I beni della Cooperativa Italia e la proprietà dello stabile: Sturniolo fa un esposto alla Regione

Caso controverso, quello dello stabile dell’ex Casa del Portuale, non solo per le difficoltà di stabilire a quale istituzione realmente appartenga – se Regione o Comune – ma anche per quanto riguarda la gestione dei beni della cooperativa Italia, da quando ha smesso di utilizzare lo stabile ad oggi. E proprio quest’ultimo problema è l’oggetto principale dell’esposto alla Regione Sicilia presentato dal consigliere comunale di Cambiamo Messina dal Basso, Luigi Sturniolo. L’esposto ha come oggetto “l’immobile Casa del Portuale in via Alessio Valore, Messina”, ed è destinato agli assessorati regionali dell’Economia e Patrimonio e delle attività Produttive, ma viene indirizzato anche all’assessore comunale al Patrimonio e Vicesindaco Guido Signorino, proprio per la parte che riguarda il fare luce sulla reale proprietà dell’edificio.

Luigi Sturniolo chiede di sapere se “la cooperativa, in liquidazione, ha continuato a versare il canone di locazione a suo tempo pattuito; in caso negativo, come mai non è stato ingiunto al commissario liquidatore di liberare i locali dai beni mobili della cooperativa”, inoltre, per quanto riguarda sempre il commissario liquidatore della cooperativa Italia, Placido Matasso, Sturniolo vuole avere risposte su “quali rimborsi spesa sono stati corrisposti al commissario liquidatore dalla data di nomina (17.11.2011) ad oggi, visto che all'ultimo bilancio depositato (al 31.12.2010) risultano disponibilità liquide per € 44.228,00 di cui € 6.142 in depositi bancari e ben € 38.086,00 come denaro e valori in cassa”.

I beni della vecchia cooperativa Italia ancora contenuti nello stabile e la loro gestione sono diventati un motivo di scontro, in seguito all’occupazione dell’ex Casa del Portuale ad opera degli attivisti del Teatro Pinelli, tra gli stessi attivisti e il commissario liquidatore della cooperativa, Placido Matasso, responsabile dei beni rimasti ancora nell’edificio. Se quest’ultimo a sporto denuncia per occupazione abusiva, gli attivisti hanno sempre rinfacciato al liquidatore di aver abbandonato per ben due anni i beni che per legge ha sotto custodia.

Andando per ordine, come ricostruito dallo stesso Luigi Sturniolo, il 17 Novembre del 2011 con provvedimento n. 551 dell'Assessore Regionale Attività Produttive la Cooperativa Italia “è stata posta in liquidazione, con nomina a Commissario liquidatore del Ragioniere Placido Matasso; L'edificio denominato "Casa del Portuale", che ospitava la sede legale della cooperativa in via Alessio Valore n. 39 (Messina) a seguito della messa in liquidazione della Cooperativa Italia, è stato incamerato tra i beni inalienabili della Regione Siciliana”.

Poi l’occupazione da parte del Teatro Pinelli il 25 Aprile 2013, azione che segue quella avvenuta il 15 dicembre del 2012 quando numerosi attivisti riaprirono dopo diciassette anni il Teatro in Fiera. Come sottolineato dallo stesso Sturniolo, l’iniziativa si colloca “nell'ambito di una campagna di valorizzazione e recupero di beni pubblici in disuso”. Una volta entrati gli attivisti del Comitato denominato Teatro Pinelli hanno dichiarato di essersi trovati di fronte ad uno scenario da film di guerra: “sembrava un posto abbandonato in seguito ad un allarme atomico”, ha più volte commentato, ad esempio, l’attivista Claudio Risitano.

“L'edificio si presentava in evidente stato di abbandono – spiega Sturniolo- come si evince dalle fotografie allegate, con intere porzioni di impianto elettrico rubato o divelto, l'area esterna invasa da erbe e rifiuti pericolosi di ogni genere, con rischio di danno ambientale trattandosi di fusti di olio industriale, copertoni e materiali ferrosi in genere; alcune porzioni di intonaco erano distaccate a seguito di umidità; parte della sala centrale si presentava come cantiere aperto, essendo stati interrotti i lavori di ristrutturazione avviati dalla cooperativa Italia; l'ambiente dell'officina risultava chiaramente essere stato utilizzato, nei 17 mesi intercorsi dalla messa in liquidazione all'ingresso del Comitato, come sede di ricettazione per materiale di non definibile provenienza (trovati numerosi reperti di automobili, pezzi di ricambio, impianti stereofonici); il materiale della cooperativa Italia era malamente e variamente distribuito in tutto lo spazio dell'edificio, con evidente incuria nella custodia di beni che il commissario liquidatore avrebbe dovuto gestire; i mezzi meccanici si trovavano all'aperto, esposti agli agenti atmosferici che ne hanno gravemente compromesso la funzionalità”.

Nel periodo intercorso tra l’occupazione e lo sgombero avvenuto il 19 Gennaio 2014 i pinelliani hanno dato vita ad una sorta di ristrutturazione fai da te dello stabile: ripristinando la funzionalità dell'impianto elettrico, completando i nuovi servizi igienici cominciati e mai finiti dalla cooperativa Italia, eseguendo tutte le opere di manutenzione ordinaria nell’edificio.

L’occupazione dell’ex Casa del Portuale in una zona costellata da edifici abbandonati ed in disuso – solo di recente il primo piano degli ex Magazzini Generali è stato ristrutturato per dare vita al ricovero per clochard – ha sollevato duri scontri anche nelle sale di Palazzo Zanca. Il dibattito più accanito scoppiò nel corso di una riunione della X commissione sui beni comuni per poi protrarsi in Consiglio Comunale e culminare in una conferenza stampa indetta dai capigruppo di tutti i partiti meno Cambiamo Messina dal Basso – i cui consiglieri hanno seguito le dichiarazioni dei colleghi nelle file occupate dagli stessi attivisti del Pinelli. Già da allora si cercava di dipanare il dubbio sulla reale appartenenza dello stabile alla Regione piuttosto che al Comune, mentre l’opinione dei consiglieri e quella pubblica si spaccava sui due fronti di chi era favorevole all’azione del Pinelli – animata dalla logica dei beni comuni- e chi invocava legalità e “tolleranza zero”. Poi il 19 Gennaio lo sgombero coatto dei locali e la riconsegna a Placido Matasso, quale custode del sequestro giudiziario. La storia dell’ex Casa del Portuale evidentemente, però, non finisce qui. (Eleonora Corace)