Dissesto mai così vicino, manca l’accordo politico sulla proposta dell’Amministrazione Accorinti

Mentre il tempo a disposizione per imboccare la strada del risanamento del Comune, attraverso la procedura di riequilibrio, diminuisce, cresce la distanza politica tra Amministrazione e Consiglio comunale. Ed il dissesto non mai stato così vicino come adesso.

La delibera che la giunta Accorinti intende portare in Aula mercoledì 29 è stata depositata agli atti della Presidenza del Consiglio, ma su quella proposta manca sia il parere tecnico dei revisori dei conti che l’accordo politico.

I consiglieri comunali , infatti, non nascondono il proprio scetticismo sul percorso indicato dall’esecutivo di palazzo Zanca , che vuole sottoporre alla votazione dei rappresentanti del Civico Consesso il Piano decennale di riequilibrio targato Croce (vedi correlati), per incassare dall’aula il diniego propedeutico all’adesione al comma 573 della legge di stabilità, giustificandolo con il venir meno del contratto di servizio con l’Amam. Alle perplessità ”politiche” si aggiungono anche quelle tecniche, esplicitamente manifestate, in Commissione Bilancio, dal Collegio dei revisori dei Conti, che – per bocca del presidente Dario Zaccone – ha consigliato al vice-sindaco Guido Signorino di portare in Aula non il vecchio ma un nuovo Piano di riequilibrio, riavviando un iter totalmente nuovo.

Il problema principale è che non c’è neanche più tempo per discutere e confrontarsi, perché tra 24 ore bisognerà andare in Aula e votare. Signorino cercherà di convincere i consiglieri comunali dell’efficacia della sua strategia in Conferenza dei capigruppo, fatta convocare d’urgenza dalla presidente del Consiglio comunale Emilia Barrile. Se l’opera di “convincimento” non dovesse andare a buon fine, le probabilità che la delibera presentata dall’amministrazione passi saranno praticamente inesistenti visti i numeri in Consiglio comunale, dove ben 36 dei 40 consiglieri comunali sono di opposizione e per la prima volta pronti a far pesare il differente colore politico. L’idillio tra Giunta e Consiglio, che ha caratterizzato i primi 6 mesi dell’amministrazione Accorinti, sembra adesso solo un ricordo: le polemiche sulla Tares e l’errore nella previsione d’entrata dell’Imu nel bilancio di previsione 2013 hanno trasformato la fiducia dei consiglieri in scetticismo, proprio nel momento in cui Comune deve compiere l’estremo tentativo per evitare il fallimento. Per non farsi trovare totalmente impreparata, l’amministrazione comunale ha messo in piedi una bozza di nuovo Piano di riequilibrio, “imbastita” in poche ore a fronte dei sette mesi avuti a disposizione e che comunque non è stata ancora presentata ufficialmente e formalmente.

Le prossime ore saranno decisive, ma per il adesso, in fondo al tunnel c’è solo buio pesto. E l’unica cosa che si intravede è il default.

E a proposito di dissesto, interviene, con una nota, il rappresentante di CittadinanzAattiva ed anche ex esperto di Palazzo Zanca, Salvatore Vernaci, secondo cui il fallimento del non sarebbe il male peggiore per Messina.

Dopo aver ricordato che è il Consiglio comunale l’organo incaricato a deliberare il dissesto, spiega che «dalla dichiarazione di dissesto i Messinesi hanno tutto da guadagnare e nulla da perdere», almeno per due motivi. Innanzitutto perché «già pagano i tributi con aliquote al massimo e la refezione scolastica, gli asili, i servizi a domanda individuale, al 36 %; in secondo luogo perché «gli Impiegati non hanno nulla da temere, visto che il Comune di Messina dovendo avere, per legge, il rapporto di 1 dipendente per ogni 121 abitanti, deve avere n. 2023 dipendenti. In atto ne ha 1578 dipendenti di ruolo e n. 302 dipendenti fuori ruolo».

Vernaci chiarisce comunque che ad avere problemi a causa del default sarebbero però i creditori del Comune in quanto «si bloccano tutte le procedure esecutive in corso, non si possono intraprendere o proseguire altre procedure contro il Comune; eventuali pignoramenti eseguiti sono inefficaci, i debiti non producono più interessi né sono soggetti a rivalutazione monetaria, lo stesso dicasi per le anticipazioni di cassa, dove il Comune è pesantemente esposto.Tutta la massa debitoria viene ridotta tra il 40 ed il 60% del debito».

Per il rappresentante di CittadinanAttiva, il crack finanziario di Palazzo Zanca avrebbe addirittura anche un risvolto positivo, in merito alle conseguenze sugli amministratori: «Messina – conclude – inizierebbe il vero CAMBIAMENTO, perché quelli che la Corte dei conti individuerà come i responsabili del dissesto, non possono più ricandidarsi, né occupare cariche pubbliche per dieci anni».

Secondo Vernaci, quindi, sotto certi punti di vista, ci sarebbe quasi da augurarsi che il Comune fallisca. Tuttavia, nelle prossime ore sarà corsa contro il tempo per tentare di scongiurarlo il dissesto. (Danila La Torre)