La Multiservizi “partecipativa” di Sturniolo-Lo Presti: “Non fermiamoci agli specialisti di settore”

Confronto immediato. E apertura alla città, alla partecipazione di tutte le parti sociali che possono contribuire a rendere migliore la gestione dei servizi pubblici. E’ la richiesta, e la speranza, dei consiglieri comunali Gino Sturniolo e Nina Lo Presti dopo la delibera di Giunta n. 189 del 31 marzo 2015 con la quale l’Amministrazione Accorinti segna le tappe che dovranno condurre alla costituzione della “Messina Multiservizi”, società che dovrebbe includere il servizio di trasporto pubblico locale, idrico e di smaltimento rifiuti (forse anche i servizi sociali), e della commissione tecnica che dovrà elaborarne modalità di funzionamento e struttura. Per i due consiglieri, che nei giorni scorsi avevano acceso i riflettori sulla gestione dei servizi pubblici e sul rischio di una deriva privatistica di servizi che per eccellenza dovrebbero essere considerati “beni comuni”, quello compiuto dall’amministrazione Accorinti con questa delibera rappresenta un passaggio decisivo dell’attuale consiliatura con il quale sarà fondamentale confrontarsi. E se alcuni aspetti rispondono a degli obblighi di legge (la cessione delle quote delle società “in sonno”, ad esempio), altri (la scelta della natura proprietaria, ad esempio) saranno oggetto di decisioni che impegneranno l’ente per il proprio futuro e, quindi, dovranno essere affrontati con la massima consapevolezza.

Decisioni che hanno spinto Sturniolo e Lo Presti ad un’analisi generale del contesto italiano, ma non solo, per avere un quadro di partenza più chiaro e affrontare la questione con gli strumenti necessari affinchè le scelte che matureranno da qui ai prossimi mesi possano essere quanto più vicine e rispondenti ai veri bisogni dei cittadini.

«Negli ultimi decenni abbiamo assistito in Italia all’affermarsi di un pensiero unico che puntava sulla privatizzazione dei servizi pubblici, attribuendo a tale scelta una sorta di capacità salvifica nei confronti di compiti della Pubblica Amministrazione che, finiti in pasto alla voracità dei partiti e alla corruzione dei burocrati, erano risultati largamente disattesi. L’estendersi del processo di privatizzazione, la scelta di attribuire natura privatistica a molte delle società che gestivano i servizi locali e, in particolare, il formarsi di partecipazioni tra pubblico e privato che hanno prodotto, in larga misura, profitti per i privati e debiti per il pubblico hanno, evidentemente, mostrato come tale capacità salvifica fosse un mero trucco ideologico e che la forma privata applicata al soddisfacimento dei bisogni dei cittadini non soddisfacesse i requisiti dell’efficienza e dell’economicità.

Uno studio del Public Services International Research Unit (PSIRU) dell’Università di Greenwich (Regno Unito) sulle “Tendenze dei servizi pubblici in Europa” segnala una controtendenza rispetto a quello che sembrava essere l’ineluttabile processo di privatizzazione generalizzato. A ben vedere in tanti, a cominciare dalle grandi municipalità (Berlino e Parigi), hanno iniziato un processo di insourcing che appena poco tempo fa sarebbe sembrato imprevedibile. Tra le esperienze più significative di questo nuovo corso ci sono le rimunicipalizzazioni del servizio idrico di Berlino e Parigi, così come quelli di importanti città statunitensi (Atlanta, Millwaukee, Indianapolis). Va aggiunta a queste la rimunicipalizzazione del servizio idrico di Buenos Aires in Argentina, La Paz in Bolivia, Kuala Lumpur in Malesia, Johannesburg in Sudafrica, Dar el Salaam in Tanzania e l’intero Ghana. In Germania la rimunicipalizzazione ha riguardato soprattutto il controllo energetico, mentre in Francia, dove ne sono state registrate 21, è da segnalare la riconduzione in house di un altro settore, quello del servizio di trasporto locale, che era stato affidato alla Veolia. Nel Regno Unito, che era stato la patria delle partecipazioni pubblico-private, molte amministrazioni locali hanno ricondotto nel proprio alveo servizi quali la raccolta dei rifiuti, il riciclaggio, la pulizia stradale, la gestione degli alloggi, la pulizia, la ristorazione, la manutenzione dei giardini, l’informatica, la contabilità. Le ragioni di questo processo di ripubblicizzazione sono da ricercare nella maggiore economicità della gestione pubblica, che non ha come fine la formazione dl profitto, laddove all’indomani del processo di privatizzazione si è assistito ad un fenomeno di rapida crescita dei prezzi. Un’altra ragione fondamentale consiste nella maggiore capacità di controllo dei soggetti preposti e dei cittadini tutti. Infine, un’altra delle ragioni consiste nella minore capacità dell’ente di conservare un controllo sulle società per azioni. Complessivamente, si può dire che il processo di ripubblicizzazione consente alle amministrazione di potere programmare a lungo termine, sfuggendo, così, alla massimizzazione dei profitti (tipica del soggetto privato).

A convalidare la diseconomicità e il carattere escludente delle liberalizzazioni nei confronti della classi popolari più deboli la Cgia (Associazione Artigiani e Piccole Imprese) di Mestre ha di recente pubblicato uno studio che evidenzia l’andamento crescente delle tariffe dei servizi pubblici dal 1994 ad oggi: le assicurazioni sui mezzi di trasporto sono aumentate del 184,1% (4,2 volte in più del costo della vita); i servizi bancari e finanziari sono saliti del 109,2% (2,5 volte più dell’inflazione); i trasporti ferroviari hanno registrato un aumento dei prezzi del 53,2 (il doppio dell’inflazione); i pedaggi autostradali sono aumentati del 69,9 % (inflazione +36,5%); i servizi postali sono saliti del 40,4% (inflazione +36,5%); sono triplicati i prezzi dei trasporti urbani ( +27,3% con inflazione a +9%); e sono “naturalmente” aumentati il gas (+43,2% con inflazione a +23,1%) e l’energia elettrica (+21% con inflazione +13,6%)”».

Alla luce di questa attenta analisi che si spinge molto oltre il contesto messinese, per i due ex consiglieri accorintiani il rilancio del servizio pubblico diventa, quindi, ineluttabile. «E’ necessario sottolineare, però, che l’alternativa non può essere tra il privato e la gestione lottizzata dei partiti. L’alternativa è la gestione pubblica partecipata dai cittadini. E’ in questo che si identifica il servizio come bene comune. Non è sufficiente, cioè, sottrarre i servizi essenziali al profitto privato. Perché essi possano essere efficaci devono essere sottratti anche alla proprietà delle strutture politiche e restituite ai cittadini. E’ necessario che vengano previsti strumenti di partecipazione che consentano a cittadini e lavoratori di avere un controllo sul funzionamento delle società».

In considerazione di questo, per Sturniolo e Lo Presti anche il percorso che dovrà portare alle scelte che determineranno il futuro dei servizi pubblici locali dovrà avere il carattere della partecipazione dei cittadini e non essere consegnato esclusivamente agli specialisti di settore. «Per questo motivo ci impegniamo ad avviare un percorso di elaborazione collettiva con tutti quelli che hanno a cuore la natura pubblica dei servizi locali e che vorranno starci».