«Ad uccidere Stefano sono STATO io». Anche Messina in piazza a sostegno della famiglia Cucchi

Una candela accesa e una frase su un foglio bianco. A due settimane dalla sentenza di assoluzione degli imputati, la storia di Stefano Cucchi continua a scuotere le coscienze. Qualche giorno fa, centinaia di persone hanno partecipato alla fiaccolata "illuminare di verità la morte di Stefano Cucchi", organizzata in piazza Indipendenza a Roma, davanti alla sede del Csm, per chiedere giustizia per la morte del geometra arrestato nel 2009 e deceduto una settimana dopo all'ospedale Pertini.

Oggi, anche Messina si mobilita in segno di vicinanza e supporto alla famiglia di Stefano Cucchi che da cinque anni spera di ottenere verità e giustizia. Una manifestazione spontanea nata sui social network ha radunato nel tardo pomeriggio in piazza Unità d’Italia, davanti alla Prefettura, un centinaio di partecipanti.

Ad aderire al sit-in anche il movimento Cambiamo Messina dal Basso, i cui rappresentanti, subito dopo la sentenza della Corte d’assise di Roma, avevano scritto una lettera aperta ad Ilaria Cucchi. «Ci sono moniti che travalicano epoche e frontiere, come quello di Vittorio Arrigoni, e pensiamo che mentre Stefano moriva qualcuno davvero non sia rimasto umano. Chi? Chi doveva dircelo, oggi, tace. Per Amnesty International ‘verità e giustizia sono lontane’. Lo sono anche per noi».

«A cinque anni di distanza dalla morte di Stefano Cucchi – sostiene Amnesty International – la verità processuale non sembra dirci nulla di quel che è accaduto davvero. E non accerta alcuna responsabilità per un decesso che tutto appare meno che accidentale o auto-procurato».

Stefano Cucchi è morto mentre era sotto la custodia dello Stato, non certamente per cause naturali. È questo che i cittadini giudicano inaccettabile. Per questa ragione, anche a Messina, così come in tante città italiane, la luce tremula delle candele accompagna poche parole scritte nero su bianco. Un messaggio semplice affidato a un pezzo di carta: «Ad uccidere Stefano sono STATO io».

Gabriele Quattrocchi