Stragi nel Mediterraneo. Messina si mobilita per chiedere canali umanitari. LE FOTO

Per commemorare, ma anche per ribellarsi ad uno stato mondiale intollerabile. Per inchiodare il governo e l’Ue alle proprie responsabilità, senza accettare i pietosi scarica barile messi in atto in questi giorni, come da copione, dopo l’ennesima strage. Per chiedere l’apertura di corridoi umanitari e la revoca della direttiva Dublino III. Infine, per vergognarsi. Perché quegli oltre 700 morti, naufragati nel Mediterraneo – insieme alle oltre mille vittime solo nei primi quattro mesi dell’anno che vanno a sommarsi alle 4mila del 2014 – come ha dichiarato il cardinale Montenegro – pesano sulla coscienza di ognuno. Perché dopo l’ennesima strage annunciata nel Mediterraneo, che ha visto tra la notte di sabato e domenica rovesciarsi al largo della Libia un barcone con quasi 900 migranti a bordo, di cui solo poche decine sono i superstiti, non si può più stare a guardare. Per tutto questo, Messina è scesa in piazza, con due iniziative: il sit-in indetto dall’Arci, a cui hanno aderito i sindacati, e la fiaccolata organizzata da Cambiamo Messina dal Basso a cui ha partecipato Rifondazione Comunista insieme a parti del Pd.

La prima iniziativa è stata quella del circolo Arci Thomas Sankara, in occasione della giornata di mobilitazione cittadina proclamata dall’Arci Nazionale, che ha visto in concomitanza del sit-in di fronte alla Prefettura di Messina, uno organizzato a Roma a Palazzo Chigi e in altre città d’Italia. Hanno aderito all’iniziativa anche l’Arci Barcellona, l’Anolf Messina, Anymore Onlus e i sindacati confederati Cgil, Cisl e Uil. Hanno partecipato inoltre, alcuni membri di Sel e soprattutto tanti ragazzi degli Spraar di Messina e Barcellona ed ex minori non accompagnati reduci della tendopoli al PalaNebiolo. Il presidio dalle 17:00 si è protratto sino alle 19:00. “Aumentando i controlli e i mezzi per pattugliare le frontiere – spiega il documento condiviso dell’Arci – non si fermeranno le stragi come dimostra quest’ultima tragedia, in cui i morti potrebbero addirittura essere 900, avvenuta a poche ore da quella che ha portato a morire altre 400 persone. Chi scappa per salvare la propria vita e quella dei suoi cari non si ferma davanti al rischio di morire in mare. Si aprano subito vie d’accesso legali, canali umanitari, unico modo per evitare i viaggi della morte. Il governo italiano, in attesa che sia la Ue a farsene carico, riattivi subito un programma di ricerca e salvataggio in tutta l’area del Mediterraneo e chieda contemporaneamente all’ UE di farsi carico di un programma di ricerca e salvataggio europeo. Si sospenda il regolamento Dublino e si consenta alle persone tratte in salvo di scegliere il Paese dove andare sostenendo economicamente con un fondo europeo ad hoc l’accoglienza in quei Paesi sulla base della distribuzione dei profughi”.

L’Arci chiede, inoltre, la cancellazione dei dieci punti che saranno discussi giovedì al Parlamento Europeo e che prevedono, tra l’altro, il rafforzamento di Frontex e giustificano la distruzione delle barche con il pretesto della lotta ai trafficanti. Per quanto riguarda la delicata situazione di Messina, il Presidente del circolo, Patrizia Maiorana, denuncia, inoltre che “la Prefettura attua delle prassi non consone. Ci sono stati dei casi di richiesta di asilo, ad esempio, di persone somale, che aspettano ancora il nullaosta perché la Prefettura si ostina a chiedere la certificazione del reddito e della dimora, mentre la legge, con la direttiva accoglienza, non esige più questi due criteri”. L'avv. Carmen Cordaro, in rappresentanza dell'Arci, ha avuto un colloquio con la vice prefetto Maria Antonietta Cerniglia ed ha depositato le richieste dell'associazione.

Unanimi nella richiesta di canali umanitari per i rifugiati anche i sindacati che hanno aderito all’iniziativa. Per il segretario generale della Cisl, Tonino Genovese “la nostra incapacità di aiutare queste persone nei loro paesi ci impone di accoglierli e non permettere che muoiano in un braccio di mare. Il resto sono solo inutili parole che affondano nel mare insieme ai loro corpi”. Si schiera con chi richiede l’abrogazione della direttiva Dublino III – che costringe i migranti a effettuare la richiesta d’asilo nel paese di sbarco – il segretario generale della Cgil Lillo Oceano, mentre per Daniele David, del direttivo nazionale Cgil, il problema “non sono solo gli scafisti, ma le leggi che costringono le persone ad imbarcarsi sui barconi. L’Europa non può continuare ad essere una fortezza chiusa dove l’unica cosa che può circolare liberamente è la merce, ma non le persone”.

“Ero forestiero e non mi avete accolto”. Recita così lo striscione di apertura della fiaccolata che dalla Galleria Vittorio Emanuele è arrivata a Piazza Unione Europea. È il secondo evento della giornata che prende le mosse verso sera e a cui hanno partecipato anche i membri di rifondazione comunista, una parte del Pd e il mufti, importante esponente religioso, della comunità musulmana di Messina. Ha fatto in tempo a partecipare all’iniziativa anche il Sindaco Renato Accorinti. Non sono mancati, inoltre, gli assessori Sebastiano Pino e Patrizia Panarello insieme agli ex assessori Sergio Todesco e Filippo Cucinotta e ai consiglieri di Cambiamo Messina dal Basso Lucy Fenech ed Ivana Risitano.

“Le politiche guerrafondaie di respingimento e di segregazione portate avanti dall’UE e dall’Italia hanno causato un’autentica mattanza di uomini, donne e bambini nel Mediterraneo, la cui unica colpa è stata quella di fuggire da fame, guerre, guerriglie, colpi di stato, dittature militari, terrorismo, deportazioni, stupri di massa e torture – scrivono in una nota i membri di CMDB – Le nostre richieste sono: l’istituzione di un cordone umanitario organizzato da ONU e UE in cooperazione, che dalle zone di guerra permetta una migrazione sicura e protetta affinché queste fughe disperate non debbano finire più in tragedia, secondo la proposta formulata anche dal progetto MeltingPot; l’ingresso legale in Italia sfruttando l’art.10 della Costituzione; la cessazione delle attività dell’industria bellica italiana che è in palese contraddizione con l’art. 11 della Costituzione: se l’Italia ripudia davvero la guerra deve cessare di produrre e vendere armi. Il seguente articolo è, infatti, un minuscolo compendio delle enormi responsabilità italiane nei conflitti in Africa”. A fine giornata è stato letto il “padre nostro laico” pensato dallo scrittore Erri De Luca proprio per commemorare le morti nel Mediterraneo.

(Eleonora Corace)