Navi della Marina Militare nello Stretto: lavoratori dell’Arsenale divisi tra scetticismo e speranza

Navi militari dalla base di Augusta a quella di Messina. Questo il progetto dello Stato Maggiore del Comando “Marisicilia” di Augusta e del Ministero della Difesa, volto a “rivitalizzare la base navale dello Stretto. Ancora impreciso il numero esatto di navi da trasferire – sicuramente pattugliatori – che varia da una quadriglia di quattro a un massimo di sette, ma del progetto sono stati già messi a conoscenza i sindacati di Marisicilia, attraverso vari incontri. Dal Comando militare di Augusta hanno sottolineato che il trasferimento “porterà vantaggi anche per i lavoratori civili che operano nella base”. E si accende, così, il dibattito tra i dipendenti dell’Arsenale. Da quando, nel 2002, il polo operativo della Marina Militare e del Comando Autonomo di Marisicilia è stato trasferito ad Augusta – con lo spostamento delle unità presenti a Messina e Trapani e il conseguente declino delle rispettive basi – l’Arsenale di Messina ha subito un lento ed inesorabile declino, sofferto soprattutto dai lavoratori, in esubero dal 1998. Il personale, nel tempo, è già stato dimezzato e spostato a Marisicilia sempre in condizioni precarie. Ad oggi, comunque, su 212 solo 85 potrebbero rimanere effettivi.

Critico sulla possibilità che il trasferimento delle navi militari porti lavoro effettivo per i civili si è dichiarato il sindacato Cub, che – sottolineando il fatto che le strutture dell’arsenale sono ormai troppo vecchie ed obsolete per eseguire qualsiasi lavoro – tramite il rappresentante Roberto Laudini ha commentato: “La parte operativa che riguarda l’operazione Marisicilia non porta nessun lavoro, perché è tutto gestito dai militari. A noi non compete nemmeno la gestione dei magazzini, perché hanno già degli accordi con delle ditte private. A noi non resta nemmeno il compito di fornire una vite”.

Che Marina ed Esercito operino ormai sempre di più tramite accordi con ditte private, è storia nota, ma dall’Arsenale arriva una lettera di risposta di un lavoratore, Marco Benante, di opinione differente. Il potenziamento annunciato – scrive Benante – della base di Messina con l’arrivo di un numero ancora imprecisato di unità navali ha rappresentato per un decennio più un sogno che una speranza”.

Benante spiega che da quando il comando è stato trasferito ad Augusta: “l’attenzione della Marina Militare nei confronti della nostra città e delle maestranze civili e militari in forza a Maridist Messina e all’Arsenale Militare di Messina venne sempre più scemando fino a raggiungere l’acme nel 2012 quando per i primi si prospettarono venti di trasferimento e per i secondi l’affidamento delle commesse si ridusse a poche unità di scarsissimo rilievo”.

Per questo giudica “paradossale” considerare “irrilevante” il ritorno delle navi nello Stretto: “In Arsenale l’affidamento di commesse ha nell’anno 2013 raggiunto livelli mai sfiorati e questo ha consentito risultati di bilancio pregevoli grazie anche e soprattutto all’impegno di maestranze e Dirigenti , finalmente anche militari, nessuno escluso. Il trend positivo ha facilitato la nuova e auspicata attenzione degli Stati Maggiori. La presenza dell’industria privata nell’approntamento dei lavori non può essere considerata un impedimento, ma un valore aggiunto posto che il nostro territorio ha bisogno di lavoro anche più che dello scirocco”.

Intanto, però, la notizia fa montare il dibattito anche al di fuori dei cancelli dell’Arsenale, nella società civile e molti attivisti – soprattutto dell’area di Cambiamo Messina dal Basso– pensano di realizzare un incontro di riflessione e dialogo tra cittadini e lavoratori.

(Eleonora Corace)