Prima notte nel dormitorio per clochard, c’è anche il sindaco Accorinti

Lucio è il primo ad arrivare al rifugio per senza tetto “La Casa di Vincenzo” inaugurato ieri mattina dall’amministrazione comunale e i volontari della Caritas, a cui è stato affidato in gestione. Ha 44 anni, Lucio, e per mesi, tutti i giorni, ha aspettato con pazienza di poter vedere per un attimo il Sindaco Accorinti, per potergli chiedere: “A che punto siamo?”, perché in questo “rifugio” lui, come molti altri clochard, ci sperava con tutto il cuore e proprio per questo è stato affidato a lui il compito onorario di tagliare il nastro del dormitorio.

Lucio non è di quelli che dormono alla stazione centrale, da un anno a questa parte passa le sue notti sulle navi traghetto: “Facevo avanti e indietro da Messina a Villa per tutta la notte, poi la mattina scendevo. A volte un marinaio o il comandante mi offrivano il caffè o un cornetto, a volte no. Da un anno faccio questa vita, prima ho sempre lavorato. Ho fatto da badante ad un anziano che è vissuto fino a 101 anni, guadagnavo, ma dopo la sua morte non ho più trovato lavoro ed ho perso tutto. Non si può spiegare cosa vuol dire desiderare di avere un euro in tasca! A volte chiedo un panino in un Panificio, ma mi mandano via, preferiscono farne mollica o forse buttarlo piuttosto che donarlo…”.

Aziz, marocchino fuggito dal suo paese a 18 anni, è a Messina da tre settimane. Prima ha lavorato nel Lazio ed al Nord, poi non ha più trovato un’ occupazione ed è tornato indietro. È felice di aver trovato questo rifugio con le tende colorate e le frasi di Martin Luter King alle pareti: “Qui si sta bene – sorride Aziz – la gente è più gentile ed ho meno freddo che al Nord. Quando ho lasciato il Marocco sono prima andato in Libia, dove ho lavorato come imbianchino. A quei tempi c’era ancora Gheddafi e si trovava sempre lavoro in Libia, poi le cose sono cambiate e allora ho attraversato il mare. Non voglio tornare al mio paese perché i politici che ci sono fanno proprio schifo. Non pensano alla gente e sono solo attaccati alla poltrona”.

A dormire la prima sera di apertura del dormitorio, ci sono una decina di clochard, di cui una buona parte extracomunitari come Aziz.

Alessio, invece, è un ragazzo che fino a qualche tempo fa lavorava a Letojanni, adesso sono quattro mesi che vive per strada, ma, precisa: “mi trovo in questa situazione per varie difficoltà che ho avuto nell’ultimo periodo, ma è solo un momento transitorio. È come una pausa per riflettere e nel frattempo rilassarmi…può sembrare paradossale ma nel frattempo mi sto anche rilassando”. Alessio condivide una delle camere con le tendine viola e i tulipani sugli scrittoi con Leonardo e la sua educatissima cagnetta “Siria”. Luigi, invece, barcellonese, vive per strada da trent’anni, anche lui non per scelta ma per varie avversità che hanno interferito sulla sua vita, prima tra tutte la morte del padre e una pensione di invalidità insufficiente per mantenere un alloggio.

Tutti loro chiedono occasionalmente o abitualmente l’elemosina per poter comprare qualcosa da mangiare o le tanto sospirate sigarette. Tutti ringraziano il Sindaco Accorinti che passerà a sua volta la notte nel dormitorio popolare. Il gesto simbolico di vicinanza “agli ultimi” vuole sottolineare la concretezza dell’azione politica della Giunta che ha realizzato un “rifugio” sicuro per i cittadini più disagiati. Anche se per soli due mesi, salvo proroghe. Venti posti che sono solo l’inizio per trasformare Messina “in una città normale”, come ha più volte ripetuto lo stesso Renato Accorinti.

Alla stazione, però, diversa gente continua a srotolare cartoni e plaid per dormire per terra. Donne e uomini che rifiutano l’offerta lanciata dai volontari di andare a trovare ricovero nel dormitorio appena inaugurato, un po’ perché troppo intontiti dall’alcool per muoversi, un po’ perché diffidenti verso un luogo in cui temono di trovare delle regole. Un rischio troppo grande per gente che ha rinunciato a tutto per l’orgoglio della più assoluta autonomia.

Alcuni hanno perso tutto. Altri hanno votato la loro vita alla più totale assenza di vincoli di ogni tipo. Altri sono stati travolti dalla crisi economica di recente, altri invece sono rimasti segnati da un tragico evento in un lontanissimo passato. Alcuni escono dal carcere e non sanno dove andare. Altri ancora, migranti giunti da paesi più o meno lontani, non hanno lavoro e preferiscono scivolare nel limbo della vita per strada piuttosto che tornare al paese d’origine sconfitti.

Karl Marx diceva che “in questa società chi non ha, non è”, iniziative come questa sono volte proprio a ribaltare questo principio sottolineando il fatto, semplice quanto dimenticato, che una persona, anche quando non ha niente, conserva sempre la dignità. (Eleonora Corace)