La globalizzazione dell’indifferenza e i bagnanti di Pachino

Il 15 agosto sulla spiaggia di Monachella, a Pachino, in provincia di Siracusa, c’erano decine di bagnanti, armati di racchettoni, olio solare, teglie di pasta al forno, panini, asciugamani e settimane enigmistiche per trascorrere nel modo più tradizionale il Ferragosto. Ma tra un castello di sabbia e un ombrellone è apparso in lontananza un barcone, con un doloroso carico di immigrati che hanno iniziato a gettarsi in acqua, tra disperazione e speranza. E’ stato così che le famiglie del ferragosto pachinese chi in pareo, chi in costume, chi in canottiera, hanno lasciato il posto al sole per fare una catena umana e salvare 160 immigrati che rischiavano la vita. Le immagini di questi siciliani senza la divisa della guardia costiera, senza facce da eroi, signori con la pancia, signore senza tacchi a spillo ma col sorriso preoccupato delle “mamme” sono finite in prima pagina. Continuano ad arrivare questi barconi della disperazione, carichi di donne, bambini, uomini, provenienti da quell’Africa nera che un tempo non troppo lontano siamo stati noi della Sicilia. Hanno colpito tutti le immagini dei bagnanti che hanno aiutato i profughi, improvvisandosi soccorritori, senza avere altra forza che quella che unisce tutti gli appartenenti all’umanità. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha ringraziato questo sparuto gruppo di bagnanti: “Avete fatto onore all’Italia. La solidarietà è stata più forte dei pregiudizi e della paura”. Poche ore dopo, su facebook il leghista Matteo Salvini ha attaccato: “Napolitano dice che la catena umana per i migranti fa onore all’Italia. Che palle! Ora li manterrà il signor Napolitano? A quando, caro ex comunista, una catena umana per aiutare i 4 milioni di disoccupati italiani?".

La buona notizia è che noi siamo migliori della classe politica che ci rappresenta. La prima obiezione che verrebbe da fare a Salvini è che quei 160 immigrati, così come gli altri (gran parte dei quali non resta in Italia ma raggiunge l’Europa), non toglie il lavoro ai nostri disoccupati. Semplicemente perché fa quello che noi non facciamo più e abbiamo fatto quando eravamo noi quelli che venivano messi in quarantena in America per toglierci i pidocchi e vedere se portavamo strane malattie oltre alla miseria. Loro sono gli ultimi, quelli che fanno i mestieri che non facciamo più, lavano i nostri bagni e gli escrementi dei nostri anziani, per due euro raccolgono pomodori e lavorano nell’edilizia. I 4 milioni di disoccupati italiani non lo sono per colpa degli immigrati. E non accetterebbero mai di passare la notte a prostituirsi agli angoli di una strada per pochi euro e troppe botte. Gli ultimi non sono medici né ingegneri, nonostante potrebbero esserlo, se i loro sogni non fossero annegati molto prima di arrivare a Pachino o a Lampedusa. Ma non è su questo terreno che si può rispondere ad un leghista. Sono certa che l’intera spiaggia che si è alzata nello stesso istante per andare a salvare vite umane, non ha avuto il tempo per pensare a Salvini o a Napolitano o a chiunque altro. Ha visto un uomo che rischiava di annegare dopo aver attraversato l’inferno per venire qui in cerca di vita. Non ha pensato, è stato il cuore che ha fatto alzare all’unisono gambe grassocce e abbronzate. Chi trascorre il ferragosto in una spiaggia libera, peraltro, caro Salvini, e non a Miami o a Forte dei Marmi, fa parte di quei 4 milioni di disoccupati o rientra tra quelle famiglie che a mala pena arrivano a fine mese. Sa cosa è la fame, sa cosa è la paura di perdere tutto, sa cosa significa volere per i propri figli un futuro diverso dal proprio, migliore, sa cosa significa guadagnare a fatica un metro di mare in più. Sa cosa significa ingoiare umiliazioni e sogni guardando avanti. Penso che sia stato questo sentimento a far alzare un’intera spiaggia. Ed è così bello parlare di sentimento in tanto squallore. Mi piace che siamo stati noi siciliani, noi terroni, noi mafiosi, noi corrotti, a dare questo grandissimo esempio di umanità. Non dico solidarietà, dico umanità, che è molto di più. Quando papa Francesco è stato a Lampedusa, ha detto una frase che mi ha colpito: “no alla globalizzazione dell’indifferenza, in una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere”.

Le parole di papa Francesco ci inchiodano davanti alle nostre responsabilità di gente troppo abituata a stare davanti alla tv o al computer a commentare le tragedie. La globalizzazione dell’indifferenza riduce l’universo al nostro giardino, anzi, alla nostra stanzetta, oltre la quale qualsiasi cosa accada, a chiunque accada non ci riguarda. Piangere ci rende umani, anche piangere di fronte ad un dolore che apparentemente non ci riguarda perché non è la nostra famiglia, ma invece ci riguarda sempre. Quella gente in spiaggia ha visto un uomo che moriva e l’ha salvato. Forse a Salvini questo annoia. “Che palle!!” ha commentato. A me in quest’estate di tette e corna vip annoia molto di più leggere con chi si è fidanzata la sorella di Belen e cosa pensano ogni tre minuti i legali di Berlusconi o il Pd. Mi ha emozionato di più leggere questa notizia. Non cambierà nulla. I barconi continueranno a sbarcare, Belen si sposerà sotto i riflettori, Berlusconi deciderà cosa fare e il Pd lascerà che altri decidano per il partito. Che palle. Quando c’erano i “respingimenti” migliaia di profughi, mentre l’Italia faceva finta di non saperlo, tornavano indietro, da quella spiaggia dalla quale erano partiti. Lì li aspettava la morte. Morivano nel deserto libico, di fame, sete, lungo il tragitto di rientro dove venivano abbandonati. Non vederli ci ha ripulito la coscienza. I bagnanti di Pachino non erano davanti alla tv, hanno visto una tragedia palpitare davanti ai loro occhi. Avrebbero salvato anche Salvini se fosse accaduto a lui, senza chiedergli il permesso di soggiorno. Non so se hanno visto in quegli occhi quelli dei nostri trisnonni emigrati ovunque, noi che il sangue africano e le lacrime e il sudore ce li abbiamo nelle vene e ce lo siamo scordato. Non hanno idea cosa sia la globalizzazione dell’indifferenza. Hanno visto in quegli occhi semplicemente gli occhi di un essere umano, del loro vicino di casa, del compagno del figlio, di uno che gli ha lasciato il posto sul tram. E hanno reso onore alla vita. Mi sono sentita fiera di essere siciliana.

Rosaria Brancato