“Attenti alla simbiosi tra persona e famiglia, tutta meridionale”

Gentile dottoressa Brancato,
ho letto il suo articolo sui giovani messinesi (non sempre tanto giovani, in realtà) costretti a partire per motivi di lavoro. Come molti lettori, anche io sono stato colpito dall’emozione che trapela dalle sue parole. Il suo articolo descrive bene l’esodo di una generazione (quella di uomini e donne trentenni) che Messina sta perdendo.
A mente fredda, tuttavia, mi permetto di fare qualche osservazione, che spero sia accolta da Tempostretto come riflessione pubblica sulla nostra città.
Il modo in cui lei racconta la partenza dei giovani messinesi è parziale.
In primo luogo perché dimentica il fatto che ormai dal 1989 viviamo in un mondo aperto, in cui i viaggi di formazione e l’emigrazione sono un dato di fatto naturale. Le persone si spostano verso i territori che le attirano, per cercare condizioni di lavoro e di vita migliori. Si tratta di una splendida conquista di libertà, che non bisogna osservare con diffidenza. L’idea di restare immobili mentre tutto il mondo cambia non porterà ai nostri territori nessun progresso.In secondo luogo, con molta abilità, lei ha evocato la figura dei genitori affranti per i loro figli lontani. L’immagine è toccante, ma richiama un certo spirito tutto meridionale, per cui il legame tra genitori e figli non dovrebbe essere mai spezzato (come se si trattasse di una sorta di disgrazia tragica). Non cito, perché troppo abusata, la figura celebre del bamboccione, che ormai tutti conoscono. Quel che è sicuro è che bisognerebbe sganciarsi da questa eterna simbiosi tra persone e famiglie, che è uno dei tanti mali delle società meridionali. C’è poi un altro punto di vista dal quale vorrei commentare il suo articolo: quello economico e dello sviluppo.Lei mostra una certa diffidenza nei confronti delle uniche attività produttive che continuano ad avere un certo successo nel nostro territorio: le imprese edili. Non sono un fautore della cementificazione dei territori, ma faccio fatica a comprendere quali siano i principi economici a partire dai quali lei ritenga che investire danaro in costruzioni (e quindi fare lavorare operai, imprese connesse, ecc.) sia un male per la nostra comunità.
Le scrive anche parole severe – come spesso capita di leggere su Tempostretto – a proposito dei nuovi progetti di sviluppo che l’amministrazione comunale sta provando a mettere in campo. Il riferimento è ovviamente all’area del Tirone o ai progetti di porticcioli turistici. Anche in questo caso non vorrei entrare troppo nel dettaglio, ma mi chiedo per quale ragione si debbano demonizzare tentativi di attirare capitali e riqualificare parti della città (il cui stato attuale non è sempre decoroso). In ultimo, mi permetta, una nota su quello che lei dice a proposito del fatto che a Messina si possa trovare un lavoro degno della propria formazione solo a condizione di provenire da alcuni ambienti sociali. Quel che lei scrive è totalmente vero, ma occorre anche ricordare che molti di noi non si farebbero scrupolo di utilizzare tutte le loro amicizie e le loro parentele per arrivare dove vorrebbero. Un poco di autocritica, nella nostra città, non farebbe male, almeno per salvarci dall’ipocrisia che ci asfissia.
Con viva cordialità, Andrea Bellantone

Andrea Bellantone