Messina città intelligente? 107a nella classifica delle città “smart” italiane

Bologna, Milano, Torino, ecco le città più “intelligenti” d’Italia secondo lo Smart City Index 2016, la classifica realizzata dalla Ernst & Young che comprende i 116 capoluoghi del nostro Paese. Messina scivola di sette posizioni nel ranking rispetto al 2014, piazzandosi al 107° posto, ultima tra città metropolitane.

Lo Smart City Index si propone di misurare i livelli di “intelligenza” delle città, raccoglie i dati e li mette a confronto. Per città intelligente s’intende un luogo dove reti e servizi tradizionali sono resi più efficienti con l'utilizzo delle tecnologie digitali. La classifica è costruita attraverso l’aggregazione di 470 indicatori, raccolti in 4 sezioni o strati e 2 ambiti aggiuntivi di analisi.

I quattro strati comprendono: (a) le infrastrutture di rete (banda larga, wi-fi urbano, infrastrutture telematiche per la scuola e molto altro), (b) i sensori che rilevano le informazioni (monitoraggio dell’aria, illuminazione pubblica intelligente, videosorveglianza, ecc.), (c) la delivery platform che le elabora (centrali di controllo, open data, dematerializzazione di processi e documenti, ecc.), permettendo di erogare (d) applicazioni e servizi a valore aggiunto per i cittadini (app per pagamenti tributi e mezzi pubblici, card per visitare la città, ecc.). A questi quattro strati sono stati affiancati due ambiti trasversali: (e) vision e strategia (programmazione strategica, incentivi per la raccolta differenziata, ecc.), (f) smart citizens e vivibilità della città (Consumi di gas, energia, acqua e produzione di rifiuti, qualità della vita, e molto altro).

Il quadro generale non è edificante per la città dello Stretto. Se si guarda ai singoli settori, si scopre però che Messina paga i risultati registrati nei quattro strati dove arranca in posizioni da terza fascia nel ranking (la più bassa), mentre negli ambiti trasversali “vision e strategia” e “smart citizens e vivibilità della città” scala la classifica, superando nel primo ambito città come Sondrio, Siena e Aosta, capoluoghi di prima fascia nel ranking generale, e nel secondo, Pisa, Ferrara, Piacenza e Brescia, quest’ultima settima nel ranking nazionale. Lo stesso ragionamento vale per altre realtà, come la Sardegna che, a dispetto dei pronostici, si rivela essere la prima regione italiana per dotazioni hi-tech nelle scuole. In breve, attenzione alle generalizzazioni. La posizione in classifica cambia secondo la prospettiva. In ogni caso, per Messina la sostanza non cambia. Resta ancora molto da fare per mettersi in pari con le altre grandi città italiane, che peraltro non eccellono a livello globale. Nonostante ciò, il grado di innovazione dei capoluoghi italiani continua a crescere e anche quest’anno il Centro-Nord si posiziona in cima al ranking anche nel segmento delle città medie.

L’approccio adottato dalla EY mette in primo piano il ruolo della tecnologia informatica quale fattore abilitante della Smart City. In questa prospettiva le grandi città sono favorite se si pensa allo sviluppo di infrastrutture come la banda larga o il car sharing, fortemente influenzate dal mercato e dalle scelte strategiche degli operatori. Ciò dimostra che per realizzare una Smart City sono necessari ingenti investimenti nell’Information Communication Technology, nell’e-Governance, nel settore high-tech, per sostenere la crescita economica.

Il concetto di Smart City però, non è così politicamente neutrale come vorrebbe sembrare. Il termine “Smarter City” è un marchio IBM registrato. La compagnia informatica statunitense, dopo aver ceduto la sua divisione hardware ai cinesi di Lenovo, ha ritenuto profittevole cimentarsi nello sviluppo delle tecnologie urbane, lanciando la sua campagna “smarter planet”. In soldoni, i critici della narrazione high-tech vedono nel concetto di smart city un processo di “problematizzazione” di quelle città che non hanno ancora sposato la tecnologia informatica per la regolazione e ottimizzazione delle infrastrutture e dinamiche urbane. Il punto è che sono proprio le aziende in grado di fornire questa tecnologia a porre il problema del livello di smartness delle città. Lo Smart City Index 2016 è stato realizzato dalla Ernst & Young in collaborazione con TIM, Indra, Ericssonn, tutte multinazionali nel settore ICT. La produzione di indici e classifiche avrebbe lo scopo di dare forza alla narrazione della città smart e ammantarla di una certa neutralità politica. Ma diventare una città smart implica dare priorità a investimenti in tecnologia informatica piuttosto che in risanamento o edilizia popolare. E definire priorità è indubbiamente una questione politica.

Se da una parte lo Smart City Index 2016 conferma l’esistenza di una correlazione tra smartness e qualità della vita, parallelamente rileva l’esistenza di un ulteriore gruppo di città: le città del «benessere analogico», cioè luoghi ad alta vivibilità ma con bassa diffusione di innovazioni. Sono soprattutto città delle Marche e della Sardegna. In particolare si distinguono Fermo, Lanusei, Tempio Pausania e Olbia.

Gabriele Quattrocchi