Dal centro città a Giampileri, dieci fermate della Metroferrovia, dieci stazioni. Cinque di queste esistevano già, altre cinque sono state realizzate proprio in virtù di un servizio che avrebbe dovuto essere il punto di partenza di un nuovo modo di spostarsi dalla periferia alla città e viceversa. Quasi 38 milioni spesi per recuperare la linea ferrata e ritrovarsi oggi con sole quattro corse al giorno e le infrastrutture che tra mancanza di manutenzione, incuria e vandalismo oggi sono in condizioni non ottimali. Le immagini possono raccontare forse anche meglio delle parole cosa si può vedere facendo un tour delle dieci stazioni.
Partendo dal centro città il primo dato che emerge è che le stazioni più vandalizzate sono proprio quelle più vicine al centro, dunque Gazzi, Contesse, Tremestieri. Vetri rotti, pannelli per i non vedenti danneggiati, scritte sui muri ovunque, sottopassaggi sporchi e con i pannelli del soffitto pronti a crollare da un momento all’altro, stalli per le biciclette che ormai si intravedono a malapena perché tutto intorno la vegetazione cresce senza controllo. A Contesse un particolare balza agli occhi. Sono stati sistemati decine di totem per i non vedenti, praticamente uno attaccato all’altro, e la domanda sorge spontanea: “a cosa servono così tanti pannelli che tra l’altro hanno dei costi non proprio irrisori?”. Forse avanzavano e li hanno sistemati lì, di certo sono un piccolo simbolo degli sprechi di risorse che spesso si consumano quando in ballo ci sono grandi investimenti. Spostandoci verso sud migliorano le condizioni di pulizia e in generale le strutture appaiono meno vandalizzate. Una costante che le accomuna tutte: gli ascensori guasti. Ci sono i cartelli che dicono “temporaneamente fuori servizio”, qualcuno a penna ha aggiunto ironicamente “perché hanno mai funzionato?”.
E’ chiaro che se il servizio dovesse essere rimodulato, come pare si voglia fare, serviranno nuovi investimenti anche per sistemare le infrastrutture. Proprio nelle scorse settimane si è infatti tornato a parlare seriamente di metroferrovia, l’Assessore regionale ai Trasporti Nino Bartolotta e l’assessore alla Mobilità del Comune Gaetano Cacciola hanno rimesso sul tavolo la necessità di puntare nuovamente su questo servizio, partito il 27 settembre del 2010. Da quel giorno sono passati tre anni. Tre anni in cui la Metroferrovia ha praticamente perso per strada, o sarebbe meglio dire sui binari, il vero motivo per cui era nata e la sua originale identità. All’inizio le corse erano 16, 8 andata e 8 ritorno, spalmate durante il corso della giornata, ma con orari che non rispondevano alle esigenze di cittadini e pendolari. Questo fu uno dei motivi per cui il progetto pian piano naufragò, insieme alla mancanza di un vero servizio di collegamenti a pettine con i bus Atm e del costo del biglietto troppo alto senza la possibilità di averne a disposizione uno integrato treno/bus. Oggi le corse sono solo 4. Una riduzione drastica che ha portato il servizio quasi a scomparire.
A questo punto, se davvero l’obiettivo è rilanciare la metroferrovia, si dovrà fare un ragionamento di respiro più ampio. Senza un vero servizio di interscambio con i bus Atm la metroferrovia ha poco senso. Per fare questo si dovrà chiudere l’accordo per creare subito il biglietto unico, studiare tariffe convenienti e rendere l’offerta appetibile. Tra l’altro la tratta da Giampilieri a Patti è una delle più nuove e avanzate e sfruttando al massimo le sue potenzialità si potrebbe davvero iniziare a parlare di mobilità dell’area metropolitana. Aggiungendo anche metromare, servizio che nasce con le stesse caratteristiche e gli stessi scopi, e quindi integrando trasporto pubblico locale, trasporto ferroviario e collegamenti marittimi, si arriverebbe ad una vera continuità territoriale e mobilità nell’area dello Stretto. Ogni tassello ha bisogno dell’altro, come in un puzzle. Altrimenti il quadro resterà sempre incompleto.
Francesca Stornante