Cinque anni di peripezie per un chiosco, la storia di Alberto che fa causa al Comune

«Mi chiamo Alberto Smedile, sono nato a Messina, ho 30 anni. Provengo da una delle famiglie più antiche di Messina nella produzione e vendita di gelati e granite, sono la quarta generazione di gelatieri di questa famiglia che tramanda da decenni tutte le metodiche artigianali di lavorazione di gelati e granite, ovviamente solo con ingredienti naturali senza alcuna aggiunta di prodotti chimici o simili. Fin da ragazzino ho intrapreso questo lavoro e imparato tutte le varie tecniche che mi sono state lasciate in eredità dai miei antenati. Così, nel 2009, decisi di aprire un'attività imprenditoriale. Iniziai a valutare le possibili soluzioni e gli spazi disponibili nella mia città finche ne trovai qualcuno e decisi di proporlo ai vari enti competenti per il rilascio di tutte le autorizzazioni. Mi confrontai con loro, iniziarono le lunghissime attese dietro gli uffici, dipendenti-dirigenti assenti e dopo diversi ping pong mi dissero che le mie scelte potevano essere valutate positivamente in quanto volevo aprire un'attività in totale legalità».

Inizia così la lettera di un giovane messinese che nella sua città ha provato ad avviare un’attività per continuare una tradizione di famiglia, mettere a frutto conoscenze e segreti trasmessi da nonni e bisnonni, che ha provato a crearsi un lavoro per non dover essere uno dei tantissimi che fanno le valigie e vanno via. Ma sulla sua strada ha trovato una serie di ostacoli e i soliti muri di gomma della burocrazia che hanno trasformato un progetto di vita in un lungo incubo. Un’odissea che ha voluto raccontare in una lettera che è soprattutto uno sfogo e una richiesta di aiuto.

«Nel 2010 presi la licenza necessaria per intraprendere questa attività e in contemporanea sviluppai e presentai un progetto a tutti gli enti di competenza. La prima richiesta venne bocciata, ne feci un’altra per un nuovo spazio che però era stato assegnato ad una parrocchia e allora realizzai un altro progetto. Prima di trovare l’ennesimo no però chiesi a tutti gli enti di competenza se era possibile chiedere un'altra area libera dove aprire un chiosco di granite e gelati, ma non mi diedero alcuna indicazione su dove era possibile realizzarlo e allora mostrai le mie soluzioni. Inizialmente mi dissero che l’area che avevo scelto andava bene, poi arrivò il parere negativo della Soprintendenza. Proposi altre due aree e mi dissero che neanche in questo caso le mie richieste potevano essere accolte».

Il racconto delle peripezie affrontate da Alberto per riuscire a trovare un luogo in cui realizzare il chiosco continua con la decisione di rivolgersi ad un avvocato, anche perché nel frattempo erano già trascorsi quattro anni senza concludere nulla. Riuscì a far revocare uno dei pareri negativi incassati negli anni precedenti ma i risparmi che aveva messo da parte stavano per terminare senza alcuna certezza che i suoi progetti sarebbero andati a buon fine.

«Andai all'ufficio Patrimonio e occupazione suolo pubblico del Comune per tutte le richieste necessarie. File interminabili, impossibilità di parlare direttamente con il dirigente, mesi di code e ancora attese davanti gli uffici. E, finalmente, nel 2014 arrivò una risposta. Chiesero ulteriori dettagli del progetto a cui risposi puntualmente, e poco dopo mi dissero che non la mia richiesta non sarebbe stata accolta. Allora decisi di consultare nuovamente il mio legale di fiducia e un tecnico tecnico per capire se c’erano stati errori, mi dissero che era tutto in regola, anche secondo il regolamento Cosap vigente. Prima di intraprendere un’azione legale contro il Comune provai però a parlare di persona con il Dirigente, volevo dimostrare con carte alla mano tutta la regolarità della mia situazione».

Alberto racconta di aver risposto al rifiuto di un colloquio da parte del Dirigente entrando comunque nel suo ufficio e scatenando la sua ira. Sono volate parole forti, Alberto scrive di essere stato liquidato con un “non ho tempo da perdere con te”. Così, deluso e incredulo, decise di avviare un'azione legale che ancora non si è chiusa.

«Oggi mi ritrovo ad aver perso tutti i risparmi che faticosamente avevo messo da parte negli anni e ad aver perso tempo perché a distanza di più di 4 anni e non ho nulla in mano, nonostante tutta la mia buona volontà a fare qualcosa di positivo in una città piena di giovani senza lavoro e senza speranze per il futuro».

Alberto Smedile