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Come si fa a dire che il Ponte sullo Stretto sarebbe inutile?

MESSINA – C’è un solo motivo potenzialmente valido per il no al Ponte sullo Stretto di Messina. Ed è che il Ponte abbia difficoltà ingegneristiche, dato che non ne esistono di così lunghi al mondo, 3 chilometri e 300 metri, a campata unica. Il più lungo è il ponte sullo Stretto di Akashi, la cui campata principale è di 2 chilometri, in Giappone.

Ma la risposta a questo interrogativo non può essere data da giornalisti, avvocati o medici, deve essere data dagli ingegneri, ad esempio quelli che hanno approvato, sotto propria responsabilità, il progetto definitivo del Ponte. E’ vero che sono emersi pareri contrastanti. Se però la Rete No Ponte cita il professor Remo Calzona, che invece si dice favorevole…

Tra le tante motivazioni discutibili per la contrarietà all’opera, ce n’è una che le batte tutte: il Ponte sullo Stretto sarebbe inutile. E non si capisce come potrebbe essere inutile un’opera che consentirebbe di attraversare lo Stretto in cinque minuti rispetto alle attuali due ore in treno o alle lunghe attese in auto. Nel 2019 è una vergogna indegna di un paese civile.

Nel mondo si costruiscono ponti ovunque. In Asia non si contano, in America non mancano, in Europa altrettanto. Il ponte sullo Stretto di Oresund, ad esempio, dal 2000 collega Svezia e Danimarca tramite un tunnel sottomarino congiunto ad un’isola artificiale; i tre ponti sul Bosforo, l’ultimo del 2016, collegano le parti europee e asiatiche di Istanbul; il ponte sullo Stretto di Kerc unisce la Crimea alla penisola russa di Taman, aperto lo scorso maggio per le auto e, nelle previsioni, alla fine di quest’anno per i treni; di recente la Germania ha approvato il progetto del tunnel dello stretto di Fehmarn, che collegherà l’omonima isola tedesca, già unita via ponte alla terraferma tedesca, all’isola danese di Lolland, con un costo previsto di 5 miliardi finanziati da Danimarca e Unione Europea.

Tutte situazioni forse più semplici rispetto a quelle sullo Stretto di Messina, ma questo, dicevamo, è compito degli ingegneri stabilirlo. Il ponte di Akashi, ad esempio, ha resistito a un terremoto di magnitudo 6.8 e a venti fortissimi, segno che le soluzioni tecniche ci sono. Solo a Messina, secondo la rete “No Ponte”, non sarebbe il Ponte sullo Stretto ma un “Mostro sullo Stretto”.

C’è poi il benaltrismo. “Invece di battersi per continuità territoriale, piccole infrastrutture, messa in sicurezza del territorio, servizi pubblici dignitosi, acqua nelle case…”. A prescindere dal fatto che la vera continuità territoriale sarebbe garantita proprio dal ponte, non si capisce perché non si possa pensare di avere un territorio messo in sicurezza, servizi pubblici dignitosi, acqua nelle case e, anche, il ponte. Non risulta che ai milanesi si chieda di scegliere se avere l’acqua nelle case o una linea metro in più. Si pretendono giustamente entrambe le cose.

In Sicilia le autostrade sono inadeguate, le ferrovie pure, i collegamenti sullo Stretto sono ridotti. E’ vero, verissimo. Ma dove sta scritto che intervenire su questi fronti escluda di fare pure il ponte? Il risultato di tanti anni di “no ponte” è che, nel tempo, non si è fatto né l’uno né l’altro. O comunque, sul fronte infrastrutturale, si è fatto pochissimo. L’autostrada Messina – Palermo non è in buone condizioni però almeno, dal 2004, è aperta nella sua interezza. Per la ferrovia Messina – Catania sono stati stanziati 2 miliardi, finora si è perso troppo tempo ma la gara d’appalto potrebbe essere alle porte. Villa San Giovanni e Roma sono collegate in 4 ore e mezza, tempi impensabili fino a qualche anno fa, la Salerno – Reggio Calabria, tratto cosentino a parte, è totalmente rinnovata.

Sono tutte grandi opere, costate miliardi. E non sono state fatte o finanziate mica perché non si è fatto il ponte. Dire no alle grandi opere comporta dire no a queste opere, barlumi di civiltà in un territorio penalizzato.

E per quale motivo se si realizzano queste opere non si può fare anche il ponte sullo Stretto? Per quale motivo è stato possibile spendere 8 miliardi per il Mose di Venezia, tanto per fare un esempio, e non sarebbe possibile spendere altrettanto, o meno, per il ponte? Preoccuparsi delle infiltrazioni mafiose vuol dire non fare nulla per arrendersi alla criminalità organizzata, che invece va combattuta.

Se, negli anni, sono stati spesi più fondi pubblici al nord e meno al sud ed il divario infrastrutturale si è allargato, è a maggior ragione un buon motivo per spendere al sud e stringerlo, per autostrade, ferrovie, territorio e, anche, il ponte. L’errore sta nel valutare dove sia meglio spendere i soldi. E’ falso dire che sia meglio spendere soldi per la messa in sicurezza del territorio invece che per il ponte, non perché non sia utile la messa in sicurezza del territorio, tutt’altro. Ma perché è meglio spendere soldi sia per la messa in sicurezza del territorio sia per il ponte. E’ il ragionamento che si fa al nord, dove si spendono miliardi sul territorio, non al sud. Bisogna battersi per fare arrivare tanti soldi al sud, quelli che servono per colmare il gap col resto del Paese. Accontentarsi porta alle briciole ottenute in questi anni. Miliardi su miliardi spesi per l’Expo a Milano, l’alta velocità ferroviaria che termina a Salerno, le metropolitane di Roma e Milano e altro ancora. Opere importanti, di sicuro, ma al sud non è stato fatto altrettanto.

Se, fino ad oggi, sono stati spesi soldi a vuoto per il ponte è perché il ponte non si è fatto. Se il tema ponte viene tirato fuori periodicamente è perché il ponte non si è fatto. Se i massimi esperti di ingegneria al mondo diranno che un ponte a campata unica di 3,3 km è realizzabile, l’unica cosa sensata sarebbe quella di riprendere in mano il progetto definitivo e trovare una fonte di finanziamento pubblica per realizzarlo subito.

Il punto è che l’opera non è prevista nel contratto di governo. Si potrebbe inserire, ovvio, ma di sicuro la Lega ha interesse a spendere i soldi di più al nord, mentre il Movimento 5 Stelle si barrica dietro l’importanza di realizzare altre opere, con il risultato che sul territorio arriva sempre poco. Se il Governo nazionale ha messo a disposizione della Sicilia 31 milioni per la continuità territoriale, comunque pochissimo rispetto a ciò che serve, e 300 milioni per le strade provinciali, ben venga. Non può bastare e ha poco a che vedere con l’utilità del ponte. Dopo gli anni in cui il Pd ha detto “sì, no, forse, dopo”, che equivaleva a no, l’unica forza politica interessata all’opera sembra il centrodestra.

Per costruire il Ponte servono almeno sei anni, più quelli necessari per riprendere il progetto e trovare i soldi. Insomma, se anche per ipotesi si riiniziasse subito, il Ponte sullo Stretto non ci sarà almeno per i prossimi dieci anni, se non di più e se mai ci sarà.

Fare il Ponte non risolverà certo tutti i problemi del nostro territorio. Così come, a maggior ragione, non li risolverà non farlo. In questi dieci anni e oltre, bisogna lavorare per i progetti e per fare arrivare i finanziamenti necessari alle opere di vitale importanza per il sud Italia. Una cosa non esclude l’altra. L’impressione, però, è che non accadrà, almeno a breve termine, e il gap tra sud e nord Italia sia destinato ancora ad aumentare, con conseguente immigrazione verso nord e desertificazione del sud. Fin quando il sistema imploderà.

(Marco Ipsale)