La distruzione e la rinascita: l’allegoria di Madre!

Dopo il diluvio biblico di Noah (2014), Darren Aronofsky vede piombarsi addosso una pioggia di critiche che stroncano violentemente il suo film, sia nelle alte sfere – è stato fischiato al Festival di Venezia – sia dal pubblico. Accade che un film difficile non venga apprezzato al momento della sua uscita, e che venga invece osannato anni dopo, con nuove chiavi di lettura: non sappiamo se sarà così anche per Madre!, ma per il momento possiamo senz’altro dire che ci si deve riflettere con attenzione, superato il momento di disagio che provoca al primo impatto.

In principio vi è la fine, e poi di nuovo il principio. Potremmo dire che dal caos si forma l’ordine, citando Noah. Da una casa completamente distrutta dalle fiamme, si ricrea un piccolo angolo di paradiso: una villa immersa nel verde dove un poeta in cerca di ispirazione (Javier Bardem) vive con la giovanissima moglie (Jennifer Lawrence), che chiameremo la madre, occupata a ristrutturare la casa. Improvvisamente la pace viene rotta dall’arrivo di un dottore (Ed Harris) che si scopre essere un grande ammiratore del poeta, e della moglie (Michelle Pfieffer), impicciona e decisamente sopra le righe. I due sono molto simpatici al poeta, che ama godere dell’ammirazione altrui, e fanno quasi da padroni in casa. A proposito della casa, c’è da dire che pare sia viva, ma solo la madre se ne accorge, tra mal di testa e allucinazioni.

L’incipit è un chiaro omaggio a Rosemary’s Baby (1968) di Polanski, e sembra che il taglio horror sia scontato. Ci aspettiamo una casa degli orrori, con una messa nera e personaggi allucinanti come Aronofsky stesso in passato ha proposto: vedi Pi greco – Il teorema del delirio (1998) e Il cigno nero (2010). Ma non è affatto così. La madre rimane incinta dopo giorni di tensione e di violenza, finalmente la pace si è ristabilita e dopo vari mesi il poeta termina la propria composizione. Ma ecco che la glorificazione del poeta diventa una nuova scusa per far tornare il caos. La casa viene occupata dagli ammiratori, però improvvisamente qualcosa cambia: vi è una degradazione dell’ambiente e delle persone, in un turbine di violenza e oscenità, dalla discoteca alla sommossa contro la polizia, dalla sommossa alla guerra, dalla guerra al commercio di vite umane, al disastro post apocalittico, alla devianza religiosa in cui il bambino della madre è mangiato come se fosse il nuovo corpo di Cristo.

È un incubo surreale sempre più assurdo, sembra una allucinazione paranoide provocata da un tumore al cervello. Ma non è affatto così. La verità è che Aronofsky, che ha scritto questo film in soli cinque giorni, ci vuol parlare della Terra, delle ingiustizie civili, di chi non ha una casa, di chi distrugge la nostra madre terra. Si era capito? Insomma. Madre! è un film pieno di allegorie, un film da interpretare, decisamente disturbante e complesso, non quel genere di film la cui visione si può prendere alla leggera.

Lavinia Consolato