Gli architetti dicono ufficialmente no alla Stu Tirone: «La città non può più permettersi errori»

«Gli architetti sono d’accordo nella non condivisione del programma Stu». Questo il messaggio che il presidente dell’Ordine, Pino Falzea, ha “consegnato” all’arch. Luciano Marabello, che nei mesi scorsi ha più volte manifestato pubblicamento le forti perplessità sui progetto della “Stu Il Tirone”. Questo il messaggio con cui l’ordine professionale prende ufficialmente posizione sul più importante programma urbanistico della storia recente della città, continuamente sospeso tra le definizioni di “riqualificazione” e di “speculazione”, una posizione già espressa nella conferenza dei servizi della settimana scorsa al Genio civile. «Il tessuto storico del Tirone, ultimo brandello della città pre-terremoto – spiega Falzea – dovrebbe infatti essere oggetto di un programma di ricucitura urbana attento, calibrato in modo tale da ricostruire gli antichi rapporti che caratterizzavano questo ambito di città, con nuovi, attenti, inserimenti di basso impatto volumetrico. Inserimenti in luogo delle antiche architetture scomparse, non delle aree storicamente non edificate». Per Falzea «non è certo questo il contesto in cui proporre interventi di densificazione». Se è vero che «qualità della vita e densità non sono in contrasto, se si pensa che proprio la densità permette di operare le trasformazioni qualitative degli spazi pubblici in ambiti concentrati e pertanto privi di dispersione», è vero anche che «la densificazione può creare risorse per la realizzazione dei servizi e disegnare la densità qualitativa, a condizione che si affronti una volta per tutte la questione degli oneri di urbanizzazione, che non possono più essere il pozzo senza fondo per compensare la ristrettezza economica degli enti locali».

«Con la città che si concentra – continua Falzea – si liberano spazi per il recupero dei piccoli e grandi vuoti urbani che si vengono a creare, nuove occasioni per una trasformazione qualitativa di ambiti urbani, da realizzare utilizzando, come dovrebbe essere, le somme derivanti dagli oneri di urbanizzazione. Ma questo non può avvenire nell’ultimo brandello di città storica di Messina. E’ un errore, ed errori, in questa città, non ce ne possiamo permettere più. E’ giunto il momento in cui tutti dobbiamo prendere coscienza della limitazione delle risorse del nostro territorio e contribuire fattivamente, senza ambiguità, a trasformare il cambio di coscienza in valore ambientale, valore del bene comune, dello spazio comune, applicando questa nuova consapevolezza nel governo del territorio della nostra città. E’ questa un’altra occasione per dimostrare di avere finalmente compreso che non è più consentito consumare nuovo territorio, che i luoghi storici devono essere salvaguardati attraverso attenti programmi di rigenerazione attenta, che occorre creare le condizioni per aumentare la densità del territorio già consumato, proporzionalmente alla concentrazione di servizi, per una città sempre più attrattiva».

Falzea parla di «una nuova sfida», ossia «la riqualificazione attraverso la rottamazione degli edifici esistenti e privi di qualità in interi quartieri cittadini, trasferendo qui le volumetrie previste attualmente nelle aree di espansione che non devono più trovare attuazione, costruendo secondo il motto “tutti in classe A”». Il piano casa, ad esempio, «nella parte in cui regolamenta gli incentivi per gli interventi di demolizione e ricostruzione, offre alcune possibilità che devono però essere agevolate. In tal senso l’ordine ho già proposto all’amministrazione comunale di Messina un programma di attuazione di tale strumento normativo. Il comma 9 dell’art.5 della legge12 luglio 2011 n. 106, introducendo il concetto del trasferimento della volumetria, ne offre altre. Deve essere regolamentata, per cui dobbiamo seguire le proposte di attuazione che la Regione Sicilia dovrebbe avere in corso di elaborazione».

Proprio quest’ultima, sottolinea in conclusione Falzea, «è una possibilità per non mortificare le corrette aspettative di chi ha investito tempo e denaro nello sviluppo ormai quasi decennale della Stu del Tirone: si preveda il trasferimento, in altri luoghi, della volumetria aggiuntiva che qui si pensava di potere realizzare. Pensiamo all’area dell’ex mercato di Via La Farina o al fatiscente isolato 88 o ancora alle tante aree comprese all’interno dei Piani di Risanamento rimasti non attuati. E nell’aria storica, per non commettere altri errori, si bandisca un concorso di idee per la redazione di un piano esecutivo di recupero urbano. Per utilizzare i fondi del contratto di quartiere infine, si individui un’area in un contesto già edificato e da risanare e, per il progetto, si pensi ad un concorso di idee».