Andiamo a votare per i referendum su trivelle e Italicum. Le urne potrebbero diventare solo un ricordo

Oggi non voglio dire perché è importante andare a votare sì o no il 17 aprile o sì o no al Referendum Costituzionale in autunno. Mi preme di più dire perché a mio giudizio è importante è andare a votare. Dobbiamo andare a votare per evitare che il voto diventi un ricordo. Rischiamo che in futuro le occasioni di votare saranno sempre più rare. A un certo punto, nelle scorse settimane, quando già era nota la data del referendum sulle trivelle mi sono accorta che l’argomento non esisteva. Se ne parlava solo sui social network. Dobbiamo dire “grazie” all’ex ministro Guidi se ne parliamo un po’ di più. Prima della vicenda l’argomento non aveva spazi sui media. A fine marzo ho sentito dichiarare alla Serracchiani ed a Guerini: il referendum sulle trivelle è inutile, e il Pd ha invitato all’astensionismo. Già il fatto che la sinistra inviti a disertare le urne è paradossale, ma queste dichiarazioni mi hanno riportato alla mente l’invito: andate al mare, di Craxiana memoria. Quando Craxi, nel ’91, invitò ad andare al mare invece che votare per il referendum Segni il Paese rispose con 30 milioni d’italiani alle urne (il 62%) ed oltre il 95% di sì.

Da un paio di anni c’è la tendenza a far sì che gli italiani vadano a votare il meno possibile. Pezzo per pezzo stanno cancellando la democrazia rappresentativa. Il referendum diventerà uno dei prossimi orpelli che cercheranno di eliminare. Soprattutto quello Costituzionale. Quello sarà lo spartiacque tra il prima e il dopo. Con il Referendum Costituzionale è in gioco la libertà di ognuno di noi anche di non andare a votare.

Forse pochi siciliani sanno che il 25 settembre 2015 l’Ars ha detto no al referendum sulle trivelle. O meglio, il Pd di Crocetta ha detto no al referendum. Sembra un dettaglio ma non lo è: un conto è dire no al quesito e quindi opporsi ad una determinata proposta, un altro conto, ben più grave, è impedire ai cittadini di esprimersi. Proprio la vicenda trivelle si gioca sulla pelle dei siciliani più che in altre regioni. Invece, quel 25 settembre, quando l’Ars è stata chiamata ad esprimersi sul referendum la proposta è stata bocciata dal Pd e dal Megafono. I deputati Dem non volevano il referendum e persino Crocetta ha detto no. Il messinese Filippo Panarello si è astenuto. Ad essere favorevoli invece M5S, Udc, Ncd, Sicilia Democratica, Lista Musumeci. Per fortuna non votò solo la Sicilia ma anche Basilicata, Puglia, Marche, Molise e Sardegna. Insomma, alla fine il referendum si fa, ma se fosse stato per il Pd siciliano il fatto che ci trivellino o meno il territorio non è questione sulla quale chiedere l’opinione dei cittadini. Ho voluto ricordare questo passaggio in Assemblea regionale perchè è questo il rischio che si corre quando si delega troppo ad altri, quando si dà troppa fiducia a chi abbiamo eletto.

Ti fregano quando meno te ne accorgi. Basta un attimo.

Il fatto che in Sicilia non ci volevano far votare è un motivo in più per recarsi alle urne il 17 aprile, indipendentemente dal sì e dal no. Definire inutile un referendum, invitare all’astensionismo è un campanello d’allarme, vuol dire che c’è puzza di bruciato. Non è mai inutile chiedere a un cittadino come vuole essere governato. Ma questa classe dirigente sta diventando talmente autoreferenziale da considerarsi utile e onnipotente. La democrazia sta diventando un optional.

La colpa ce l’ha Calderoli e quel suo “porcellum” che ha aperto la strada agli amici della Vecchia Fattoria. L’Italicum infatti è l’allievo che supera il maestro, è il superporcellum perché abolisce direttamente le elezioni al Senato. Va oltre il maestro porcellum che si era limitato a far eleggere in liste blindate gli yes man scelti dal capo. E’ così accaduto che una classe dirigente eletta grazie al Porcellum (dichiarato incostituzionale) decide da sola come restare abbarbicata al Potere senza passare dall’urna. Molto più geniale del banale porcellum, infatti, l’Italicum blinda i capilista ma fraziona i collegi moltiplicando i nominati. Per non parlare della soglia di sbarramento e di un premio di maggioranza pensato consegnare il Parlamento in mano ad un premier e schiacciare i partiti minori con il ricatto e il timore di non essere eletti. Ma il colpo di vero genio è cancellare con un tratto di penna il Senato. A seguire vanno in fumo le autonomie delle Regioni e l’omicidio delle Province. Quel che non è riuscito a Calderoli lo ha fatto Renzi a colpi di fiducia grazie ad un Parlamento di nominati e quindi capo-dipendenti. Quanti di questi deputati è in grado di dire: i voti con i quali sono stato eletto sono i miei? La gente ha scelto me? Quanti devono dire grazie alle logiche del servilismo, del nepotismo e affini?

Dalle dimissioni di Berlusconi in poi abbiamo avuto ben 3 presidenti del Consiglio che non sono stati scelti dalle urne, Monti, Letta e Renzi. E’ così che si sta facendo strada l’idea, grazie anche all’astensionismo record, che agli italiani non interessi più votare. Persino le primarie stanno diventando barzellette, tra cinesi, rumeni, extracomunitari, in fila ai gazebo, indagini, ricorsi, euro pagati ad elettori di centro-sinistra. Drogando le primarie, (con il vincitore scelto dal capo) automaticamente bluffiamo sulle elezioni.

Infine l’abolizione delle Province. In realtà hanno cancellato solo il voto ai cittadini per lasciare il potere ai partiti. Pensate alla riforma dei Liberi Consorzi e delle Città Metropolitane in Sicilia. Presidente dell’ex provincia e sindaco metropolitano saranno scelti da elezioni di secondo livello. Gli eletti si eleggeranno tra di loro, come nel feudalesimo. I partiti ci andranno a nozze con questa norma. Non vincerà il migliore, vincerà il miglior accordo sotto banco.

Trasformismo e finto bipolarismo, sposati al porcellum, mi hanno resa nostalgica del proporzionale che tutelava i partiti minori, quei “poveretti” che non seguono la massa, il pensiero unico, che non cambiano maglia per mantenere il portafoglio. Le minoranze oggi sono quelli che credono nella libertà nel pensiero diverso.

Ricordate i referendum sull’aborto, sul divorzio? Il Paese si mostrò più avanti di chi stava chiuso nei Palazzi.

Ecco perché penso che il 17 aprile e ad ottobre si deve andare a votare. Perché un giorno ai nostri nipoti potremo raccontare delle ultime volte che è stato possibile farlo.

Rosaria Brancato