Cronaca

Cetraro(CS). Francesco Muto, il “re del pesce”, ancora oggi fa paura

I colpi d’arma da fuoco esplosi contro l’auto del maresciallo dell’Arma Lorenzo D’Ambrosio, in servizio alla stazione di Cetraro, hanno fatto ritornare il comune del tirreno cosentino  indietro a cavallo degli anni ‘70/’80, quando gli uomini del  clan Muto, fecero fuori, Giovanni Losardo, esponente politico  locale del PCI. Un omicidio che tutti sapevano chi era il mandante, anche la stessa vittima tant’è che poco prima di morire nel letto d’ospedale disse:“Tutta Cetraro sa chi mi ha sparato”, spiegando agli inquirenti anche le dinamiche dell’agguato.

Il capo incontrastato del clan è Francesco Muto, definito il “re del pesce”, perché da Scalea ad Amantea, non si vende (pesce) che lui non voglia. Una posizione acquisita nel corso degli anni, fino a farlo diventare uno dei dieci boss più potenti della ‘ndrangheta. L’unico a sedere sia al tavolo con la ‘ndrangheta reggina che a quello della camorra napoletana, da Raffaele Cutolo a Carmine Alfieri.

Emblematico l’episodio quando fu ricoverato al Cardarelli di Napoli in seguito a un agguato, con gli Alfieri che per proteggerlo gli piazzarono uno dei loro uomini all’ingresso della stanza dell’ospedale. La prima pescheria(abusiva), la costruisce presso il porto di Cetraro e da lì è un continuo crescendo del suo potere sul mercato ittico. Stringe rapporti con il clan dominante  di Cosenza Pino-Sena e con i Piromalli di Gioia Tauro.

Di lì a qualche anno la maggioranza degli  hotel, ristoranti, pescherie, supermercati, case di cura, ospedali, furono costretti a rifornirsi da lui. Anche dal carcere riusciva a fare arrivare gli ordini ai suoi uomini. Naturalmente in poco tempo i tentacoli del clan arrivarono dappertutto, dall’edilizia all’estorsione all’ usura, fino allo spaccio di droga, contrattando direttamente con i fornitori dell’America Centrale,

Sotto il controllo di Muto non ci sono solo imprenditori e attività economiche ma anche istituzioni. Ne è il simbolo l’ospedale di Cetraro che per anni è stato utilizzato come “ luogo sicuro” per svolgere le riunioni del clan. Per l’omicidio dell’esponente del Partito Comunista,  Giovanni Losardo, ancora oggi non sono stati individuati i responsabili. Chi provava a denunciare il suo strapotere finiva morto ammazzato, come Lucio Ferrami  che aveva provato per l’appunto ad opporsi a pagare il pizzo.

Ovviamente non potevano non mancare  i legami con la massoneria, un vero e proprio collante tra politici, mafia e forze dell’ordine. Oggi il “re del pesce” è agli arresti domiciliari perché “incompatibile” con il regime carcerario, ma il “suo” clan , grazie anche al figlio Luigi è ancora temibile su tutto il Tirreno cosentino, come è stato accertato nell’ultima operazione denominata “Katarion”, eseguita dai carabinieri su disposizione della Dda di Nicola Gratteri, con l’arresto di 33 affiliati, tra cui il figlio Muto Junior,  soprannominato “Zorro”