Falso pentito Scarantino, atti a Messina per l'indagine sui magistrati

Falso pentito Scarantino, atti a Messina per l’indagine sui magistrati

Falso pentito Scarantino, atti a Messina per l’indagine sui magistrati

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mercoledì 07 Novembre 2018 - 09:50

Il procuratore capo di Caltanissetta, Bertone, conferma alle agenzie la trasmissione della sentenza sulla trattativa e la gestione del collaboratore sconfessato.

La procura di Caltanissetta ha trasmesso gli atti riguardanti la sentenza Borsellino quater alla Procura di Messina per valutare eventuali responsabilità che potrebbero ricadere sui magistrati che si sono occupati della gestione del falso collaboratore di giustizia Vincenzo Scarantino, le cui dichiarazioni portarono al "depistaggio pilotato" sulla strage di via D’Amelio.

“Circa una ventina di giorni fa – conferma all’AGI il procuratore capo di Caltanissetta, Amedeo Bertoneabbiamo trasmesso alla procura di Messina gli atti che riguardano i magistrati che hanno indagato sulla strage e dai quali sono scaturiti dal primo al terzo processo sull’attentato di via D’Amelio. Sara’ adesso la procura di Messina a fare le sue dovute valutazioni”.

A gestire inizialmente la collaborazione fu il pool di magistrati coordinati da Giovanni Tinebra, nel frattempo deceduto. Un’inchiesta complessa di cui si occuparono anche l’attuale avvocato generale di Palermo Annamaria Palma, il sostituto alla Direzione nazionale antimafia Nino Di Matteo, l’attuale procuratore aggiunto di Catania Carmelo Petralia.

Il quarto processo e’ poi scaturito dalle dichiarazioni del collaboratore Gaspare Spatuzza. Furono proprio le sue rivelazioni che contribuirono a dare una svolta alle indagini.

Intanto qualche giorno fa a Caltanissetta si è aperto il processo contro poliziotti accusati di calunnia in concorso con l’aggravante di avere agevolato con la loro condotta Cosa nostra, Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei, i quali, secondo la procura nissena, avrebbero manovrato le dichiarazioni rese dal falso pentito Scarantino, costringendolo a fare nomi di persone non realmente coinvolte. Contro di loro ha chiesto di costituirsi parte civile anche il ministero dell’Interno per il grave danno d’immagine.

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