La Corte dei conti tiene chiusi i rubinetti di Palazzo Zanca e fa l’“apologia” del dissesto

La Corte dei conti torna a bussare alle porte del Comune e, come consuetudine, non per portare buone notizie. Restano infatti in piedi le misure inibitorie disposte con la deliberazione n.58, in virtù della quale per Palazzo Zanca, dallo scorso mese di maggio, vige la «sospensione dei programmi di spesa non obbligatori ed indispensabili fino alla concorrenza dell’importo pari al disavanzo accertato al 31.12.2012, ed il divieto di assunzione di impegni e pagamento di spese per servizi diversi da quelli dovuti per legge».

Nello specifico, con delibera 186 – lunga 12 pagine ed adottata nella Camera di Consiglio dello scorso 9 Ottobre – la Corte dei conti prende atto dell’approvazione da parte del Consiglio comunale del Piano di riequilibrio; si riserva di entrare nel merito del documento di risanamento in separata sede; e conferma le misure interdittive ed inibitorie disposte con deliberazione n.58.

Oltre a continuare a tenere chiusi i rubinetti di palazzo Zanca, la Corte dei conti bacchetta l’ente, sostanzialmente affermando che nulla è stato fatto per superare le criticità e la «condizione di crisi strutturale prossima al dissesto», evidenziate tanto con la delibera 58, che prendeva in esame il consuntivo 2012, quanto con la delibera n.68, che invece analizzava e bocciava la relazione del I semestre 2013 (vedi correlati).

I magistrati contabili non sono rimasti soddisfatti delle misure correttive fatte arrivare da Palazzo Zanca sulla loro scrivania. «Le misure correttive di cui alla deliberazione di giunta n.516 del 4 luglio 2014 ed a quella consiliare 16/C dell’8 luglio 2013 – lamenta la Corte dei Conti – fanno in sostanza espresso rinvio all’adottando piano di riequilibrio finanziario pluriennale».

In pratica, il Comune non è stato in grado di proporre alcuna soluzione concreta ma ha semplicemente comunicato alla Corte dei conti che il percorso di risanamento prenderà il via grazie alle misure di medio e lungo respiro inserite nella manovra finanziaria decennale, approvata dal Consiglio comunale lo scorso 2 settembre ed attualmente sotto la lente d’ingrandimento della sottocommissione ministeriale

«In definitiva – si legge nella deliberazione n.186 – secondo quanto prospettato dall’Ente e ribadito sino all’ultima adunanza dai propri rappresentanti , la situazione di grave squilibrio strutturale dovrebbe essere affrontata adeguatamente e trovare superamento proprio attraverso lo strumento di risanamento, a cui l’ente affida espressamente l’attuazione delle misure correttive richieste dalla Sezione a seguito della pronuncia specifica n.58»

Il magistrato Gioacchino Alessandro, relatore in occasione dell’Adunanza della Corte dei Conti, solleva però qualche obiezione, prima ricordando che «in ordine a tale piano di riequilibrio, la Sezione in questa sede, non è chiamata a svolgere un giudizio di merito o prima ancora di ammissibilità della procedura, neppure implicito, essendo evidente che tali valutazioni sono rimesse a separata sede … ed all’esito dell’istruttoria affidata all’organo ministeriale»; e poi anche giungendo ad una conclusione non proprio positiva per il Comune di Messina: «ciò significa che…i gravissimi profili di squilibrio economico finanziario e le irregolarità riscontrate, ben perduranti e strutturali restano, allo stato attuale, irrisolte…».

La situazione era grave e lo è rimasta, senza che – agli occhi della magistratura contabile – si siano registrati progressi, neppure minimi. Tanto da indurre i magistrati di Palermo a ricordare che in «difetto di possibilità di successo della procedura di riequilibrio… si determina la necessità di tempestiva attivazione della procedura di dissesto».

E a proposito del tanto temuto dissesto, la Corte dei conti dei conti ne fa – inaspettatamente -quasi una “apologia” , sostenendo – con il conforto della deliberazione 309 della Sezione di Controllo della Corte dei Conti per la Regione Calabria – che il dissesto «lungi dal costituire ex se occasione o concausa di detrimento per l’ente, dischiude per converso uno scenario normativo ed operativo funzionale ad assecondare un itinerario gestionale virtuoso di ripristino e degli equilibri di bilancio e di cassa e per essi della piena funzionalità dell’amministrazione, a beneficio della collettività amministrata» .

Rifacendosi ad un pronunciamento del Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, n.4/1998, la Sezione di controllo della Corte dei conti di Palermo ricorda inoltre che il dissesto è anche «il mezzo per ristabilire le condizioni di tutela per i creditori e di par condicio tra gli stessi, poiché solo il dissesto evita “che la soddisfazione dei creditori, a causa del limitato patrimonio dell’ente, abbia luogo in favore di coloro qui primi veniunt, sulla base di circostanze contingenti, quali la consistenza delle somme giacenti presso il tesoriere e la durata del giudizio su cui si forma il giudicato» .

Tuttavia, sino ad oggi, il Comune di Messina ha ritenuto di non essere nelle condizioni di dover dichiarare default e ha deciso di scommettere tutto sul piano di riequilibrio. Il tentativo di aderire alla procedura istituita dall’ex decreto legge 274 va avanti dal 2012, ma – come rammenta anche la Corte dei Conti – senza esito sul fronte del risanamento dell’ente, visto che « i tempi di avvio del risanamento dell’ente – ma prima ancora quelli certi di definizione di tale strumento di risanamento- sono stati ripetutamente procrastinati… frustrando il fondamentale interesse pubblico a che si acceda tempestivamente alle procedure di risanamento…».

I magistrati contabili attribuiscono la “colpa” di tali continui rinvii anche ai numerosi interventi normativi – di cui l’amministrazione si è avvalsa – che «hanno prolungato a dismisura i termini necessariamente indifferibili entro cui attivare l’immediato risanamento dell’ente o quantomeno la relativa programmazione delle relative azioni…»

Con la delibera n.186, La Corte dei conti sollecita, quindi, « la più pronta definizione dell’istruttoria del Piano di riequilibrio e l’immediata adozione da parte dell’Ente di misure correttive minime di salvaguardia del bilancio e di garanzia dei servizi essenziali per la collettività – oltre all’immediata rimozione dei profili di grave irregolarità e di violazione di legge a sua tempo segnalati – onde evitare un’ulteriore deriva della situazione di precarietà e di crisi in atto».

I magistrati contabili invitano infine «l’ente ad astenersi da ogni comportamento difforme dalla sana gestione finanziaria e ad osservare una rigorosa ed imprescindibile politica di controllo degli equilibri fondamentali di bilancio, che tengano conto necessariamente degli organismi partecipati, e di contenimento delle spese»

La Corte dei Conti ribadisce che «restano ferme e cogenti le misure inibitorie disposte con la deliberazione n.58, non essendo peraltro mutate.. le esigenze di copertura del disavanzo di amministrazione registrato nel consuntivo 2012 e quelle di riconoscimento dell’imponente mole di debiti fuori bilancio che grava sul bilancio dell’ente e ne pregiudica gli equilibri presenti e futuri…»

Danila La Torre