Cronaca

Cas, quel processo non s’ha da fare

Il 18 ottobre scorso avrebbe dovuto cominciare il processo di primo grado sugli incentivi progettuali al Consorzio Autostrade Siciliane, che vede imputati una cinquantina tra dirigenti e responsabili progettuali dell’ente di contrada Scoppo. Invece il prossimo 18 aprile saremo ancora alla discussione sull’ammissione delle parti civili.

Ieri mattina il Tribunale ha chiamato regolarmente l’udienza, ma uno dei difensori degli imputati ha chiesto un rinvio per legittimo impedimento. Lo stesso era successo all’udienza precedente di fine gennaio.

Il 18 ottobre scorso, invece, è stato dato appena il tempo al Sindacato Lavoratori Autostrade di chiedere di essere ammessa come parte civile. Poi, sempre per impedimento dei difensori, è stato aggiornato tutto alla prossima data utile, durante la quale i legali dovrebbero spiegare perché non vogliono il sindacato tra le parti civili.

La sigla dei lavoratori, rappresentata dall’avvocato Graziella Franchina, in questi anni ha stilato diverse segnalazioni e denunce contro la cattiva gestione del CAS, già ammesso come parte civile.

Il processo, lo ricordiamo, è quello contro i dipendenti finiti nel mirino della Procura per gli incentivi progettuali incassati a fronte di progetti, secondo i magistrati, inesistenti o inconsistenti, ai quali veniva contestato a vario titolo, i reati di peculato e falso ideologico.

In fase di udienza preliminare il giudice aveva effettuato una sorta di scrematura e rispetto a lungo elenco degli indagati iniziali aveva mandato a giudizio i dirigenti, i rup e quelli che avevano intascato incentivi più alti, a fronte a volte di progetti mai partiti e quindi anche di lavori mai liquidati alle imprese.

Gli accertamenti della Direzione Investigativa Antimafia, coordinati dal sostituto procuratore Stefania La Rosa sfociarono nell’aprile 2017, nella sospensione delle funzioni per sei dipendenti e il sequestro ad altri sei ex dirigenti, non sospesi perché nel frattempo erano andati in pensione o erano tornati nelle loro amministrazioni d’origine.

La sospensione dall’esercizio pubblico, per la durata di 6 mesi, era scattata per il sindaco di Montagnareale Anna Sidoti, Antonio Lanteri, Stefano Magnisi, per Angelo Puccia, Gaspare Sceusa e Alfonso Schipisi.

Maxisequestro di beni, invece – quasi un milione di euro complessivamente – per il palermitano Carmelo Cigno, per il dirigente Letterio Frisone, per Carmelo Indaimo, per Antonino Francesco Spitaleri, per Antonino Liddino e per il siracusano Corrado Magro.

Tutti, tranne i pochi pensionatisi nel frattempo, sono ancora regolarmente in servizio.