Il disastro Atm e «l’ incapacità di invertire la rotta». Per i Revisori dei Conti una collezione di occasioni sprecate

Le tensioni e le proteste che hanno contraddistinto la giornata di ieri presso la sede dell’Atm, rappresentano il termometro di una società che il fondo non l’ha solo toccato, ma se possibile lo ha anche oltrepassato. L’esasperazione dei dipendenti, il ruolo poco incisivo dei sindacati, le mancate risposte da parte dell’azienda, gli imbarazzanti silenzi dell’amministrazione: tante volte è capitato di scriverne con la consapevolezza che non sarebbe stata l’ultima, e quanto accaduto 24 ore fa ne è la conferma.

Inutile domandarsi il come e il perché, l’immagine è sempre la solita, usata ed abusata, ma purtroppo veritiera: il cane che si morde la coda. Un rapporto perverso quello tra controllante e controllato, che negli anni ha determinato quel micidiale effetto di autodistruzione che oggi rischia realmente di portare alla fine dell’azienda. E’ vero, le colpe di quanto si sta attraversando sono il risultato di precedenti gestioni politico-clientelari che hanno reso l’Atm l’inutile carrozzone di cui tanto si parla. Ma negli ultimi quattro anni cosa si è fatto per migliorare le cose? Perché anziché intervenire in modo incisivo si è continuato a puntualizzare le colpe passate senza imprimere una svolta? Perché nessuno, tanto il Comune quanto l’azienda, si è realmente impegnato per rimettere sui binari l’azienda trasporti? Domande che probabilmente rimarranno senza risposta ma che danno il senso dell’immobilismo, passato e presente, che rischia di diventare un alibi anche per chi verrà.

E lo scrivono a chiare lettere anche i Revisori dei conti nella relazione tecnica al consuntivo 2010: “Il dissesto finanziario dell’Atm – si legge – ha radici lontane. Questo collegio ha più volte evidenziato che l’incapacità di invertire la rotta è divenuto un elemento strutturale che si somma ai tanti ritardi che il “sistema” è andato accumulando nell’ultimo decennio. Le passate amministrazioni e quella attuale, oltre a dare colpevolmente un ruolo marginale al servizio pubblico, si sono solo preoccupate di differire nel tempo le decisioni per avviare una fase di risanamento e rilancio dell’Azienda”. Sul fronte della delibera di messa in liquidazione, il Collegio precisa: “La nuova Società dovrà dotarsi sin dal momento della sua costituzione di un serio piano industriale e di un contratto di servizio, allo scopo di dare certezza finanziaria e copertura di bilancio e prevedere un progressivo incremento del rapporto tra i ricavi da traffico (che al momento si attestano al 18%, ndr) e i costi operativi”.

I Revisori forniscono una serie di indicazioni da considerare però come veri e propri “imperativi categorici” per puntare al rilancio: “La NewCo dovrà essere messa nelle condizioni di essere funzionale con viabilità di privilegio (leggasi incremento delle corsie preferenziali da tenere sempre libere, ndr), per incrementare il numero dei viaggiatori trasportati e quindi i ricavi di esercizio. Dovranno esserci adeguate risorse per il graduale recupero di tutti i mezzi guasti da investire nell’acquisto di pezzi di ricambio onde evitare che gli autobus e i tram, rimanendo in deposito in attesa di riparazione, oltre a non prestare servizio alla città, non consentono di maturare il contributo in conto esercizio erogato dalla Regione per i chilometri percorsi”. Un esempio su tutti: il servizio tranviario dovrebbe essere effettuato con quindici vetture, nove in corsa e sei di riserva. Al momento però tre delle nove sono in deposito, il che tradotto in termini pratici significa, annualmente, circa 720 mila euro in meno di contributi ottenuti dalla Regione per i chilometri percorsi, esclusi i mancati guadagni per la vendita di ticket o abbonamenti. Senza parlare dei bus: in una città come Messina il fabbisogno è di circa 125 mezzi, al momento in circolo ce ne sono solo 45: dunque meno ricavi e mobilità scadente. Tutto ciò in un momento storico in cui, complici gli elevati costi di benzina e gasolio, il servizio pubblico dovrebbe essere la soluzione ideale per tutti.

I Revisori, che già nel 2009 avevano indicato alcuni punti ben precisi per tentare la strada del risanamento, tornano a ribadirne l’importanza: stipula di un contratto di servizio tra Atm e Comune (dal 1998 l’azienda ha presentato 4 bozze di contratto e di piani di risanamento rimasti senza esito), miglioramento della viabilità di privilegio (corsie preferenziali), affidamento servizio ganasce, carro attrezzi, bike sharing, car-sharing. Sul fronte pignoramenti, quello della Breda Menarinibus di circa 3 milioni di euro, è legato al mancato pagamento del canone di leasing dopo la fornitura di 25 autobus avvenuta nel 2007, che secondo i programmi sarebbe dovuto avvenire con i proventi delle multe elevate dagli ausiliari del traffico all’interno della Ztl. Ma proprio di quest’ultimo meccanismo, i Revisori rilevano tutta l’inadeguatezza: “nell’incasso dei ticket Ztl – scrivono – si continua ad evidenziare una flessione oggi non più sufficiente a coprire il costo del personale impiegato (130 ausiliari del traffico, ndr). Il ricavo indicato in bilancio esprime una forte sproporzione se rapportato al numero degli addetti al controllo della Ztl (90 su 130) ed al numero di stalli riservati (oggi 3.500). Non bisogna dimenticare – si legge nella relazione – che l’incasso dei verbali elevati dagli ausiliari va al Comune e solo il 12.50% all’azienda. Il loro impiego oltre ad essere improduttivo non ha risolto il problema legato alla sosta illegale delle auto nel centro urbano presenti in doppi fila. Parimenti improduttivi – concludono i Revisori – sono i parcheggi custoditi concessi all’Atm, che ogni anno registrano una gestione in perdita”. E rischia di non essere diverso, aggiungiamo, il recentissimo affidamento del parcheggio Zaera Sud, stabilito con delibera di giunta. Tanti piccoli buchi diventati oggi un’incolmabile voragine in cui tutti rischiano di cadere. E le responsabilità non conoscono “era politica”.
(ELENA DE PASQUALE)

(FOTO STURIALE)