Inchiesta Messinambiente, ecco come Di Maria e Inferrera intascavano le mazzette

Hanno il braccialetto elettronico le cinque persone finite ai domiciliari nell'inchiesta su Messinambiente. A distanza di dieci anni dalla prima maxi inchiesta, quella che portò al commissariamento della società mista e alla sua successiva trasformazione in utility in house, la Procura di Messina è tornata a scoperchiare il calderone costituito dagli affari fatti all'ombra della "munnizza".

Quella sfociata nel blitz di oggi è soltanto una parte dell'inchiesta più generale. L'ex liquidatore Di Maria (NELLA FOTO IN ALTO) l'uomo che teneva la cassa Inferrera (NELLA FOTO IN BASSO), il broker barcellonese Buttino e gli imprenditori Di Vincenzo e Gentiluomo sono finiti sotto la lente dei carabinieri del Nucleo Investigativo, diretto dal maggiore Ivan Boracchia, e della sezione di PG della Polizia ai comandi del Vice Questore Fabio Ettaro.

A coordinare le attività è stata il pm Stefania La Rosa accanto all'aggiunto Sebastiano Ardita, coordinatore di un pool di investigatori ancora più ampio, composto da altri sostituti e con attività delegate anche ad altre sezioni investigative.

"Il numero degli indagati complessivi è notevolmente più ampio" ammette infatti il procuratore capo Guido Lo Forte, mentre Ardita annuncia che sono in valutazione richieste di sequestro per equivalente, ossia c'è la possibilità che vengano "congelati" parte dei beni e del denaro degli indagati.

"Certamente – prosegue Lo Forte – emergono dei profili di responsabilità che saranno oggetto di valutazione della magistratura contabile". Per i magistrati Messinambiente è stata gestita come fosse una società pubblica soltanto quando si trattava di chiedere soldi al Comune e all'Ato per ripianare i debiti, come società privata quando si è trattato di gestire subappalti e forniture, e più che come società privata sarebbe stata letteralmente adoperata a scopi personalistici. Gli investigatori hanno infatti scoperto che coloro i quali gestivano i mandati di pagamento delle società, dal liquidatore Di Maria al funzionario amministrativo contabile Inferrera, hanno liquidato fatture gonfiate così da mascherare veri e propri pagamenti che tornavano poi nelle loro tasche. Ecco come. Tra l'agosto 2011 e il luglio 2014 Inferrera e Di Maria hanno liquidato a Marcello Di Vincenzo della Mediterranea srl e presidente della coop Rete Abile, diversi mandati di pagamento per manutenzione e riparazione dei mezzi e il servizio di raccolta della spazzatura.

In compenso Di Vincenzo ha pagato a Inferrera 41 mila euro come pagamento di una consulenza finanziaria, conferita nel luglio 2011 da Di Vincenzo ala Fin Consulting e alla Fin service di Inferrera. Lo stesso meccanismo sarebbe stato replicato con la Gentiluomo di Francesco Gentiluomo, che ha avuto in appalto il conferimento dei rifiuti in discarica nell'ottobre del 2013. La ditta nello stesso mese ha liquidato l'ultimo pagamento per la consulenza della Fin Consulting.

A Inferrera la Procura contesta poi una ipotesi di peculato e di truffa aggravata perché la Finconsulting nel 2013 ha acquistato 3700 euro circa di solventi, per poi rivenderli alla Gestalm a tre volte tanto. La Gestam a sua volta li ha venduti a Messinambiente, che ha così acquistato prodotti pagandoli 3 volte almeno il loro valore. Discorso a parte merita il coinvolgimento del broker barcellonese Buttito. I cinque saranno interrogati domattina dal Gip Giovanni De Marco. Sono accusati a vario titolo di corruzione, truffa aggravata finalizzata al peculato, abuso d'ufficio, contestati dal 2011 al 2014.

La Procura prima della scorsa estate aveva chiesto l'arresto in carcere, rigettato dal Gip, che ha accolto successivamente la nuova richiesta ai domiciliari, accompagnata da ulteriore e più recente materiale investigativo. Le cinquanta pagine siglate dal Gip Giovanni De Marco lasciano però intravedere uno spaccato più ampio. Le intercettazioni telefoniche svolte a carico degli altri indagati si concentrano su fatti molto più recenti – riguardano per esempio la discarica di Pace – e gettano una luce inquietante su un giro di polizze assicurative stipulate sui Nebrodi e parecchio sospette.

Alessandra Serio