“Il capitale umano”, corruzione morale e sentimenti sinceri

Il nuovo film di Paolo Virzì, Il capitale umano, descrive con realismo, analitico ma non verghiano, alcuni rapporti di forza umani zoomando su uno scorcio di vita brianzola più o meno media.

L’immobiliarista Dino Ossola (Fabrizio Bentivoglio) decide di tentare l’ascesa sociale grazie alle frequentazioni della figlia diciottenne, Serena (Matilde Gioli), nello specifico il suo rapporto con Massimiliano Bernaschi, (Guglielmo Pinelli), figlio a sua volta di Giovanni Bernaschi (Fabrizio Gifuni), noto e facoltoso magnate del luogo, e di Carla Bernaschi (Valeria Bruni Tedeschi), moglie, prima ancora che donna, intontita dal lusso sfrenato in cui vive. Le due linee, in fin dei conti convergenti, che possono seguirsi nel tentare di cogliere le sfaccettature del film sono, da un lato, quella della critica ad un tipo specifico di società, il settore dell’imprenditoria finanziaria italiana, cinica e corrotta; dall’altro quella di un più universale studio sulle passioni umane, insoddisfazione, amore per il denaro e amore giovanile, ambizione sporca, noia di vivere, che rende il luogo di svolgimento della vicenda la mera necessità di una narrazione volutamente realistica.

L’espediente di esporre la medesima vicenda da più punti di vista, quelli dei personaggi cardine, Dino, Carla e Serena cinematograficamente concretizzato attraverso un sapiente gioco di inquadrature e primi piani e di cambiamenti di prospettiva sulla stessa scena inducono nello spettatore un pathos e un coinvolgimento crescenti, fino allo scioglimento finale, che, a ben vedere, sembra lasciare speranza nella sopravvivenza dei sentimenti più sinceri, anche di fronte ad un panorama di profonda e diffusa corruzione morale.
Alfea Trimarchi