Il fallimento dell’Acr Messina specchio della città. Un bando per la serie D

Dopo di noi non ci sarà più calcio a Messina” dissero i Franza nel 2008. E così fu. Non perché fossero gufi o jettatori ma perché questa è la fotografia di una città che non ha trovato più imprenditori in grado di sostenere una squadra nel calcio che conta.

Peggio, dall’asta fallimentare in poi (primavera 2009), finimmo nelle mani di figure di ogni genere, al limite tra il giudiziario e l’incapace.

La mancata iscrizione in C dell’Acr e il fallimento mi convincono sempre più che le sorti di squadra e città sono legati, sono speculari.

La discesa negli inferi della squadra che resta fuori dalla serie C è lo specchio di Messina, piombata nel peggior stato di degrado.

Se dovessimo scattare la fotografia oggi, nel 2017, Messina è questa: devastata dagli incendi, sporca, piena di rifiuti, sciatta, le strade dissestate, una condizione economica sull’orlo del default, fuori davvero dalla serie A, B e C in ogni senso. Manca solo l’invasione delle cavallette e siamo nel medioevo del 2000.

Mentre la città si spopola di giovani e non solo, quel che più allarma è il senso di resa, di rassegnazione, come se precipitare fosse ineluttabile e nessuno avesse più la forza di porre un argine alla caduta.

Le due immagini, Acr e Messina sono speculari in più di un punto.

1)Oltre 2 milioni e mezzo di debiti all’Acr non sono spuntati nella notte tra fine febbraio e il 1 marzo quando Proto ha acquistato la squadra. La mole debitoria Proto l’ha ereditata da quellicheceranoprima. Sulle spalle si è preso un fardello accumulato, in modo anche disinvolto, da chi ha guidato la squadra in quasi un decennio, dal 2009 in poi. Allo stesso modo Accorinti ha ereditato le macerie ed un dissesto nei fatti lasciati da quellicheceranoprima. Anche il sindaco si è trovato una mole disastrosa di macerie provenienti da chi ha guidato la città negli ultimi 10 anni, in modo altrettanto disinvolto dei “colleghi” dell’Acr.

I debiti non sono stati creati né da Proto né da Accorinti. Li hanno ereditati.

Entrambi però quando si sono quando si sono seduti nella poltrona di presidente e di sindaco erano perfettamente a conoscenza della situazione disastrosa che andavano ad affrontare.

Non sono stati bendati, erano pienamente consapevoli che le due poltrone erano posizionate sopra un rogo.

Entrambe sono senza dubbio due brave persone, sinceramente animate da buoni propositi, passionali ed entusiaste ma evidentemente troppo superficiali nell’affrontare la gravità della situazione. Non bastano le buone intenzioni.

Proto, ad esempio, da uomo di calcio e da imprenditore navigato, non avrebbe dovuto a marzo affrontare questa avventura se non era certo di avere una solidità economica in grado da solo di coprire le cifre necessarie.

Avventurarsi in un tunnel senza uscita contando sulla pacca sulle spalle di chi magari gli ha detto, stando a quanto racconta Proto, “vai avanti finisci il campionato e poi ti aiutiamo noi”, è quantomeno da ingenui. Sicuramente non è un comportamento avveduto. Se intraprendo un lungo viaggio metto in valigia carta di credito, farmaci, vestiti, tutto l’occorrente per sopravvivere senza contare su improbabili compagni di viaggio che potrebbero anche non presentarsi all’aeroporto il giorno della partenza.

Proto è arrivato con un Messina in agonia, il suo si è rivelato un accanimento terapeutico con l’aggravante che non ha detto chiaramente come stavano le cose.

E’ vero, è stato lasciato solo. Ma avrebbe dovuto essere prudente nelle dichiarazioni ottimistiche e lanciare un allarme forte, serio, sin da aprile.

Anche Accorinti probabilmente ha creduto nelle pacche sulle spalle che qualcuno, soprattutto tra i partiti, gli ha dato durante il ballottaggio “vai avanti che lungo la strada ti aiutiamo”. Salvo poi, girato l’angolo e il vento lasciarlo solo. E’ rimasto col cerino in mano. Certo il sindaco ci ha messo del suo, ma questa è un’altra storia.

Adesso abbiamo una città in ginocchio sotto ogni punto di vista. L’acqua erogata, le fiamme, l’incuria, i giovani che vanno via, il dissesto, i fallimenti.

Sono dell’idea che quando ci sono i rami secchi devono essere tagliati.

Adesso non è tempo per piangersi addosso e distribuire le responsabilità che sono sempre degli altri e mai le nostre.

Non c’è tempo per stare sul gradino del San Filippo a ricordare i bei tempi andati e a tirare sassi a Proto piuttosto che a Stracuzzi o Lo Monaco.

Nel ’93 abbiamo iniziato la risalita dagli inferi finendo addirittura in serie A.

Nel 2009 vi fu l’asta fallimentare (finita peraltro nel peggiore dei modi…..).

Nel 2017 una strada c’è e passa proprio dal sindaco Accorinti.

Le squadre di città blasonate possono contare su una via d’uscita, rivolgendosi al Presidente della FIGC Tavecchio per chiedere l’scrizione in serie D. Lo deve fare il sindaco a nome della comunità e nel contempo provare a vedere se in giro ci sono imprenditori (o società già esistenti) in grado di sostenere un campionato senza accumulare nuovi debiti attraverso un bando.

Il sindaco di Mantova Mattia Palazzi lo sta facendo in tempi record. Ha firmato un bando in meno di una settimana che consentirà a chi vuol proporsi al timone della squadra di presentare le offerte. Un comitato cittadino le vaglierà e deciderà entro il 25 luglio a chi affidare il titolo sportivo di serie D che il sindaco richiederà alla Figc. Gli imprenditori, non solo di Mantova, si stanno già facendo avanti.

I tempi sono stretti, per quanto la situazione sia disperata.

E’ vero, a Messina non c’è più stato calcio dagli anni dei Franza, ma ci sono i tifosi e la città. Ed è da qui che possiamo ricominciare.

Ai tempi di Martorano presidente del Messina, periodo nel quale io sono stata addetto stampa (come nel periodo successivo con Manfredi presidente) ricordo un tifoso che disse “inutile piangere sul latte macchiato”, facendo un errore, usando il termine macchiato invece che versato. Aveva ragione, era un latte macchiato da troppe “sporcizie” ed errori di vario genere.

Probabilmente è tempo di gettare via quel latte troppo pieno d’impurità e trovare nuova acqua per dare risposta alla sete dei tifosi.

Rosaria Brancato