Storia di “ordinaria” disperazione: operaio senza lavoro s’ incatena al Comune

Ha deciso di incatenarsi proprio di fronte quello che fino allo scorso aprile era il luogo in cui ogni mattina per dieci anni è andato a lavorare: il Molo Norimberga . Nino Ferlazzo era un dipendente della Euroimpresa, società che opera nel settore della cantieristica navale, oggi è un disoccupato che racconta di non aver più nulla da perdere e che per questo ha deciso di tentare un gesto estremo, una forma di protesta forte, sperando nella sensibilità dell’azienda presso cui lavorare e delle Istituzioni messinesi. Nino Ferlazzo aveva un contratto a tempo indeterminato e svolgeva mansioni da autista all’interno della società, ad aprile però il lavoro scarseggiava e così accettò di buon grado il licenziamento, insieme ad altri tre colleghi, con la garanzia che si sarebbe trattato solo di poco tempo e che poi avrebbero riavuto il posto. Nel frattempo in cantiere la situazione è migliorata, è giunta una nuova commessa e dunque nuovo lavoro.

Poco meno di 15 giorni fa ecco la proposta: rientrare con un contratto a tempo determinato che intanto avrebbe avuto durata un mese. Non più però con la mansione di prima, ma da operaio. Gli altri colleghi hanno accettato, lui racconta di non aver potuto per una patologia alla schiena che gli impedisce un certo tipo di attività. Risultato: ad oggi è senza lavoro, ha un mutuo sulle spalle, due figli piccolissimi e un’età in cui inizia a diventare complicato riuscire a ricollocarsi nel mondo del lavoro. Per questo da ieri pomeriggio è in protesta, ha trascorso la notte all’aperto e stamattina ha deciso di trasferirsi a Palazzo Zanca, dove fa sapere di voler rimanere fino a quando non avrà una buona notizia.

Abbiamo raggiunto telefonicamente Antonio De Simone, amministratore della Snaed, consorzio di cui fa parte la Euroimpresa, per chiedere chiarimenti sulla situazione di questo lavoratore in catene. De Simone ha assicurato che se Ferlazzo fosse pronto a lavorare da operaio potrebbe ricominciare immediatamente, non c’è invece alcuna possibilità di farlo tornare in servizio come autista perché la società non ha bisogno di questa mansione e dunque non può assumere in ruoli che non servono. Se invece, come i colleghi, sarà disposto a ricollocarsi la porta è aperta.

Pare dunque che non ci sia punto di accordo tra società e lavoratore. Probabilmente basterebbe un incontro faccia a faccia per evitare l’ennesimo dramma occupazionale di una città che continua a mietere disoccupati.

Francesca Stornante