La Cassazione: dire “falso” al politico che non mantiene promesse non è offesa

Non e' diffamazione dare, in politica, del "falso" e del "bugiardo" a chi non mantiene le promesse fatte in campagna elettorale. La quinta sezione penale della Cassazione, con una sentenza depositata oggi, ha confermato l'assoluzione di 6 imputati, all'epoca (i fatti risalgono al 2011) esponenti dell'opposizione in consiglio comunale, che avevano affisso un manifesto per le vie di Furci Siculo, nel quale definivano "falso, bugiardo, malvagio, ipocrita" il sindaco in carica. Gli imputati avevano riconosciuto la paternita' del manifesto e spiegato che il loro non era un "intento denigratorio", ma "frutto di una decisione politica diretta ad attaccare il sindaco e la giunta che aveva deliberato l'indennita' di funzione, cosi' tradendo le promesse elettorali".
In primo grado erano stati condannati, ma i giudici della Corte d'appello di Messina li avevano assolti ritenendo la loro condotta scriminata dall'esercizio del "diritto di critica politica": le frasi, secondo la Corte messinese, erano si' "offensive", ma la lettura integrale del manifesto consentiva di ricondurle alle "critiche di carattere politico, rispetto alle quali – secondo i giudici di secondo grado – paiono pertinenti, sebbene espressione di un costume politico deteriore ma ampiamente diffuso".
Il sindaco, parte civile nel processo, aveva presentato ricorso in Cassazione, sottolineando che "il limite dell'esercizio di critica va individuato nel rispetto della dignita' altrui e non puo' costituire l'occasione di gratuiti attacchi alla persona e alla sua reputazione". La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, evidenziando che "gli epiteti rivolti alla parte offesa presentavano una stretta attinenza alle vicende che avevano visto l'opposizione contrapporsi al sindaco in merito all'erogazione dell'indennita' di funzione, a cui il primo cittadino aveva dichiarato di voler rinunciare in campagna elettorale". Gli epiteti "falso, bugiardo, ipocrita" si ricollegano, si legge nella sentenza depositata oggi, "al mancato adempimento delle promesse elettorali", nonche' "all'avere omesso di dichiarare pubblicamente il proprio ripensamento sul tema dell'indennita' di funzione" e, quanto all'aggettivo "malvagio", "ad azioni giudiziarie, asseritamente infondate, che egli aveva promosso contro gli avversari politici". Dalla lettura completa del manifesto, dunque, e' "evidente", osservano i giudici di piazza Cavour, "il contesto politico e di contrapposizione" e "del tutto correttamente si e' escluso che sia trasmodato in un attacco alla dignita' morale e intellettuale della persona offesa". (AGI)