Messina scende in piazza per il “suo” ospedale, una sola bandiera: “Salviamo il Piemonte”

Messina scende in piazza per il “suo ospedale”. Messina esce le unghie, indossa la maglietta “Salviamo il Piemonte”, perché è un pezzo di storia, ma è anche, e soprattutto, un pezzo di vita quotidiana, un pezzo di oggi e di domani. Perché lì siamo nati noi e i nostri figli, lì è stata salvata la vita dei nostri genitori e dei nostri cari, lì abbiamo pianto, sofferto, sperato e sorriso, lì abbiamo pregato qualsiasi sia il nostro dio, abbiamo scrutato gli occhi di un dottore e ringraziato infermieri e paramedici, lì abbiamo passato notti insonni, lì abbiamo stretto al cuore chi ha ritrovato serenità. Messina è scesa in piazza per il SUO ospedale, quello che adesso, dopo averci tolto tutto, vogliono scipparci, lentamente, attraverso la burocrazia e la politica, attraverso la strategia del tempo e dei tavoli tecnici, con l’alibi della spending review e delle riorganizzazioni.

Come dire, vi togliamo il cuore del diritto alla salute, lo spostiamo dall’altro capo della città, dobbiamo risparmiare.

Davanti all’ospedale Piemonte, all’appello lanciato dieci giorni fa da Cisl e Uil, c’erano mamme, figli, intere famiglie e poi operatori, medici, infermieri, personale. C’erano quelli che in gergo si chiamano “utenti” e che per il direttore generale dell’azienda Papardo-Piemonte Michele Vullo sono quel “ceto basso” che ha il nosocomio a due passi e magari non è in grado di difendersi in caso di disservizi. All’appello di Cisl e Uil hanno risposto i messinesi. Strada facendo, dal giorno dell’annuncio si sono uniti il Comitato Salviamo il Piemonte e poi associazioni, movimenti, partiti. Alla manifestazione almeno duemila persone, con le bandiere dei sindacati e le magliette “Salviamo il Piemonte”, con gli stendardi della Circoscrizione, o semplicemente con in tasca un ricordo, bello o brutto, legato al Piemonte. Perché è lì che nel 1908 si sono riuniti i nostri avi sopravvissuti al terremoto ed è lì, tra le macerie e le speranze che, con le donazioni provenienti dalla Regione Piemonte, abbiamo costruito l’ospedale. E’ tra quelle mura che sono nate le generazioni del post-terremoto. Cento anni dopo non si può paragonare un ospedale a un supermercato che se chiude ha un’altra filiale. La filiale per vivere la voglio il più possibile vicino casa mia. E i giochetti della politica, di concerto con alcuni baronati, fateli con la pelle di altri, non con la mia.

All’appello quindi ha risposto Messina, intesa come “anima” che si ribella ad un disegno, ancora oscuro, ancora tutto da svelare, che porterà, anche attraverso strade più tortuose di quello che pensiamo, alla chiusura. Le parole sono pietre ed un centro di riabilitazione, un cronicario, un polo materno infantile, una qualsiasi altra cosa NON E’ un ospedale inteso come presidio di sanità. Se per Vullo il pronto soccorso del Piemonte è “pericoloso” figuriamoci quanto può esserlo per un abitante del centro non averlo, arrivare nel viale Europa in fin di vita e scoprire che lì tengono i lungo degenti piuttosto che l’eccellenza infantile. Favoletta quest’ultima alla quale non credono neanche i neonati del punto nascita. Ancora attendiamo l’eccellenza oncologica al Papardo…inutile sperare che il polo infantile si faccia prima dei 59 anni. Il Margherita non ci ha insegnato niente. Quelle mura saccheggiate, quei locali abbandonati, quelle spoglie contese senza più identità né futuro certo, non ci hanno insegnato nulla.

Ho intervistato la gente in piazza: “ci hanno tolto tutto, non smantellateci pure questo”. Nell’inerzia della politica ci siamo ridotti a questo, a dover sperare che non ci tolgano anche il diritto alla salute.

Ci sarà spazio nei prossimi giorni per i commenti, le reazioni, i comunicati stampa, i documenti. Oggi voglio soltanto raccontare dei messinesi che hanno alzato la testa.

Numerosi politici,consiglieri, deputati, hanno risposto all’appello ed è anche giusto. Ma non farò i loro nomi. Per vari motivi. Troppi sono i politici che si sono svegliati adesso che c’era “aria di folla”, e che prima non c’erano, non c’erano quando si doveva capire cosa stava accadendo ed ascoltare chi aveva capito. Troppi non c’erano alle riunioni dove si cercava di trovare una soluzione o anche solo un modo per chiedere alla Regione di fermarsi. E’ anche responsabilità della politica, di alcuni politici, se adesso siamo a questo. Per troppo tempo distratti, o peggio, non hanno fatto nulla. Non si sono accorti del disegno? Non gli interessava? Ne hanno fatto parte? Non “pesano” abbastanza da far sentire la loro voce? Da 20 anni è chiaro che si vuol smantellare il Piemonte, ma è quando cala il silenzio il vero segnale che l’affondo finale è pronto. Quel che non si comprende è il confine tra lo scarso peso politico e la complicità. Quelli che finora hanno operato per il Piemonte, anche in silenzio, continueranno a farlo, ne siamo certi. Quelli che si sono uniti pensando di raccogliere l’applauso ben vengano se saranno utili, altrimenti torneranno ad essere distratti.

Polo materno-Infantile, accordi con il Neurolesi, centro per lungo degenti, c’è un po’ di tutto, manca solo l’eccellenza della casa di riposo….e il quadro è completo. L’unico progetto che non c’è, nonostante i soldi spesi per ristrutturare i padiglioni, è per il Piemonte, per un normalissimo ospedale per gente normale che si ammala, partorisce e muore. Fa piacere constatare che alla manifestazione per il Piemonte c’erano il triplo dei politici che abbiamo visto attivarsi per l’ospedale in questi mesi. Speriamo di vedere il risultato di questa improvvisa presenza. Il dirigente generale dell’azienda non si è svegliato una mattina di luglio per dire: “attenti che vi chiudo il Piemonte”. E’ stato messo in quel ruolo da qualcuno. Ma se non lo difendono i messinesi quel nosocomio chi lo deve difendere? Un assessore palermitano? Se non lo difendono i nostri politici quel nosocomio, andando a battere i pugni là dove ha origine la decisione chi lo deve fare? A meno che gli interessi non siano altri…e non hanno nulla a che vedere con gli interessi dei pazienti messinesi (pazienti in tutti i sensi).

Accorinti è stato duramente contestato e fischiato dalla piazza. In questa vicenda non ha avuto la determinazione di difendere su tutti i tavoli e con tutti i mezzi i diritti della città. Non ha compreso la portata del disegno finale né che le alternative sono vere e proprie trappole.

Ma ci sarà tempo per parlare di quel che farà la politica tutta. Nel frattempo ha parlato la città. Certo, la palla passa alla politica, ma non per parlare. Servono quei fatti che servivano ieri e non sono stati fatti, o ne sono stati fatti altri. Servono subito. Perché al Pronto soccorso esigi di essere salvato subito, mica alla prossima conferenza dei servizi.

Rosaria Brancato