesso due bis assai graditi: la dolcissima e sognante “Fiaba d’estate dalla suite Cenerentola” sempre di Prokofiev, ed uno dei “tre sonetti del Petrarca” da “Anni di pellegrinaggio”, il celebre sonetto n.104, di Franz Liszt, commento lirico e appassionato su uno dei canti più belli del grande poeta, molto amato, come Dante, dal musicista ungherese, che fu evidentemente assai ispirato dagli splendidi versi della composizione poetica, dei quali riporto la toccante conclusione: “Pascomi di dolor, piangendo rido, egualmente mi spiace morte e vita: in questo stato son, Donna, per vui.”

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