Il Teatro Pinelli: “La Casa del portuale è di chi la vive ogni giorno. Noi”

“La Casa del portuale è di chi la vive, di chi l’ha riportata in vita. E’ del Pinelli”. Sull’immobile di via Alessio Valore, occupato dagli esponenti del Pinelli dal 25 aprile, si va al muro contro muro con il commissario liquidatore dell’Italia società cooperativa Placido Matasso che più volte, dopo le iniziali denunce, ne ha rivendicato la proprietà. Oggi sono gli occupanti a replicare con un documento che ribadisce le posizioni finora sostenute.

“Sembrerebbe accertato dai documenti- si legge- che la titolarità dei locali della ex Casa del Portuale sia delle stesse istituzioni (Regione, capitaneria di porto) sulle quali ricade integralmente la responsabilità dello stato di abbandono in cui li abbiamo trovati al momento della loro riapertura”.

Secondo quanto emerso e quanto raccontato anche dai protagonisti delle vicende recenti, come l’ultimo presidente della cooperativa Eugenio Aloisi (vedi articolo allegato), la Casa del portuale è di proprietà della Regione, sin dalla fine degli anni ’50, il terreno è di proprietà della cooperativa, che ha avuto anche i locali in concessione per comodato d’uso, per legge regionale. I locali non sono stati affatto abbandonati, spiegano gli interessati, ma dal 31 dicembre 2011 i lavoratori sono stati licenziati e successivamente è intervenuto un commissario liquidatore. In un anno non è possibile parlare, questa la tesi, di saccheggio o stato di abbandono, anche perché all’interno dell’immobile c’erano gli uffici amministrativi. Matasso poi sin dal primo giorno dell’occupazione ha regolarmente presentato denuncia.

Oggi si registra la replica del Pinelli, che prende spunto proprio dalla titolarità della proprietà, che è di quelle stesse Istituzioni che in questi mesi se ne sarebbero disinteressate.
“Dal giorno del licenziamento dei lavoratori sullo stabile di Via Alessio Valore n. 39, calava il duplice sipario della violenta indifferenza istituzionale e della rassegnata indifferenza dei cittadini- scrivono gli occupanti- Questo lo scenario, incontrovertibile e accertato dalla nostra documentazione video e fotografica, fino al 25 aprile 2013. Da quel giorno è in corso una legittima pratica di restituzione alla collettività di beni comuni che le erano stati (legalmente? o abusivamente?) sottratti. Non importa cosa dicano le "carte", che ogni ente pubblico ha finora disatteso o sbandierato fuori tempo massimo, per distrarre l'attenzione dalle proprie responsabilità. La Casa del portuale è delle persone in carne ossa e spirito che partecipano alle assemblee pubbliche, che ogni giorno se ne prendono cura, che organizzano attività culturali e sociali, partecipando alla gestione dello spazio e alla vita politica del progetto”.

In sintesi la Casa del portuale, dal 25 aprile, è del Teatro Pinelli, indipendentemente ed a prescindere da quel che dicono le carte. L’immobile, sostengono gli occupanti, è di chi, da quel giorno, l’ha ripulito, sistemato, e vi ha organizzato concerti, spettacoli, laboratori teatrali, assemblee, laboratori per la lavorazione della creta, di pittura e scultura, corsi di lingua inglese e di yoga.
“Urge qui un chiarimento lessicale e politico- prosegue la nota- Consideriamo abusiva un'occupazione volta alla ricerca di profitti personali e al soddisfacimento di istanze privatistiche. Se invece la liberazione di uno spazio si accompagna allo sprigionamento della ricchezza sociale tramite percorsi collettivi di autogestione, l'orizzonte di senso nel quale questa pratica va collocata è totalmente diverso”.

Gli esponenti del Pinelli ribadiscono che i veri errori sono stati fatti da chi ha abbandonato al suo destino l’immobile, anche semplicemente non vigilando. Ricordano poi che, il 25 aprile: “ lo scenario che ci siamo trovati di fronte agli occhi all’atto della riapertura è quello dell’abbandono, del saccheggio e della devastazione. L’impianto elettrico sradicato, gli uffici come se fossero stati abbandonati un attimo prima di un bombardamento, documenti sparsi ovunque, attrezzature anche costose lasciate a marcire."

Quel giorno invitarono anche la stampa a verificare lo stato dell’immobile, che hanno documentato con foto e video. Il Pinelli contesa poi quanto dichiarato dall’avvocato Matasso a proposito di quanto accaduto in quei giorni. Il Commissario liquidatore ha infatti raccontato che i lucchetti del cancello erano stati segati e che all’interno c’erano uffici nei quali erano custoditi documenti e dati sensibili.
“Comprendiamo lo sfogo del commissario che come un bambino quando punta i piedi ha detto: "Rivoglio subito i locali", come se fossero di sua proprietà, una propaggine della sua casa privata. Ma sa bene che sta solo provando ad addebitare agli attivisti ciò che dovrebbe addebitare a se stesso. Noi abbiamo trovato i dati sensibili sparsi sui tavoli, o abbandonati per terra. E abbiamo fatto ciò che lui avrebbe dovuto fare se si fosse premurato di svolgere con serietà il suo mestiere mentre la casa del Portuale veniva saccheggiata. Li abbiamo archiviati e messi in sicurezza, così come abbiamo fatto con ogni altra cosa reperita all'interno dei locali. Se poi l'accusa rivolta contro il Teatro Pinelli, per caldeggiarne lo sgombero forzato, è che dei filtri arrugginiti siano diventati delle lampade, e delle stanze prima inutilizzate e sporche, lo spazio in cui ospitare una radio libera, una cucina popolare, un free shop oppure un hacklab, il signor Matasso ci sembra per un attimo dismettere i panni del Commissario per diventare un potente interprete del "teatro dell'assurdo".Se voleva una parte all'interno dei nostri spettacoli ci è riuscito”.

Si va quindi al muro contro muro su due posizioni in totale contrapposizione sull’utilizzo dell’immobile. Da un lato il commissario liquidatore che rappresenta le Istituzioni proprietarie e dall’altro il Pinelli che ne rivendica la titolarità per averlo “riportato in vita”. Tutto lascia intendere che vi saranno nuovi capitoli.

Rosaria Brancato