Waiting for Genovese: essere o non essere Pd?

Mentre la stragrande maggioranza dei messinesi è alle prese con la dolorosissima somministrazione dell’imposta sul cetriolo (mix micidiale composto da una tonnellata di Tares, una spruzzata di Imu ed un pizzico di Amam) c’è uno sparuto gruppo di persone afflitto da un profondo turbamento dell’anima, così intenso da togliere il sonno la notte e rendere invivibili le giornate. Persino l’atmosfera natalizia, le luminarie, il suono degli zampognari è per costoro un supplizio, devastati come sono da un dilemma amletico: dove andrà Genovese?

Stiamo parlando dei fedelissimi, di quelli che lo hanno votato capoclasse alle elementari e non l’hanno più lasciato, quelli che quando cantava nel coro della Chiesa gli battevano le mani estasiati durante la messa beccandosi il rimprovero del prete (ah, scusi, ma non è il piccolo Francantonio la guest star? Chi, Gesù?), quelli che in 19 mila il 30 dicembre 2012 lo hanno votato incuranti del fatto che fossero primarie per il parlamento pur di dimostrargli amore eterno.

Se pensate che sia poca cosa il tarlo che rode il cervello degli ultragenovesiani allora siete senza cuore e non avete mai amato: Essere o non essere del Pd?

D’altro canto lui, anzi, Lui, con il consueto aplomb non batte ciglio e non dà cenni ufficiali o ufficiosi sul suo percorso, costringendo i sofferenti a fargli domande a trabocchetto o interpretare i suoi gesti. C’è persino chi ha frugato tra la sua posta sperando di scoprire una cartolina di Alfano, chi è andato dal chiromante, chi si apposta sotto casa per vedere se ha smesso di leggere Repubblica per passare a Libero. Il problema, per i fedeli-fino-alla-morte, è molto più serio di quanto si possa pensare. E’ un vero e proprio tormento interiore. Sono pronti con la valigia ma non sanno né quando dovranno andarsene, né cosa mettere dentro. Già, perché, se si parte in inverno in valigia devi mettere roba pesante, mentre se parti in primavera, alla vigilia delle Europee, devi cambiare abbigliamento. E’ vero che non ci sono più le mezze stagioni ma mica ti puoi presentare in un nuovo partito con roba fuori moda… Quindi i fedelissimi stanno soffrendo, un’angoscia silenziosa ed inesorabile, perché, come una catena, da dubbio nasce dubbio.

Ad esempio, dopo aver imparato a memoria e con fatica l’Inno Pd della Nannini e studiato la vita e le opere di Bersani, adesso, cosa dovranno cantare? Alfano ce l’ha un inno? Formigoni preferisce note più clericali? Nell’incertezza pare che molti stiano imparando l’ultima di Gianni Morandi “solo insieme saremo felici”, che ha una valenza simbolica e può essere usato come mantra. Ma se Genovese si accorge che nel Nuovo Centro Destra non c’è abbastanza spazio per tutti i big messinesi e decide di spostarsi dal mitico Silvio in Forza Italia, dove ci sono praterie, dovranno cantare Apicella? E se, si angosciano la notte i superfedeli, “invece Lui decide di restare nel Pd e, dio non voglia, è sul serio diventato renziano????”

Di solito è a questo punto che il sonno svanisce per sempre e contare le pecore non li aiuta. I più gravi non riescono a riaddormentarsi neanche contando i Circoli del Pd a Messina o i voti presi da Genovese. Le primarie dell’8 dicembre per loro sono state una tortura. L’ex sindaco ha lasciato libertà di voto, che i più hanno interpretato come lo sciogliete le righe per l’addio. Ma gli angosciati, i dilemmati, si sono chiesti: e se il suo è un trucco e vuole vedere fino a che punto siamo fedeli? Se la sua è una trappola per i renziani, così prendono sette voti e poi vanno da Lui in ginocchio per supplicarlo di portargli le truppe cammellate? Già, che fare?

Ho saputo di superfedeli indecisi se andare a votare Renzi travestiti con barba e baffi e carta d’identità finta (“tanto, dicevano, l’anno scorso alle primarie sono andato a votare 8 volte, due delle quali con la carta d’identità del mio trisavolo, una con la tessera Atm, le altre 5 con lo scontrino della Coin e nessuno se ne accorto, se ne accorgono giusto ora?”) oppure restare a casa e guardare Barbara D’Urso per abituarsi al nuovo clima politico-intellettuale. I secondi, per la verità, dopo 10 minuti della D’Urso sono caduti in depressione ed hanno avuto seri conflitti di coscienza.

Ma il terrore più grande dei supergenovesiani è un altro: e se va via senza di me?

“E se una mattina mi sveglio e scopro che se ne sono andati tutti con Alfano, Germanà e Garofalo e nessuno mi ha detto niente? E se Lui va via con D’Alia e si scorda di me, ricomincia una nuova vita e mi lascia con questa gentaglia? Che succederà di me, subirò ritorsioni dai renziani? Quero e Russo mi costringeranno a mettere i jeans attillati a vita bassa e la camicia bianca? Mi costringeranno a comprare il libro di Giacomo D’Arrigo sui giovani sindaci Pd? O peggio, a leggerlo? Sarò costretto a fare palestra e dire addio all’arancino per mettermi quei jeans??? Dovrò fare il lifting e sembrare simpatico? Oddio, che destino ingrato”.

Alla fine, stremati dalla tensione, rosi dal dubbio, angosciati dall’incertezza hanno deciso di scrivere una letterina a Babbo Natale affinchè lenisca le loro sofferenze.

Caro Babbo Natale, ti prego, dammi un cenno. Non voglio niente di materiale, non un biglietto omaggio della Caronte, un posto in un ente di formazione, una candidatura al condominio. Giuro, cambio vita. Mi sto disintossicando, ma, ti prego dammi almeno un cenno, e io capirò. Fa che Lui mi porti con sé ovunque vada,ma non lasciarmi nell’incertezza. Ho accettato tutto in questi anni, ho votato persino quel comunista di Bersani, ho partecipato a quelle cose lì, come si chiamano, le feste dell’unità, ma l’ho fatto solo per la salsiccia, ho votato persino Crocetta, ho sopportato di tutto. Io non ci volevo stare in questo Pd, stavo persino per iscrivermi alla Cgil, ma poi ho detto, no, il troppo è troppo. Ti prego Babbo Natale dammi un cenno. Faccio pure un fioretto, se Genovese dice dove va e mi porta con sé sono pronto a cantare Forza Italia l’1 gennaio a Piazza Cairoli. Ma forse no, meglio Morandi, solo insieme noi, saremo felici…..”

Rosaria Brancato